Siamo fermamente convinti di avere la libertà d'espressione, di stampa e di culto, il libero mercato, le frontiere libere, la libertà di poter scegliere il percorso di studio preferito e di cercare, o inventare, liberamente il nostro lavoro.
La parola libertà riecheggia quotidianamente nelle case dei lavoratori assopiti davanti alla Tv, insinuandosi perfino nelle menti malinformate di chi legge gli articoli scritti dai pennivendoli asserviti al potere.
Ma che strano: perché tutta questa necessità di rimarcare il concetto di libertà?
Se vivessimo realmente in condizioni di libertà che bisogno ci sarebbe di sottolinearlo continuamente?
Siamo davvero così liberi come ci dicono o forse ci stiamo soltanto illudendo di esserlo?
Per cercare di rispondere a queste domande, vorrei raccontarvi la storia di un normale essere umano che visse per tutta la vita credendo di essere libero.
Una storia che riguarda da vicino un po' tutti noi...
La parola libertà riecheggia quotidianamente nelle case dei lavoratori assopiti davanti alla Tv, insinuandosi perfino nelle menti malinformate di chi legge gli articoli scritti dai pennivendoli asserviti al potere.
Ma che strano: perché tutta questa necessità di rimarcare il concetto di libertà?
Se vivessimo realmente in condizioni di libertà che bisogno ci sarebbe di sottolinearlo continuamente?
Siamo davvero così liberi come ci dicono o forse ci stiamo soltanto illudendo di esserlo?
Per cercare di rispondere a queste domande, vorrei raccontarvi la storia di un normale essere umano che visse per tutta la vita credendo di essere libero.
Una storia che riguarda da vicino un po' tutti noi...
Salve, io sono un essere umano e so di essere libero, proprio come
voi che state leggendo questa storia! Come faccio a esserne certo?
Oh, è molto semplice: basta ripercorrere le tappe fondamentali della
mia vita, o meglio, della nostra
vita...
La libertà
permea così a fondo l'esistenza da manifestarsi sin dal preciso
istante nel quale veniamo al mondo.
Nostro padre
è talmente libero da non riuscire a trovare il tempo necessario per
veder nascere suo/a figlio/a. No, non è una scusa! Vorrebbe essere
proprio lì con noi, ma non può perché è troppo impegnato con il
lavoro.
Tornati a
casa dall'ospedale, pochi mesi più tardi, anche nostra madre ci
abbandona per molte ore al giorno, perché il congedo di maternità
finisce, ed è di nuovo libera di tornare a lavorare.
I papà e le
mamme sono talmente poco condizionati dalle rispettive attività
lavorative, che non possono veder crescere i loro figli se non in
modo fugace, sfruttando quei rari momenti di vigore e lucidità
recuperati nei giorni festivi.
Quasi
sempre, in virtù esclusiva della loro libertà, i nostri genitori
sono costretti a consegnarci a delle apposite strutture: prima gli
asili nido e poi gli asili d'infanzia.
Difficilmente
un genitore può permettersi il lusso di rimanere a casa, perché con
un solo stipendio si è liberi di non riuscire ad arrivare a fine
mese.
E per
fortuna i nostri genitori ce l'avevano un lavoro, stabile e sicuro,
altrimenti sarebbero stati talmente liberi, che non avrebbero neppure
pensato di metterci al mondo, visto che poi non sarebbero riusciti a
sfamarci.
Poco dopo
aver iniziato a camminare e a proferire parola, siamo talmente liberi
che i nostri genitori ci spediscono diritti a scuola.
E meno male
che ci sono i rientri pomeridiani, altrimenti quegli stacanovisti dei
nostri genitori avrebbero dovuto assoldare i nonni, bene che vada, o
una baby-sitter.
A scuola
siamo talmente liberi di scoprire il mondo e di formare la nostra
visione personale, che fin dai primi giorni ci costringono a stare
seduti per tutto il tempo, al fine d'inculcarci delle verità
precostituite, avvalendosi di meccanismi traumatici e ricattatori,
come le note disciplinari o, peggio, la bocciatura.
Lo fanno a
fin di bene, ovviamente! Se non fosse che i programmi scolastici sono
stabiliti dal Ministero dell'Istruzione, un dicastero fondamentale
del governo italiano, al servizio del benessere di tutti gli esseri
viventi.
Scusate, mi
sono confuso, quello avviene nel mondo delle fiabe! Già, perché
nella realtà lo Stato è il più potente strumento al servizio del
capitale.
Così, in un'economia capitalistica, i suoi mezzi saranno liberamente utilizzati per favorire gli interessi di una élite, non di certo della collettività.
A tal fine,
i programmi e i metodi d'insegnamento vengono stabiliti così bene e
in modo così libero, che a scuola c'insegnano che non si deve
esercitare lo spirito critico, e che si devono imparare a memoria le
presunte verità che l'insegnante ci presenta esattamente come sono,
senza discutere, sulla base di un validissimo principio di autorità.
La logica,
la matematica, l'approccio scettico-razionale e quello scientifico?
No, quelle sono cose inutili, ostiche, difficili, che interessano
solo le menti geniali, che conducono alla pazzia e all'emarginazione
sociale.
Nei
programmi inseriscono pure qualche ora d'indottrinamento religioso,
l'IRC, tanto per esser sicuri che i membri delle nuove generazioni
non imparino mai a pensare, e invece credano in modo
acritico-fideistico a ogni sorta di assurdità.
Ovvio, se
non fosse così, il giovane studente, divenuto adulto, potrebbe
esercitare il suo spirito critico per rimettere in discussione il
potere, e questo, come tutti sanno, è bene che non accada in una
società dove regna la libertà di asservire i propri simili
esercitando il controllo sociale.
Abbiamo la
libertà di culto, eppure siamo così liberi, ma così liberi di
scegliere la nostra religione, che stranamente quasi tutti praticano
il medesimo credo dei propri genitori, salvo rare eccezioni.
Siamo
talmente liberi che arrivati a 13/14 anni già bisogna scegliere un
indirizzo per la scuola superiore, senza neanche avere la più
pallida idea di che cosa significhi realmente quella scelta per il
nostro futuro.
Eppure, ci
dicono, è bene che decidiamo liberamente in prospettiva del lavoro
che vorremmo fare da grandi.
Siamo
talmente liberi che a scuola iniziano a catalogarci e a etichettarci,
impartendoci un sapere settorializzato e marchiandoci a vita con
delle valutazioni.
Non esiste
un corso di studio il cui scopo sia far esprimere il vero potenziale
racchiuso in ogni essere umano, perché chi detiene il potere non ha
bisogno che fioriscano simili individui, ma di specifici automi,
omologati e non-pensanti, disposti a sacrificare la propria esistenza
asservendosi liberamente alle loro necessità.
Il capitale
pretende che scuola e università sfornino macchine programmate per
svolgere un preciso ruolo, che devono essere intercambiabili l'una
con l'altra, in modo da avere uno scarso valore commerciale ed essere
così maggiormente ricattabili.
Gli studenti
non devono capire di essere "umani", vale a dire individui
unici e irripetibili, che hanno un valore intrinseco
incommensurabile.
Non devono
neanche comprendere il reale valore del tempo della vita, la
straordinaria importanza della libertà, e tanto meno il fatto che la
complessità dell'esistenza gli riserverà uno spettro pressoché
infinito di possibilità.
Ma la cosa
più importante è che si convincano nella maniera più assoluta che
non possa esistere un'altra realtà, altrimenti non sarebbero più
disposti ad accettare in modo libero e volontario le assurdità
dell'odierna società.
Dopo 5
ulteriori anni di studi demotivanti, noiosi e forzosi, che finiscono
per allontanare quasi tutti gli studenti dal libero pensiero e dalla
vera sete di conoscenza, saremo talmente liberi da dover effettuare
un'altra gravosa scelta:
andare a
lavorare oppure continuare gli studi per poi andare a lavorare,
sempre in virtù esclusiva della libertà di poter scegliere che cosa
fare della nostra vita.
Ovviamente
prima d'iniziare a lavorare, sia chiaro, sempre e comunque in modo
volontario, dovremo cercare "il" lavoro che pensiamo di
voler fare, che però dopo qualche mese di ricerca diventa un lavoro
che vogliamo fare che, dopo un altro po' di attesa, diventa "un"
lavoro, che per molti si trasforma in un apprendistato sottopagato,
in un tirocinio non retribuito, in un'attività di volontariato o
nella disoccupazione.
Iniziamo
così a sperare liberamente di poter lavorare a qualsiasi condizione.
Qualcuno è perfino eroicamente disposto a darsi per mare per cercare
fortuna in terre lontane.
Ma siamo
liberi, quindi, se il lavoro non c'è possiamo inventarcelo,
diventando imprenditori di noi stessi!
Esattamente,
siamo talmente liberi che le attività che possiamo pensare di
avviare devono essere necessariamente remunerative, altrimenti non
sarebbero economicamente sostenibili.
Quindi, se
per disgrazia ciò che ci piace fare non genera profitto, l'economia
di libero mercato c'impedisce di farne la nostra principale attività
di vita.
Pazienza,
chiuderemo liberamente i nostri sogni in un cassetto, perché la
nostra scelta libera è di lavorare e non di fare ciò che vorremmo
fare!
Così, se
non possiamo vivere di rendita, né sfruttando gli altri, e siamo
anche così sfortunati da non avere abbastanza capitale, o idee
adatte, per avviare un'attività che generi profitto, bisognerà,
sempre in tutta libertà, mendicare il lavoro da chi invece di
capitale ne possiede perfino in abbondanza, a causa della libertà
d'impossessarsi di risorse e beni comuni e di accumulare in eccesso
rispetto alla media, nonostante moltissimi esseri umani stiano
liberamente vivendo in povertà da qualche altra parte del mondo.
Li chiamano
imprenditori, datori di lavoro o benefattori, perché ti offrono la
possibilità di poter lavorare in cambio della maggior parte della
tua vita e del frutto del tuo lavoro, che gli vengono riconosciuti
grazie alla tua volontà di donarglieli.
Dopo mesi di
libere ed estenuanti ricerche, finalmente riusciremo a trovare un
lavoro.
Una volta
firmato un contratto, con il quale legalizzeremo e puntualizzeremo le
modalità del nostro sfruttamento, saremo liberi d'iniziare a
lavorare.
Per
ringraziati del fatto che con il tuo lavoro manterrai lui e la sua
famiglia, consentendogli perfino di vivere nel lusso, il capitalista,
o chi per lui, sarà libero di sottoporti a ritmi di lavoro disumani,
e sarà anche libero di licenziarti, se per disgrazia ti rifiutassi
di svolgere diligentemente le mansioni che ti verranno assegnate.
Tu invece,
essendo un lavoratore subordinato, sarai libero di ringraziare per la
possibilità di essere sfruttato, o di rimanere senza lavoro,
rischiando di diventare povero e finire per strada.
Prima di
tutto, però, per meritarti l'assunzione, dovrai liberamente
sottoporti a dei ridicoli test psico-attitudinali, come se fossi una
cavia da laboratorio.
Perché ci
fanno questo? Siccome non c'è posto per tutti, sono costretti a
scegliere il migliore, ovvero quello che dimostra di essere più
schiavo degli altri.
Ovviamente
quelli che rimangono fuori sono liberi di trovarsi un altro lavoro,
ammesso che ci riescano.
Proprio
così! Perché in un mondo dove regna la libertà, gli esseri umani
non hanno la certezza di trovare un lavoro dignitoso che gli permetta
di vivere serenamente la vita, no!
In un mondo
veramente libero, il lavoro è mal ripartito: invece di lavorare
tutti 4-6 ore, c'è chi lavora 8-12 ore e chi niente;
così gli
esseri umani devono competere per farsi assumere, provocando la
disperazione degli altri e la propria - illusoria - felicità, che
durerà ben poco.
Infatti,
chiunque riesce a trovare un lavoro, ben presto si accorge di essere
talmente libero, ma talmente libero, da non avere più tempo per fare
niente al di fuori dell'ambito della propria attività lavorativa.
Il lavoro
diventa la sua vita e la sua vita diventa il suo lavoro: è questa la
massima espressione di libertà per un lavoratore subordinato.
Ma come ci ricorda quella scritta in ferro battuto tristemente nota: «Il lavoro rende liberi». O forse no?
Ma come ci ricorda quella scritta in ferro battuto tristemente nota: «Il lavoro rende liberi». O forse no?
Di norma,
chi lavora è talmente libero, ma talmente libero, che si comporta
come un carcerato temporaneo, che si rinchiude volontariamente nella
propria cella per 8-10 ore al giorno per 40 anni, bene che vada.
Che lavorare
sia estremamente bello, salutare e divertente è un fatto altrettanto
evidente.
Lavorare
piace così tanto alle persone che stranamente non perdono occasione
per allontanarsi da esso ogni qual volta si presenti una festività.
Altri,
invece, da quanto sono innamorati del proprio lavoro, inveiscono
contro il governo non appena l'età pensionabile viene spostata un
po' più in là.
Il
lavoratore medio è così motivato, e si reca talmente liberamente al
lavoro il lunedì mattina, che i medici si sono dovuti inventare un
nome per una nuova sindrome che, con molta fantasia, hanno deciso di
chiamare "sindrome del lunedì" (1).
Quando un
lavoratore si ammala, il medico gli prescrive dei giorni di riposo
forzosi. Infatti, come tutti sanno, lavorare fa così bene alla
salute che per guarire è meglio stargli lontano.
Ma in molti
amano talmente tanto il proprio lavoro da chiedere un certificato di
malattia anche quando non sono ammalati.
Lavorando,
prima o poi, ci si accorge che il ruolo che pensiamo di aver scelto
liberamente tra quelli disponibili e rispetto al quale abbiamo avuto
la libertà di adattarci, non è stato concepito per essere bello,
piacevole o motivante, ma è stato ideato per essere funzionale alla
realizzazione del profitto.
Così, pur
subendo volontariamente un furto da parte dei capitalisti e
nonostante svolgeremo un ruolo incompatibile con la nostra natura
umana e il nostro essere, avremo un misero stipendio, con il quale
compreremo una bella macchina da usare tutti i giorni per andare a
lavorare;
una casa,
che utilizzeremo per dormire quando non saremo al lavoro; del cibo
per mantenerci in vita, in modo tale da poter lavorare in modo
efficiente;
dei vestiti
firmati, che però resteranno quasi sempre in armadio perché non
avremo neanche il tempo per indossarli;
un non ben
precisato numero di oggetti, anche inutili e di scarsa qualità,
acquistati e riacquistati di continuo a seguito di pressanti
condizionamenti mentali dovuti alla pubblicità, all'invidia o ad
altri meccanismi quali l'obsolescenza programmata (2).
Già, perché
i produttori sono liberi di indurre il bisogno al consumo e di
commercializzare beni appositamente concepiti per deteriorarsi
rapidamente, o per guastarsi allo scadere della garanzia senza
possibilità di essere riparati.
Lavorando
saremo liberi e felici di far arricchire i nostri benefattori, coloro
che ci hanno concesso la possibilità di farci rubare una parte
consistente del tempo della nostra vita e del frutto del nostro
lavoro;
di pagare un
mutuo, che ci costringerà "amorevolmente" a lavorare per
altri 20-30 anni, con somma gioia degli strozzini della banca verso
la quale ci siamo indebitati;
e di
alimentare i processi consumistici, che innescheranno ritmi di
produzione-consumo sempre più rapidi, in modo da generare un maggior
profitto per i capitalisti, oltre che un indesiderabile inquinamento
ambientale per l'intera umanità.
Con il
nostro libero consumo di prodotti, che si guastano, non sono
riparabili, diventano obsoleti e fuori moda, alimenteremo la crescita
economica, permettendo così anche ad altri esseri umani di procurasi
liberamente la propria condizione di asservimento nei confronti dei
detentori dei mezzi di produzione.
I vestiti
alla moda e l'auto nuova, però, aumenteranno la probabilità
d'incontrare il/la compagno/a della vita che, in modo del tutto
libero, e non a causa di consuetudini sociali, decideremo di sposare,
salvo divorziare altresì liberamente dopo un po' di anni.
Il tutto non
prima di aver messo al mondo delle creature indifese che, a loro
volta, saranno liberamente costrette a subire le conseguenze dovute
alla stupidità dei propri genitori e alle inevitabili complicazioni
di una convivenza forzosa basata su di un mix illusorio di fedeltà e
amore eterni.
Mentre i
nostri figli cresceranno, e faremo di tutto affinché anch'essi
ripetano i nostri medesimi errori, la vita andrà avanti tra stress e
libere privazioni dovute alla mancanza di tempo e/o di denaro,
entrambi riconducibili all'attività lavorativa, ma nonostante tutto
andremo avanti imperterriti, sperando di poter continuare a lavorare
fin quando non saremo vecchi.
Fine della
storia.
Perché? È
semplice: non succederà più niente di significativo. Saremo
diventati dei perfetti ingranaggi della macchina economica.
Strapperemo
i fogli dal calendario uno dopo l'altro, conducendo giornate sempre
più simili, sempre più vuote, sempre più inutili e insensate.
Il resto
della nostra vita volerà via un po' come in quel film, nel quale il
protagonista ogni mattina si sveglia ed è condannato a rivivere la
medesima giornata.
Solo che a
ogni ripetizione saremo un po' più stanchi, un po' più spenti e un
po' più vecchi...
fin quando
il capitale, dopo averci sfruttato per 40 anni, ci getterà come dei
rifiuti industriali perché non saremo più utili per generare
profitto.
A quel punto
saremo effettivamente liberi di smettere di lavorare, percependo
addirittura una misera pensione.
Ma avremo 68
anni, o forse più, e molto probabilmente verseremo in condizioni
psico-fisiche indecorose.
Impiegheremo
quasi tutto il nostro denaro per acquistare i medicinali che ci
faranno sopravvivere altri 10-15 anni, con somma gioia delle
multinazionali del farmaco.
Prima di
andare liberamente a finire in un ospizio, in un letto d'ospedale o
di passare a miglior vita, dovremo decidere che cosa fare di quel
poco tempo libero che avremo ancora a nostra disposizione;
ma a quel
punto ci renderemo conto che lo spettro delle infinite possibilità,
che da giovani si manifestava innanzi ai nostri occhi in tutta la sua
magnificenza, la cui vista, però, ci veniva sapientemente preclusa
dai condizionamenti del sistema, si sarà ridotto così tanto, ma
così tanto, che saremo liberi di scegliere un qualsiasi elemento di
un insieme vuoto.
In quel
preciso istante, ripercorrendo all'indietro la nostra esistenza,
coglieremo l'inganno e realizzeremo di non aver vissuto un sol giorno
in condizione di libertà, ma di esserci illusi quotidianamente, tra
una costrizione e l'altra, di essere liberi.
Il tempo a
nostra disposizione sarà svanito, così come le nostre forze e non
avremo vissuto neanche da vivi.
A quel punto
non ci resterà che aggrapparci alla magra consolazione derivante da
un'altra illusione: quella di una vita migliore nell'aldilà.
Inspiegabilmente
lo Spirito del Tempo s'introdurrà nella nostra mente e
comprenderemo una sconvolgente verità:
Perché
dall'infinito spettro delle possibilità che ci prospetta la
complessità dell'esistenza, ci riduciamo a scegliere tra una
manciata di ruoli preconfezionati, che poi speriamo di svolgere per
tutta la vita?
È la
società che interferisce e modella i nostri comportamenti, le nostre
credenze, le nostre scelte, quello che pensiamo sia giusto o
sbagliato, il vero o il falso.
Non siamo
veramente liberi fin tanto che non comprendiamo questa verità,
piuttosto ci convinciamo di esserlo.
Siamo
certamente liberi di scegliere tra chi deciderà se sarà o meno il
caso di sfruttarci; siamo liberi di comportarci secondo i dettami
imposti dal sistema, ma quando proviamo a uscire dagli schemi veniamo
immediatamente emarginati, presi per pazzi e rischiamo di finire in
povertà.
Siamo al tempo stesso guardie e prigionieri che giudicano gli altri senza pensare alla follia della propria condizione esistenziale.
Non
costruiamo la nostra strada, percorriamo una di quelle già
realizzate dal sistema.
La
complessità di un essere umano è straordinaria, le sue potenzialità
sono sterminate e noi, che cosa diventiamo? Una commessa, un operaio,
un'impiegata, un meccanico, una giornalista, un avvocato...
Sacrifichiamo
8-12 ore al giorno per il lavoro e così non ci resta più tempo per
vivere.
Le
giornate si appiattiscono, diventando indistinguibili l'una
dall'altra, perché non abbiamo modo di esprimere la nostra unicità.
É il
capitale che delinea le scelte della nostra vita, facendoci credere
che l'alternativa consista nel morire di fame o nel vivere di
auto-produzione, emarginati e derisi dal resto della società.
Non è
così, tutti insieme potremmo agire per ripensare e costruire
un'altra società.
Ci hanno
insegnato a credere che la condizione derivante da un lavoro
totalizzante e subordinato rappresenti un diritto da invocare a gran
voce per conquistare indipendenza e libertà;
ma poi,
quando la sperimentiamo, conduciamo una non-esistenza, incastrati tra
mille impegni e altrettanti condizionamenti, che sono innanzitutto
mentali.
Dopo anni
di formazione, propaganda e lavoro, la maggior parte degli esseri
umani non è più neanche in grado di pensare in modo libero, ma si
adatta a schemi e idee già esistenti in modo acritico-fideistico,
figuriamoci se simili individui possono essere in grado di agire in
modo libero!
Per
essere liberi, prima di tutto bisogna liberare la mente da dogmi,
pregiudizi e condizionamenti, e per farlo l'unica via praticabile è
quella di adottare una forma mentis scettico-razionale, allenandoci a
esercitare lo spirito critico e il libero pensiero.
Non saremo liberi fin quando non ricominceremo a pensare, perché se la mente è ridotta in catene allora anche il corpo non può che vivere in condizione di privazione della libertà.
Ma ormai
saremo vecchi e, purtroppo, anche se avremo imparato la lezione, la
nostra opportunità sarà sfumata.
Così, come
unico, vero, e autentico atto eroico di un'esistenza altrimenti priva
di significato, decideremo di raccogliere le ultime forze per
concepire un breve messaggio da destinare alle nuove generazioni
dell'intera umanità:
Siete veramente liberi?
State ben attenti, non lasciatevi ingannare!
Non gettate al vento la vostra opportunità.
Chiudete gli occhi e concentratevi. Pensate!
Rimettete in discussione il sistema sociale nel quale vivete; per
farlo, usate la logica e la razionalità.
Cercate di fuggire dai condizionamenti e dalle false necessità,
analizzatele e smontatele una a una.
Scacciate i sentimenti di odio, di rancore e d'arrivismo.
Allontanate la sete di fama e di successo.
Ripudiate il potere e l'opulenza.
Capite la follia di sfruttare gli altri e del farsi sfruttare;
l'importanza di avere il giusto, il necessario.
Ammettete l'inutilità e la follia della guerra e della violenza.
Allontanate l'ideologia del merito e della competizione.
Riconoscete la superiorità della cooperazione rispetto alla
competizione.
Aprite il vostro cuore ai sentimenti di amore e di fratellanza.
Pensate a voi stessi e alla natura che vi circonda; guardate agli
altri e siate consapevoli di ciò che potreste fare per migliorare
l'esistenza di tutti gli esseri viventi.
Concentratevi ancora, e riflettete... prendetevi tutto il tempo di
cui avete bisogno... cercate tra le vostre passioni più sincere, tra
i vostri reali interessi e domandatevi: che cosa voglio fare
realmente?
Bene, ascoltate la vostra voce interiore, quella è la risposta
esatta, mettetela in atto e portate a compimento con pienezza la
vostra vita.
Mirco Mariucci
Se le idee contenute in questo saggio ti sono piaciute, puoi acquistare o scaricare gratuitamente la raccolta completa delle riflessioni di Mirco Mariucci al seguente indirizzo.
Note:
1) Si tratta di un malessere dovuto al rientro forzoso al lavoro il lunedì mattina. Nota anche come sindrome della domenica è caratterizzata da apatia, ansia, angoscia, insonnia, difficoltà di concentrazione, lacrimazione agli occhi e tensione muscolare. In Italia ne soffrono 6 lavoratori su 10.
2) L'obsolescenza programmata è una strategia volta a definire il ciclo vitale, ovvero la durata, di un prodotto, in modo da renderne la vita utile limitata a un periodo prefissato. Per approfondire si veda qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Obsolescenza_programmata
Mi hai fatto piangere. Sottoscrivo ogni tua singola parola. A 49 anni è troppo tardi... O potrei fare ancora qualcosa?
RispondiEliminaCerto che può! Anzi le dirò che acquisendo consapevolezza lei ha già compiuto il passo più importante!
Eliminanon è mai troppo tardi, per rendersi liberi dal sistema ma soprattutto da se stessi ;) <3
EliminaBravo ben scritto. È una cosa a qui ho pensato anch'io spesso, dalla non libertà di religione, alle cose che ci inculcano a scuola, ai metodi di insegnare (gli insegnanti mi hanno sempre odiato perché gli mettevo in discussione), al ingiustizia nel mondo lavorativo.
RispondiEliminaSia chiaro, penso che il lavoro sia importante (anche fare la commessa), ma il problema è la distribuzione del carico del lavoro. C'è chi lavora anche 14 ore al giorno (conosco chi lo fa) e c'è chi non fa un emerito niente.
Il problema fondamentale è il consumismo, produciamo ma perché? (al riguardo vi consiglio di guardare The Corporation: http://www.amazon.com/gp/product/B002ZVKL0G/ref=as_li_tl?ie=UTF8&camp=1789&creative=390957&creativeASIN=B002ZVKL0G&linkCode=as2&tag=xojocblog-20&linkId=676DJ76T6MF5PC6P)
Sarà che mi manca la fantasia, ma un mondo in cui tutti vivono in fratellanza mi sembra un'utopia, l'uomo è fatto per competere (eh sì, il caro vecchio Darwin) da cui derivano l'invidia, l'arrivismo e tutto il resto.
Non vedo una soluzione a breve termine, ma magari un giorno la vera libertà sarà possibile (di sicuro non in un mondo capitalistico).
Sono capitato solo oggi oggi su questo fantastico Blog...sottoscrivo tutto e aggiungo che personalmente dalla religione mi sono già disintossicato...
RispondiEliminaHo letto già un tre,quattro post e mentre leggevo mi sembrava di essere io l'autore di quello che hai scritto...complimenti per aver messo on line queste verità che difficilmente tutti vedono.
non mi convince questo tipo di ragionamento. Il sistema capitalista ha tanti aspetti critici che andrebbero ridiscussi e superati, ma la mancanza di libertà dell'uomo non dipende dal sistema economico. Anche se riuscissimo a scoprire quello perfetto (e dubito che esista) su molti aspetti non saremmo liberi. E non lo saremmo perché l'essere umano per sua natura non è libero. Nasciamo con tanti limiti: bellezza, forza, salute, intelligenza etc.... per non parlare poi dei limiti nel campo affettivo: amore, amicizia e via dicendo. Ma soprattutto c'è il limite massimo che è quello che ogni essere umano sa di dover morire. L'articolo si conclude dicendo di non vedere una soluzione a breve termine. In realtà la soluzione non si vede nemmeno a lungo termine per un semplice motivo: non esiste. La mia conclusione: che ognuno cerchi di vivere la propria esistenza nel miglior modo possibile consapevoli dei propri limiti. l'amor fati nicciano potrebbe aiutare!
RispondiEliminaCiao a tutti, innanzitutto grazie per questo meraviglioso blog, è bello sapere di non essere i soli ad avere certe idee....guardandomi attorno avevo perso la speranza nel genere umano...per caso avete mai visto il film "il pianeta verde"? Ve lo consiglio, su youtube c'è in italiano in versione completa..vado avanti a leggere ormai sono rapita da questa "utopia razionale"��
RispondiEliminaComplimenti, mi hai fatto piangere. Sono ancora giovane e sono uscito in fretta dalla trappola, non appena ho avuto il "coraggio" di comprenderla. Farò del mio meglio per sfruttare ciò che ho e crearmi la libertà invece di finanziare quella di qualcun altro.
RispondiEliminaAnche io sono poco convinta da questo ragionamento così.... circolare... Condivido il pensiero espresso nel commento dell'Anonimo qui sopra. E aggiungo: non esiste la libertà intesa come il fare ciò che ci pare e piace non esiste nè per l'uomo nè per gli altri animali, meno che mai per noi umani che siamo animali fortemente sociali e quindi fortemente condizionati dalle relazioni reciproche. E questa "non libertà" dipende dal fatto che tutti abbiamo l'istinto di sopravvivenza, che ci spinge al soddisfacimento dei nostri bisogni primari: nutrirci, riprodurci, ripararci dai pericoli, interagire tra noi e con l'ambiente.
RispondiElimina9 commenti in piu di un anno???è triste...non c'e speranza x questa razza.i pochi che vedono la realta sarano tirati in giu dalla ciurma.pecato..
RispondiEliminaTu che studi hai fatto e che lavoro svolgi?
RispondiEliminaIo ho sempre rifiutato i programmi scolastici imposti e hmi sono licenziata non so quante volte per non scendere a compromessi e mantenere la mia libertà individuale e pensare che avevo un posto fisso ministeriale ��
Sono pienamente convinto che la libertà è un concetto astratto, che non appartiene a nessun contesto umano, viviamo continuamente e perennemente condizionati dai sistemi creati e voluti da altri, che ci obbligano ad assumere atteggiamenti e comportamenti consoni agli stessi. E quando sento dire che l'uomo è libero, anche secondo i principi religiosi,si riaccende dentro di me l'eterno conflitto fra l'immanente e il trascendente, come resta irrisolvibile il dilemma fra fede e ragione. Come possiamo considerarci liberi se non possiamo decidere della nostra sorte, ne terrena e qualora esistesse, nemmeno celeste. Chi ha la capacità e quindi la libertà di difendersi dalle tante sventure alle quali siamo costretti. Poi perchè esistono differenze di condizioni, sociali, umane, economiche, di salute ecc. se siamo veramente liberi vorrei poter sciegliere io lo stato che più mi piace e non lasciare la scelta a qualcuno che può decidere per nostro conto. Avrei tanto altro ma non posso. l'ultimo mio libro l'ho intitolato " Perché ".
RispondiElimina