giovedì 9 gennaio 2025

Il Recupero dell'Anima: una potente via di guarigione per l'umanità

Perdita e Recupero dell'Anima: perché ci smarriamo lungo il cammino e come possiamo ricominciare a vivere appieno la nostra esistenza? 

«Ci vuole un grande atto di forza per aprirci alla nostra Anima, restando fedeli al modo in cui siamo chiamati ad Essere nel mondo in cui siamo chiamati a Vivere». (Paola Notaro)


Indice dei contenuti

Parte 1: l'anima umana
  • confusione terminologica
  • che cos'è l'essere umano?
Parte 2: disconnessione (perdita dell'anima)
  • che cos'è la perdita dell'anima?
  • che cosa la causa?
  • quali effetti produce?
Parte 3: riconnessione (recupero dell'anima)
  • individuazione junghiana
  • eudaimonia greca
  • come riconnettersi alla propria anima?
Approfondimento: il ritorno a “casa”
  1. una riflessione con la lettura di C. Pinkola Estes 

Il concetto di Anima

«S'ignora infatti quale sia la natura dell'anima, se sia nata o al contrario s'insinui nei nascenti, se perisca insieme con noi disgregata dalla morte o vada a vedere le tenebre di Orco e gli immani abissi, o per volere divino s'insinui in animali d'altra specie». Lucrezio, De Rerum Natura.

Quando si parla di “anima” è facile incorrere in incomprensioni e fraintendimenti; ad oggi, infatti, nonostante il tema sia stato affrontato per più di duemila anni da ogni punto di vista (religioso, spirituale, filosofico e scientifico) non esiste ancora una definizione chiara, univoca e condivisa per questo importantissimo concetto.

Da un punto di vista intuitivo, le diverse tradizioni fanno riferimento all'anima intendendola come una parte immateriale fondamentale, costitutiva e caratterizzante di un essere vivente.

Da un punto di vista etimologico, il termine latino “anima” è perlopiù legato al concetto di "soffio" che origina a sua volta dal greco “anemos” che significa «soffio» o anche «vento»; Platone si riferì ad essa per primo utilizzando il termine “psyche” da collegare con “psychein” che, analogamente ad anemos, significa «respirare», «soffiare».

Dall'altra parte del mondo, nella tradizione dell'Induismo, l'anima è detta “Ātman”: si tratta del sé individuale, l'essenza di un essere vivente, il suo soffio vitale.

Praticamente quasi tutti i popoli sono arrivati a sviluppare una propria concezione peculiare dell'anima, giacché la logica suggerisce che se vi è un essere vivente debba esserci anche una sorta di principio vivificatore.

Persino gli atomisti greci ammettevano l'esistenza dell'anima umana, anche se a loro giudizio la sua durata è limitata al tempo di vita dell'individuo; per altri pensatori, invece, quali Pitagora, Platone e Plotino, l'anima preesiste e continua a vivere anche al di là della vita terrena, così come indicato dalla dottrina della trasmigrazione delle anime da essi predicata detta “metempsicosi” (da “meta” [oltre] + “en” [dentro] + “psiche” [anima]).

Ad un certo punto della storia la sensibilità verso queste tematiche mutò e si arrivò addirittura a negare l'esistenza dell'anima, pensando l'essere umano come una sorta di macchina, ovvero un insieme di parti materiali dal cui ordine originasse in qualche modo l'autocoscienza, l'intelligenza, la sensibilità e le altre qualità che di solito venivano attribuite all'anima.

Di recente però, in particolar modo a causa della crisi del riduzionismo verificatasi nell'ambito scientifico, perfino la moderna scienza sta rintroducendo il concetto di “anima” collegandola in qualche modo all'informazione; quest’ultima, infatti, non è né materia né energia, eppure è presente nella realtà.

Il punto di criticità si ha perché si è scoperto che, in alcuni casi, il tutto non è dato dalla somma delle parti, e quindi si deve ammettere che vi sia un qualcosa in più, in quanto questo qualcosa non può essere ridotto né alle singole parti, né al frutto della loro interazione.

Un computer è fatto di materia (corpo) ma per funzionare (vivere) ha bisogno di energia e di un programma (informazione); in questa analogia è come se l'anima rappresentasse l'informazione senza la quale il computer non potrebbe vivificarsi.

Si può quindi ipotizzare che un qualcosa di analogo, anche se sicuramente di più complesso, accada anche per gli esseri umani, anch'essi costituiti da una parte materiale ed una immateriale.

La parte materiale è detta corpo (soma [greco], corpus [latino]); quella immateriale è a sua volta costituita da più parti rispetto alla definizione delle quali, di nuovo, non vi è concordanza e uniformità.

Secondo una delle tradizioni più diffuse, e a mio avviso chiare, l'essere umano sarebbe da intendersi come una triade costituita, oltre che dal corpo, anche da un'anima (psyche, ànemos [greco]; anima, animus [latino]) e da uno spirito (pneuma [greco]; spiritus [latino]), dove all'anima si associa il sentimento (parte emotiva - cuore) ed allo spirito l'intelletto (parte razionale - cervello).

Si tenga presente che quella appena illustrata non può che essere una semplificazione che può essere utile per riflettere ma che di certo non rispecchia esattamente la vera natura umana, la quale, ad oggi, resta in gran parte misteriosa ed incompresa.

Nella sua celebre metafora, Gurdjieff invece era solito paragonare l'essere umano e le sue funzioni essenziali ad una carrozza trainata da cavalli, specificando che i cavalli rappresentano le emozioni, il cocchiere simboleggia l'intelletto (mente-spirito), la carrozza il corpo fisico e il passeggero, nonché proprietario della carrozza, il vero sé (vale a dire l'anima).

La perdita dell'Anima

«L'uomo è vittima di un ambiente che troppo spesso non tiene conto della sua anima». Charles Bukowski

Nel corso dell'esistenza di un individuo può accadere che quest'ultimo veda affievolire la connessione con la propria anima; il cocchiere non ascolta più le indicazioni del passeggero, i cavalli iniziano a scalpitare e così si finisce per sbagliare strada, perdersi e/o danneggiare la carrozza...

Quando ciò accade si parla di “perdita dell'anima”, volendo indicare con questa terminologia non tanto una perdita in senso stretto, giacché fin quando si è in vita è impossibile che l'individuo si separi completamente dalla propria anima, quanto ad una frammentazione, vale a dire ad un allontanamento che comporta un indebolimento dell'ascolto nei riguardi del proprio sé più autentico: l'anima, appunto.

I motivi che possono portare a questa disconnessione sono diversi e possono avere a che fare con vari ambiti dell'esistenza, tra cui possiamo elencare:
  • Malattie, traumi fisici o emotivi (abusi, violenze, lutti)
  • Conflitti interiori e repressione (rifiuto del sé autentico)
  • Stress cronico e sovraccarico (pressioni sociali e lavorative)
  • Lutto o perdita significativa (morte di una persona cara, separazioni)
  • Relazioni tossiche (sia affettive che in ambito lavorativo)
  • Dipendenze (abuso di sostanze, comportamenti compulsivi)
  • Violazioni spirituali (maledizioni, intrusioni energetiche negative)
  • Alienazione culturale o sociale (sradicamento, esclusione)
  • Costrizioni sociali (obblighi e imposizioni dannose dovute alla società)
  • Perdita di scopo e significato (vuoto esistenziale, mancanza di senso).
Ciascuna di queste evenienze può indurre un distacco animico che può essere più o meno importante e duraturo, dando luogo ad un meccanismo che può essere interpretato come una sorta di sistema di difesa e protezione nei confronti di situazioni esistenziali dolorose e insopportabili.

Il problema è che tale sistema di salvaguardia si ripercuote negativamente nell'esistenza dell'individuo sfociando, a seconda delle situazioni, in diverse problematiche quali:
  • Depressione e apatia (sensazione di vuoto e perdita di gioia)
  • Disconnessione emotiva: (difficoltà a provare emozioni profonde)
  • Senso di vuoto interiore (ricerca di compensazioni esterne per colmare un vuoto)
  • Ansia e disturbi psicologici (insonnia, irrequietezza e disturbi dissociativi)
  • Mancanza di scopo (difficoltà a trovare direzione e motivazione nella vita)
  • Alienazione sociale (isolamento e difficoltà nelle relazioni)
  • Problemi fisici (sintomi somatici e malattie talvolta apparentemente inspiegabili)
  • Comportamenti autodistruttivi (dipendenze o atteggiamenti nocivi)
  • Derive spirituali (disconnessione dal proprio autentico cammino spirituale)
  • Creazione di un falso sé (adozione di ruoli o maschere che nascondono e impediscono l'autenticità)
L'individuazione di questo fenomeno è antichissima e, per quanto ci è dato sapere, è dovuta alle diverse tradizioni sciamaniche sparse per il mondo, tra cui quelle dei i nativi americani e delle popolazioni indigene della Siberia, dell'Africa e dell'Asia.

Seppur con sfumature differenti, la perdita dell'anima è stata indagata anche negli ambiti della religione, della filosofia e della psicologia.

Ad esempio, nel cristianesimo delle origini si sostiene che la perdita dell'anima avvenga quando non ci si comporta in modo etico, agendo secondo verità ed in vista del bene comune, ma si ceda alle tentazioni dell'anticristo; nell'induismo la disconnessione dalla propria anima significa creare i presupposti per rimanere intrappolati nel ciclo di nascita-morte-rinascita (samsara) essendo così vittime delle illusioni del mondo materiale (maya) che ci faranno esperire dolore e sofferenza.

Per la corrente filosofica dell'esistenzialismo, invece, chi non riesce a mantenere il contatto con proprio vero sé, esprimendolo nel mondo, è condannato all'inautenticità e alla disperazione causate da una vita vuota e priva di significato; una tesi del tutto paragonabile a quella della psicologia del profondo elaborata da Carl Gustav Jung secondo cui non può esservi salute mentale e felicità senza che vi sia un'integrazione dell'individuo con la propria anima.

Il recupero dell'anima

«A volte devi perdere te stesso per trovare chi sei veramente». Paulo Coelho

Se da un lato la disconnessione dalla propria anima può portare allo sviluppo di problemi esistenziali nonché malattie fisiche e mentali, dall'altro il processo di riconnessione ed integrazione può essere inteso come una via di guarigione: è questa la tesi elaborata e sostenuta nell'approccio psicologico junghiano.

La salute e la felicità non andrebbero quindi perseguiti come fini primari, ma sarebbero il risultato del viaggio di realizzazione del sé autentico che può avvenire attraverso un processo noto come “individuazione”.

Individuarsi significa diventare ciò che si è operando al di là dei condizionamenti sociali ricevuti; manifestare i fini inconsci suggeriti dalla propria anima e non quelli dettati dalla società; manifestare il proprio potenziale animico coltivando doni, talenti e passioni, scoprendo e portando a compimento le proprie missioni personali.

Non molto dissimili sono le indicazioni dovute alla saggezza degli antichi greci, i quali sostenevano che per raggiungere l'eudaimonia, vale a dire una condizione stabile e duratura di realizzazione esistenziale intesa come massima fioritura umana, bisognerebbe conoscere se stessi ed operare secondo misura, vivendo secondo virtù ed operando in accordo alle indicazioni suggerire dal proprio daimon, ovvero dalla guida interiore che accompagna ciascun individuo, orientandolo verso il suo vero sé e la sua più autentica vocazione.

In realtà, non esiste un'unica strategia, o un metodo, che risulti sempre efficace per tutti al fine del recupero dell'anima, giacché ciascun individuo ha un cammino unico e differente rispetto a quello degli altri; pertanto si deve valutare caso per caso, esplorando le varie possibilità, fin quando non si riesce ad individuare ciò che funziona effettivamente per quel singolo cammino esistenziale.

Ad esempio, gli sciamani per favorire la riconnessione animica dei membri delle loro tribù che ne hanno bisogno compiono dei veri e propri rituali (Soul Retrieval) in cui fungono da mediatori tra il mondo spirituale e quello terreno, andando a recuperare i frammenti di anima dispersi mediante l'induzione di uno stato alterato di coscienza provocato da suoni, danze e l'utilizzo di sostanze naturali.

Secondo Gurdjieff, invece, non si tratterebbe tanto di andare a recuperare un qualcosa che si possedeva già e che si è perso ma di costruire progressivamente la propria anima attraverso un lavoro consapevole su di sé che richiede l'esercizio della volontà.

La carrozza va mantenuta in efficienza (bisogna prendersi cura del corpo), i cavalli vanno domati (emozioni e passioni devono essere sotto controllo), il cocchiere dev'essere addestrato (si deve perseguire uno sviluppo spirituale), il passeggero deve destarsi dallo stato di sonno (l'anima va risvegliata) ed infine il cocchiere deve mettersi al servizio del passeggero, ascoltandolo e dirigendo la carrozza secondo le sue indicazioni.

In ogni caso, il recupero dell'anima è da intendersi come un processo che richiede un coinvolgimento attivo dell'individuo; e sicuramente essere consapevoli dell'esistenza di queste dinamiche rappresenta già un primo passo per indirizzarsi verso una via di guarigione.

In concreto: come si dovrebbe procedere? Non esiste un'unica ricetta:
  • pratiche di auto-osservazione, introspettive e di auto-ascolto interiore, come la meditazione e la scrittura di un diario;
  • un percorso psicoanalitico per far emergere e risolvere blocchi emotivi e traumi;
  • coltivare la creatività attraverso espressioni artistiche (musica, danza, teatro...);
  • trascorrere del tempo nella natura circondandosi di bellezza;
  • coltivare una dimensione spirituale autentica volta al bene ed alla verità;
  • prendersi del tempo per dare ascolto alla propria voce interiore;
  • perseguire i propri desideri autentici, ciò che dà gioia e senso all'esistenza...
tutte queste possono essere considerate come possibili strategie, da utilizzare anche in sinergia, per favorire una riconnessione profonda di un individuo con il proprio Sé.

Tra gli effetti positivi dovuti al processo di recupero dell'anima si possono elencare:
  • senso di maggiore pienezza esistenziale.
  • maggiore equilibrio emotivo e riduzione di ansia o depressione.
  • aumento di vitalità ed energia.
  • chiarezza di scopo e direzione nella vita.
  • espansione di creatività e intuizione.
  • relazioni più autentiche e profonde.
  • crescita spirituale e connessione con il trascendente.
  • maggiore resilienza di fronte alle sfide.
  • guarigione emotiva e superamento di vecchi traumi.
  • un rinnovato senso di gioia e gratitudine per la vita.

Il ritorno a Casa: una riflessione e un suggerimento di lettura...

Dov’è casa? La casa è un luogo interiore dove ci si sente integri. Quando ci si trova in contatto con la propria anima ognuno è pienamente centrato su di sé. 

Con la fiaba "Pelle di Foca", contenuta nel suo libro Donne che corrono coi lupi, Clarissa Pinkola Estés presenta una storia che esplora il tema della trasformazione, dell'identità e del ritorno a casa: un luogo di sicurezza, autenticità e accettazione di sé. Il ritorno a casa rappresenta molto più di un semplice viaggio fisico. È un viaggio interiore verso la riconnessione con le proprie radici, la propria natura e il proprio potere.

Estés utilizza questa fiaba per illustrare l'importanza di accettare e onorare la propria natura autentica, che può essere stata trascurata o repressa dalle aspettative/manipolazioni sociali e/o relazionali, o da esperienze traumatiche.

La Foca come Simbolo dell'Anima Selvaggia
La foca rappresenta l'anima selvaggia, l'essenza pura e istintiva di una persona. È affettuosa e pronta a reagire, simboleggiando la vitalità e il potere dell'anima. Quando l'anima è in contatto con la sua vera natura, è in grado di nutrire lo spirito e affrontare le sfide, ma quando viene derubata della sua "pelle", ovvero della sua essenza, inizia un processo di inaridimento e perdita.

Perdita e Furto della Pelle
Il furto della pelle di foca rappresenta la perdita della propria identità e della connessione con l'anima, spesso a causa di relazioni o situazioni che sfruttano le vulnerabilità personali. Questo furto non è solo fisico, ma simbolizza la perdita di opportunità, amore e il proprio spirito. La consapevolezza di questa perdita può trasformarsi in un'iniziazione, portando a una maggiore comprensione di sé e della necessità di recuperare ciò che è stato perduto.

Ritorno a Casa
Il "ritorno a casa" è il tema centrale. La casa è vista come uno stato interiore, un luogo di integrazione e benessere. Perdere la pelle, quindi, significa perdere la protezione e la connessione con le proprie istintive necessità. Tornare a casa implica recuperare la propria pelle-anima e riconoscere ciò che è realmente importante.

La Voce dell'Anima
Il richiamo dell'anima è il messaggio profondo, portato dal vento, che invita alla riflessione e alla ricerca del sé. È un segnale che si manifesta quando ci si sente inariditi o sopraffatti dalla vita quotidiana. Ascoltare questo richiamo e rispondere è essenziale per evitare di perdersi ulteriormente. Riconoscere la necessità di tornare a casa, anche se non si sa esattamente dove si stia andando, è un passo cruciale.

Solitudine Intenzionale e Rituali
La solitudine intenzionale è un altro strumento per rimanere in contatto con l'anima. Attraverso pratiche come la meditazione, l'arte o semplici momenti di tranquillità, si può ricreare uno spazio per ascoltare la propria voce interiore. È in questo spazio che si può iniziare a riunire gli aspetti perduti di sé e ristabilire un equilibrio con la propria natura selvaggia.

Questa fiaba meravigliosa e potente, ci insegna che il percorso di ritorno a casa è complesso e richiede impegno. Per recuperare la pelle di foca, ovvero i frammenti “persi” della nostra anima, è fondamentale riconoscere e affrontare le relazioni o le situazioni che ci allontanano da noi stessi. 

La casa non è solo un luogo fisico, ma uno stato d'essere dove possiamo esprimere liberamente il nostro io autentico, nutrire la nostra anima e riconnetterci con la nostra vera essenza. 

Cosa avviene quando torniamo a casa?
  • Riconoscimento di Sé: un invito a scoprire e abbracciare la propria essenza.
  • Liberazione dai Vincoli: Il viaggio verso casa rappresenta anche una liberazione dalle restrizioni e dai ruoli imposti dalla società, permettendo a ciascuno di esplorare la propria natura.
  • Guarigione: Tornare a casa implica anche un processo di guarigione, dove si affrontano le ferite emotive e si recupera una parte di sé che era stata “persa”, un frammento di Anima...
  • Appartenenza: la necessità di un luogo di appartenenza, non solo fisico ma soprattutto emotivo e spirituale, dove ci si sente accettati e amati per ciò che si è realmente. Un luogo reale o simbolico dove possiamo metterci in contatto con la nostra anima.
Quando un essere umano resta troppo a lungo lontano da casa, la sua capacità di percepire come si sente dentro, comincia a disseccarsi e arriva a sentirsi solo quando è agli eccessi. 
E cosa succede? Perdiamo le nostre idee, i nostri occhi sono spenti, le ossa sono affaticate. 

Il ritorno a casa permette di crescere ed evolvere. Non solo a chi fa ritorno, ma anche a tutti coloro che circondano il “viaggiatore”.

Mirco Mariucci e Paola Notaro


Sintesi della teoria riguardante i concetti di perdita e recupero dell'anima esposti all'interno del laboratorio "Sentieri dell'Anima" tenuto da Paola Notaro e Mirco Mariucci all'interno della manifestazione Wellness Ariccia's Weekends il 19 ottobre 2024.

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