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lunedì 21 settembre 2015

Le ferie e l'illusione della libertà



Tratto dal saggio L'illusione della libertà, disponibile in download gratuito al seguente indirizzo.


Anche quest'anno le ferie sono finite e puntualmente i lavoratori ricominciano a servire i loro padroni.

Solo in pochi vorrebbero rientrare al lavoro, eppure tutti lo fanno, nonostante quell'azione sia contraria ai loro più intimi desideri. 

Accade come se le persone agissero sotto l'effetto di un potente sortilegio, grazie al quale il sistema riesce a manipolare così a fondo il pensiero, da riuscire a convincere la massa che sia giusto e normale sacrificare il tempo della vita per un lavoro caratterizzato da modalità tutt'altro che compatibili con la natura umana, il cui scopo è ben lungi da svolgere una vera funzione di utilità sociale, in quanto distorto dall'inseguimento del profitto a cui è subordinato.

La vera funzione del lavoratore dipendente è quella di generare utili per conto di una minoranza d'individui parassitari, che possono permettersi di vivere nel lusso grazie al sacrificio esistenziale di chi non vede alternative all'ingurgitare il boccone al veleno della propria schiavitù.

Il come e il perché tutto ciò avvenga passa in secondo piano rispetto agli utili aziendali.

I lavoratori dipendenti non sono liberi, come il sistema vorrebbe fargli credere, e questa tremenda verità si rivela in tutta la sua crudeltà al rientro dalle ferie, quando ciascuno di essi realizza in modo ancor più vivido di non essere neanche padrone del proprio tempo.

In quel preciso istante un malessere esistenziale assale i moderni schiavi a tal punto che, per superare ansia e angoscia, iniziano a ripetere dentro di sé che sono liberi, perché la loro è una scelta volontaria, cercando di auto-convincersi che  sia effettivamente così. 

Tanto gli basta per tornare a essere degli schiavi-felici, che in realtà sprofondano ogni giorno di più in una routine degna dell'esistenza di uno zombie lobotomizzato. 

Tutto ciò per cosa? Per continuare a servire al meglio i propri sfruttatori, invece di reinventarsi la vita, guardando ad alternative ben più auspicabili che gli consentirebbero di riappropriarsi della libertà.

Ma non lo faranno, perché temono la libertà. 

Si tratta di un chiaro meccanismo di fuga, nel quale gli esseri umani affermano di volere la libertà, ma in realtà ne hanno una gran paura, perché pensano di non essere in grado di sostenerne il peso.

E così si convincono che sacrificare la propria esistenza in cambio della sicurezza economica derivante da un lavoro totalizzante rappresenti l'unica soluzione, la migliore, anche quando quella scelta li sta allontanando dal raggiungimento della felicità. 

Chi detiene il potere ne è ben consapevole e non perde occasione per approfittarne, condannando i più a una non-esistenza.

Le ferie rappresentano l'ennesima prova del fatto che i lavoratori salariati non sono altro che dei moderni schiavi.

Nella Società Capitalistica i datori di lavoro scandiscono i ritmi di vita dei propri subordinati, stabilendo sia quando essi devono lavorare che quando devono riposare, indipendentemente dalla reale volontà dei dipendenti. 

Così come un vero schiavo, il lavoratore salariato non si riposa quando è stanco, non resta a casa se non ha voglia di andare al lavoro, o magari ha di meglio da fare, non si rifiuta di sbrigare un compito che gli è stato assegnato per quanto odioso esso sia, perché la paura di essere licenziato lo pietrifica, rendendolo docile, ubbidiente e servizievole. 

Subendo queste costrizioni si creano dei gravosi conflitti interiori tra ciò che un essere umano vorrebbe realmente fare e ciò che invece è costretto a fare a causa degli obblighi derivanti dal sistema sociale in cui vive, senza considerare il dramma esistenziale causato da un orario di lavoro eccessivo che non lascia né spazi, né forze, né lucidità mentale, per vivere appieno la vita.

Di solito la sintesi non è una mediazione equilibrata, come potrebbe suggerire la ragione, ma una vittoria schiacciante delle imposizioni del sistema, nella quale il lavoratore è condannato a reprimere se stesso e la propria volontà. 

Questo conflitto irrisolto genera problemi sia fisici che psicologici, che sfociano in vere e proprie malattie, nevrosi e comportamenti autolesionisti o socialmente deviati; un aspetto di fondamentale importanza che però viene minimizzato e sottovalutato, se non del tutto ignorato, perché oggi la priorità è il lavoro, non il benessere dei lavoratori. 

Nella Società Capitalistica le reali esigenze di un essere umano passano in secondo piano rispetto al lavoro, che invece assume un ruolo centrale, perché il sistema non è finalizzato a generare benessere, felicità e libertà ma profitto.

Già lo stesso termine "dipendente" sottolinea che la vita dei lavoratori dipende dalle esigenze di qualcun altro, vale a dire dei datori di lavoro, che li utilizzano come fossero degli oggetti e non degli esseri umani.

Ogni anno, però, gli schiavisti concedono ai propri asserviti un breve periodo di riposo dalla coatta e totalizzante attività lavorativa.

In questo breve lasso di tempo, molti lavoratori si mettono freneticamente in viaggio, non perché ne abbiano una vera necessità o ne nutrano una sincera necessità, ma perché così fan tutti.

In quei periodi i luoghi turistici sono sempre affollati, e il viaggio intrapreso con la speranza di trovare un po' di relax, si trasforma facilmente in un incubo ancora più stressante della quotidianità, dal quale si torna a casa più stanchi e stravolti di quando si è partiti.

Alcuni affermano di aver bisogno di un periodo di vacanza per rilassarsi, distrarsi ed evadere; 

un'affermazione che dovrebbe indurli a riflettere profondamente, dal momento che nessun essere umano che sperimenta una quotidianità appagante maturerebbe il desiderio di allontanarsene, neanche per un istante.

Sentire un'irrefrenabile necessità di staccare da tutto e andare lontano nel periodo delle ferie è un chiaro segnale della sofferenza interiore sperimentata da quell'individuo, che cerca di super-compensare ciò che prova durante tutto il resto dell'anno con un gesto plateale ed eclatante, come lo spendere il denaro che ha accantonato con tanta fatica per intraprendere un costoso viaggio dall'altra parte del mondo. 

Questi gesti raramente scaturiscono da un bisogno sano e sincero, assai più di frequente sono riconducibili a meccanismi compensativi attuati da chi sperimenta il fallimento di un'esistenza condotta nella mediocrità. 

Si tratta di un rimedio che purtroppo non risolverà le vere cause della sofferenza interiore di quegli individui, che devono essere ricercate da tutt'altra parte se s'intende risolverle, magari modificando radicalmente il proprio stile di vita non nel periodo delle vacanze, ma durante tutto il resto dell'anno.

Per spingere la massa a viaggiare, il sistema sociale diffonde la convinzione che gli schiavi che non effettuano almeno un viaggio all'anno nel periodo delle ferie siano degli sfigati. 

In questo modo il fine non è più compiere il viaggio in sé, ma dimostrare agli altri di non essere inferiori.

La riprova di questa affermazione la si può trovare nei periodi successivi alle vacanze, quando improvvisamente le conversazioni degli schiavi si focalizzano totalmente sui rispettivi viaggi, che vengono descritti con termini superlativi, come se l'aver contribuito egoisticamente a inquinare l'ambiente viaggiando su aerei e navi per andare a visitare dei luoghi verso i quali non nutrono alcun reale interesse, fosse un gesto lodevole del quale vantarsi.

Essi non si rendono conto che non hanno scelto neanche come disporre del proprio tempo libero, perché ancora una volta si sono conformati alle necessità consumistiche di un sistema malato di profitto, che ha appositamente stabilito per loro delle mete di viaggio standardizzate con tanto di pacchetti turistici pronti da acquistare. 

Del resto è tristemente noto come nella Società Capitalistica la massa sia omologata e si comporti in modo stereotipato, cioè esattamente come il sistema vuole che faccia, sia nel lavoro che nei modi di consumo, vacanze turistiche incluse.

Coloro che amano veramente viaggiare, e solo per questo si spostano in giro per il mondo, rappresentano una sparuta minoranza, per gli altri fare viaggi consiste in un processo massificante, che si riduce nel dimostrare al resto della società di potersi permettere di spendere denaro, in modo tale da non sentirsi inferiori.

Ma il viaggio più importante, quello che è davvero in grado di cambiare l'esistenza di un essere umano, non si può trovare all'interno di un'agenzia di viaggi e per fortuna non necessita neanche dell'acquisto di un biglietto. Eppure quasi nessuno è disposto a compierlo: si tratta del viaggio interiore che conduce alla scoperta di se stessi e della propria umanità.

Riflettendo si comprende che un altro degli scopi del meccanismo delle ferie forzose è quello di rendere i lavoratori ancora più poveri, inducendoli a spendere quel denaro che con tanta fatica sono riusciti a racimolare durante tutto il resto dell'anno, così da non poter fare altrimenti che correre nuovamente nelle braccia dei capitalisti a fare gli schiavi.

Eppure, per quanto paradossale, alla stragrande maggioranza delle persone non piace il proprio lavoro, e quindi non si capisce per quale motivo s'impegni in modo così ostinato per continuare a lavorare per tutta la vita, sperperando il proprio denaro anche mediante vizi futili e dannosi, quali il fumo e l'alcool, invece di risparmiare per riappropriarsi della libertà.

Il fatto che ai più il proprio lavoro non piaccia, può essere facilmente dimostrato osservando le dinamiche inerenti le ferie.  

Infatti, se lavorare fosse un vero piacere, i lavoratori rifiuterebbero i giorni di riposo, mentre invece non perdono occasione per starsene lontano dai luoghi di lavoro non appena gliene viene concessa l'opportunità.

Chi si trova bene con ciò che fa non ha bisogno né di giorni di riposo né di vacanze e non vorrebbe allontanarsi mai dall'attività verso la quale nutre una passione profonda e sincera, cosa che di fatto per il lavoro così non è.

Ma se nei periodi di riposo gli schiavi fuggono dal lavoro, perché il capitale gli concede questa opportunità?

È evidente che il riposo aumenti la produttività in qualche misura, altrimenti i capitalisti avrebbero usato il loro potere per fare in modo che non fosse possibile riposare.

Le ferie e giorni di riposo nel fine settimana, concedono giusto il tempo di prendere quella boccata d'aria che consente agli schiavi di evitare di affogare. 

Ma non si tratta solamente di una questione legata al recupero della stanchezza fisica e mentale.

Il concedere un periodo di ferie rappresenta una strategia per indurre nei lavoratori la convinzione di possedere la libertà, in modo tale che questi, al rientro dalle vacanze, siano maggiormente disposti a sprecare la propria esistenza generando profitto per conto di altri individui.

Generalmente, non appena il cancello d'ingresso dell'azienda viene superato, l'illusione svanisce e si ritorna alla dura realtà.

Per meritarsi un altro breve periodo di libera uscita dal carcere in cui devono sperimentare la quotidianità, gli schiavi dovranno lavorare intensamente per un altro lunghissimo anno.

Lo stacco tra la libertà sperimentata nel periodo delle ferie e l'obbligo del lavoro è secco, drastico e grave.

Anche in questo caso esiste una vera e propria sindrome che è stata chiamata Sindrome da stress da rientro.

Per alcuni, invece, l'ansia comincia perfino con qualche giorno d'anticipo, non appena iniziano a rendersi conto dell'illusione della loro libertà.

Una libertà che di certo il genere umano non conoscerà, fin quando i lavoratori continueranno a consolarsi pensando al prossimo viaggio, invece di agire per cambiare la società.

Mirco Mariucci


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8 commenti:

  1. Quali sono le alternative? Il lavoro in proprio?

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    1. Se si prova un disagio a causa del lavoro è di fondamentale importanza riappropriarsi del tempo esistenziale necessario per sviluppare il proprio essere, magari chiedendo un part-time o concordando una riduzione d'orario. Altri riescono a combinare passione e lavoro, minimizzando così gli effetti dovuti alla costrizione lavorativa. Dal mio punto di vista la vera soluzione consiste nel ripensare l'attuale modello di società, rimettendo al centro l'essere umano e i suoi veri bisogni, ideando un sistema economico che sia finalizzato al benessere collettivo, di certo non come quello attuale che insegue il profitto invece che la felicità.

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  2. Condivido totalmente quello che scrivi, anche se il problema è che mancano alternative praticabili per la maggior parte delle persone, che vivono come ipnotizzate dal sistema capitalistico consumistico. Non capiscono che il capitalismo non ha abolito lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, gli ha solo cambiato forma e oggi si chiama lavoro salariato.
    Chi la pensa come noi tuttavia rischia l'isolamento. Quando ad esempio mi capita di parlare di queste cose, sono guardato come un marziano, bollato come “estremista”.

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    1. ...perfettamente d'accordo...capita anche a me, sempre.

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  3. Pezzo magistrale, talmente sentito che questa vita l'ho mollata anni fa. Non tutti sono in grado di comprendere il significato di tutto quanto scritto sopra, ma solo le persone realmente libere

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  4. Una soluzione è fare un lavoro che piace e che sviluppa soddisfazione ,interesse,crescita personale ,culturale nel farlo.

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  5. Definizione di Lavoro

    Impegno che comporta l’occupazione
    di parte del mio patrimonio temporale
    in cambio di una contropartita astratta
    negoziabile per essere tradotta in bene reale
    sulla fiducia di un soggetto inesistente.

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  6. L'illusione vera è quella di attribuire i limiti esistenziali dell'essere umano alla società cosiddetta capitalistica. Purtroppo la condizione di schiavitù nasce dai tanti bisogni che abbiamo fin dalla nascita e dalla nostra vulnerabilità. Nessun lavoro (sia dipendente che autonomo) ci permette di essere veramente liberi. Il denaro ci rende schiavi (comunque) e le esigenze di chi ci paga (cliente o datore di lavoro) sono sempre estreme. La verità è che noi esseri umani abbiamo bisogno di sfruttarci a vicenda per sopravvivere.

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