Tratto dal saggio Il Sapere degli Antichi Greci, disponibile in formato cartaceo e digitale al seguente indirizzo, anche in download gratuito.
Senofane di Colofone (-570; -475) fu il precursore, se non il fondatore, della scuola filosofica eleatica.
Ionio di
nascita, dovette trasferirsi - pare per motivi politici - nell'Italia
meridionale, dove trascorse gran parte della sua lunga vita.
Secondo le
testimonianze di Platone ed Aristotele, Senofane fu il primo ad
affermare l'unità dell'essere, dando così il via all'indirizzo di
pensiero che fu proprio dell'eleatismo.
La
tradizione, inoltre, gli attribuisce la fondazione della celebre
scuola di Elea, ma la critica moderna tende a porre in dubbio questa
versione dei fatti.
In un
frammento autobiografico, composto a 92 anni, lo stesso filosofo
racconta: «Già sessantasette son gli anni che vado errando per
la terra ellenica. E allora ero nato da altri venticinque, se almeno
su questo posso dire la verità»; il che mal si concilia con una
stabile permanenza ad Elea.
Di certo,
Senofane rappresenta l'anello di congiunzione tra le speculazioni
ioniche e quelle degli italici.
Egli,
infatti, venne personalmente in contatto sia con i pensatori della
scuola di Mileto che con i membri della setta pitagorica, e attuò
un'importante critica, sia nei confronti degli uni che degli altri,
con il fine di mettere in luce il fondamentale problema dei limiti e
del valore della conoscenza umana.
La critica
di Senofane muove i suoi passi da una risoluta e spietata condanna
nei confronti delle superstizioni religiose dell'epoca ed in
particolare della raffigurazione antropomorfica degli dei:
«I
mortali credono che gli dei siano nati e che abbiano abito,
linguaggio e aspetto come loro. Gli Etiopi credono che gli dei siano
camusi e neri, i Traci, che abbiano occhi azzurri e capelli rossi...
ma se buoi, cavalli e leoni avessero le mani e sapessero disegnare, i
cavalli disegnerebbero gli dei simili a cavalli e i buoi gli dei
simili a buoi».
Agli Eleati
che gli domandarono se avessero dovuto offrire sacrifici e lacrime a
Leucotea, rispose: «Se la credete una dea non dovete piangerla,
se non la credete tale, non dovete offrirle sacrifici».
Non erano
solo i Greci comuni a sostenere simili assurdità, ma anche i poeti
che incoraggiavano la diffusione di queste risibili credenze mediante
le loro opere:
«Omero ed
Esiodo hanno attribuito agli dei tutto quello che per gli uomini è
oggetto di vergogna e di biasimo: rubare, fare adulterio e ingannarsi
reciprocamente».
Se così
stanno le cose, allora è evidente che sono stati gli uomini ad aver
plasmato gli dei a propria immagine e somiglianza, e non il
contrario, come invece sostengono i membri della setta cattolica a
proposito del loro dio.
Il passo
successivo consiste nel negare l'esistenza di simili divinità
immaginifiche, in quanto inutile frutto dell'ipostatizzazione di
agglomerati di qualità tipicamente umane.
Probabilmente
Senofane sarebbe stato d'accordo, anche se egli, in realtà, non fu
affatto un pensatore ateo.
A suo avviso
esiste una ed una sola divinità «che non somiglia agli uomini né
per il corpo né per il pensiero», che «senza sforzo dirige
tutte le cose con la forza della mente» e «rimane sempre
nello stesso luogo immobile» perché non «gli si addice
spostarsi or qui or là».
Questa
divinità è un “dio-tutto” che s'identifica con
l'universo intero ed ha l'attributo dell'eternità.
Il dio-tutto
non nasce e non muore ed è sempre se stesso, perché se fosse nato
allora non sarebbe esistito prima di un certo istante, ma ciò che
non esiste non può né nascere né far nascere nulla.
Ciò fa di
Senofane un pensatore panteista che non nega l'esistenza di dio ma,
al contrario del teista, non gli attribuisce un'essenza indipendente
e conclusa in sé medesima, perché ritiene che la divinità permei
l'universo e si realizzi in esso.
Egli affermò
in forma teologica l'unità, l'immutabilità e l'eternità
dell'universo, tuttavia riteneva anche impossibile che l'uomo potesse
conoscere la verità con assoluta certezza:
«Non
esiste né esisterà mai un uomo che sappia l’assoluta verità
intorno agli dei e a tutte le cose di cui io parlo. Sì, anche se ad
un uomo capitasse di dire qualche cosa con assoluta esattezza, egli
stesso non lo saprebbe; non si può far altro che esprimere delle
opinioni».
Se ne deduce
che la conoscenza umana è solo probabile, e che la verità assoluta
non è conoscibile dall'uomo.
Un altro
aspetto degno di menzione della critica di Senofane riguarda la
polemica contro la concezione aristocratica del valore, eroico ed
agonistico:
«La
città copre d'onori e di doni il vincitore delle gare, eppure non è
degno quanto me; ché è pur migliore della forza degli uomini e dei
cavalli la nostra sapienza! È ingiusto anteporre la forza corporale
alla saggezza».
Con queste
parole egli intende contrapporre la virtù basata sulla fisicità
alla virtù spirituale del saggio, decretando la superiorità di
quest'ultima.
«Vale di
più la nostra saggezza che non la forza fisica degli uomini e dei
cavalli. Difatti, che ci sia tra il popolo un abile pugilatore o un
valente nel pentathlon o nella lotta, non per questo ne è
avvantaggiato il buon ordine della città».
È il
raggiungimento della saggezza a cui l'uomo deve ambire e non
all'ottenimento della virtù agonistica, fortemente tenuta in
considerazione dagli Antichi Greci.
Gli
interessi di Senofane non si esauriscono con la critica teologica e
quella morale; egli, infatti, compì numerosi studi naturalistici,
riprendendo il filone della tradizione ionica.
In
particolare, scoprì ed elencò, in modo completo e dettagliato, una
serie di rilevamenti fossili avvenuti e Siracusa, Malta e Paro, dando
prova di un notevole scrupolo scientifico.
Dal
ritrovamento di impronte fossili di animali marini su alcune montagne
dedusse che la Terra, un tempo, fosse stata ricoperta dal mare.
Credeva
anche che tutte le cose fossero fatte di terra e di acqua, uomini
compresi, e che dalla terra tutto viene e tutto ritorna.
I vari
aspetti del pensiero di Senofane confluiscono, dando luogo ad
un'importante riflessione sulla conoscenza umana.
Egli dice:
«Gli dei non hanno rivelato tutta la realtà agli uomini fin
dagli inizi; ma indagando col tempo essi scoprono il meglio» ma
anche che: «Nessun uomo conosce la certezza e nessun uomo la
conoscerà mai», né a riguardo gli dei né per qualsiasi altra
cosa.
Senofane,
quindi, esprime la propria consapevolezza dei limiti del pensiero
umano: l'uomo può esprimere soltanto opinioni, ma al tempo stesso
indica la strada da percorrere.
Non sarà di
certo una rivelazione divina ad accrescere la conoscenza umana. Quello scorcio di verità che l'uomo può riuscire a cogliere, egli
deve ottenerlo da sé, indagando mediante la ricerca filosofica.
Perché
anche se con la ricerca l'uomo non riuscirà mai a cogliere la verità
con assoluta certezza, potrà pur sempre formulare opinioni via via
migliori, avvicinandosi sempre più ad essa.
Mirco
Mariucci
Acquista o scarica gratuitamente Il Sapere degli Antichi Greci in versione completa al seguente indirizzo.
Fonti:
Storia
della Filosofia occidentale, di Bertrand Russell.
Storia
della filosofia, di Nicola Abbagnano.
Storia
del pensiero scientifico e filosofico, di Ludovico Geymonat
Guerre, sfruttamento del lavoro, disoccupazione, inquinamento
RispondiEliminaingustizia sconforto e rassegnazione.
oppure
Pace, razionale ed equa riorganizzazione del lavoro, lavorare meno lavorare tutti,
rispetto dell'ambiente, giustizia amore e bellezza.
quale delle due verità conosciamo e perseguiamo sin dall'inizio?
oppure è tutto uguale e fa tutto lo stesso?
No... perchè sennò... se fa tutto lo stesso chiudiamo il blog e andiamo a casa.