Trascrizione della conferenza tenuta il 7 luglio 2024 al Festival della Nuova Umanità di Torino.
Introduzione
Oggi vorrei riflettere insieme a voi su questo tema: abbiamo o non abbiamo un destino?
Dobbiamo concepire il destino come un qualcosa di ineludibile o in realtà siamo noi stessi a determinarlo in qualche misura?
Per esporre la loro concezione del destino, gli stoici ricorrevano all'immagine di una carrozza a cui l'essere umano è legato con una fune che non può essere recisa; e poi aggiungevano, con tono apodittico: «il destino guida i saggi, e trascina gli stolti».
Ma è davvero così che stanno le cose?
Libero arbitrio e destino
Secondo alcuni, l'essere umano è tale in virtù della sua facoltà di determinare liberamente i propri pensieri e le proprie azioni (cioè l'essere umano è dotato del libero arbitrio).
Capite bene che se così stanno le cose, abbiamo un bel problema filosofico da risolvere
perché destino e libero arbitrio, se intesi in senso assoluto, non sono compatibili.
- se tutto il cammino esistenziale è già determinato, allora l'individuo non sta scegliendo liberamente ma vi è soltanto l'illusione della scelta (dunque non esiste il libero arbitrio);
- se invece l'individuo ha la facoltà di determinare il suo cammino, pensiero dopo pensiero, atto dopo atto, allora il futuro è completamente aperto (dunque non può esistere un cammino prestabilito, siamo noi gli artefici del nostro destino).
Non so cosa pensiate voi in merito... ma io non ho la sensazione né di essere un automa, né di creare completamente la mia realtà;
mi sembra di scegliere cosa fare, di prendere delle decisioni... e son sicuro che mi sia capitato di fare delle esperienze a cui ero destinato, che dovevo per forza di cosa esperire.
Se ci pensiamo bene, ci accorgiamo che esiste una terza possibilità, in grado di far coesistere libero arbitrio e destino: secondo questa visione, l'essere umano può determinare i suoi atti ma è destinato ad esperire alcuni singoli eventi nel corso della sua esistenza.
Non tutto il cammino, quindi, sarebbe predeterminato, ma soltanto un certo numero di eventi sincronici, significativi, che secondo alcuni farebbero addirittura parte di un piano divino...
Abbiamo il libero arbitrio?
Per procedere con la nostra riflessione dobbiamo cercare di risolvere un'altra domanda: l'essere umano ha, o non ha, il libero arbitrio?
Solitamente, si tende ad affrontare il tema ponendolo in una contrapposizione dualistica:
- o il libero arbitrio c'è, ed è un qualcosa di dato per natura;
- o non c'è, in quanto è tutto predeterminato.
Ma così facendo si vincola il pensiero in una forca logica che non ci consente di prendere in considerazione un altra possibilità che, a mio avviso, è quella corretta...
Io sostengo che l'esercizio del libero arbitrio sia una facoltà che esiste in potenza, che va conquistata, e dipende in modo diretto dal grado di consapevolezza.
In linea di principio, quindi, più si diviene consapevoli e più si è in grado di esercitare il libero arbitrio.
Cerchiamo di testare questa tesi pensando alle fasi di vita di un comune essere umano che viene al mondo nell'attuale società, la quale, come ben sappiamo, è retta da un potente sistema di controllo sociale...
Fase 1) Inizialmente, fin dalla giovane età, veniamo “programmati” dal sistema sociale; in questo modo, però, introiettiamo informazioni funzionali alla riproduzione dell'attuale modello...
Cadiamo così in una sorta di stato di ipnosi, un sonno metafisico, che ci riduce in una condizione di schiavitù inconsapevole, in forza della quale assecondiamo la volontà dei dominatori cedendogli la nostra energia.
Fase 2) successivamente, se i dominatori ne hanno bisogno perché decidono di cambiare i loro piani, le persone vengono “riprogrammate” diffondendo delle nuove informazioni: la narrazione ufficiale cambia ed i dormienti ubbidiscono.
Fase 3) Fin qui di libero arbitrio non c'è traccia... ma tutto d'un tratto, però, accade qualcosa e la questione inizia a farsi interessante...
Ad un certo punto, infatti, l'individuo rimette in discussione ciò che gli è stato detto, l'ordine delle cose, ed afferma: «Voi mi dite di che è giusto fare così, ma io non lo farò, io mi comporterò diversamente».
In merito a ciò Erich Fromm, uno dei più grandi pensatori del novecento, disse: «L'atto di disobbedienza, in quanto atto di libertà, è l'inizio della ragione».
Ecco, questo è un punto di fondamentale importanza: perché quando ciò accade non è più un condizionamento del sistema che eterodirige l'individuo, ma uno scatto interiore...
L'essere umano dunque, non è soltanto un “essente” programmabile dall'esterno, ma più propriamente è un vivente autocosciente (cosciente di sé, del proprio essere e del proprio operare) che è in grado di auto-riprogrammarsi.
Come? Esercitando la capacità di “pensare il pensiero”: ed è proprio questa facoltà, a mio avviso, che consente all'individuo di autodeterminarsi, ovvero di liberarsi dai condizionamenti ambientali ed iniziare un cammino autentico.
Capite bene che senza la capacità di rimettere in discussione le cose ed auto-riprogrammarsi verrebbe immediatamente meno il libero arbitrio e saremmo degli automi (ecco spiegato il perché l'élite si preoccupa di sferrare un potente attacco al pensiero).
Del resto, il fatto che i modelli sociali sperimentati dagli esseri umani nel corso della storia siano diversissimi tra di loro e possano essere alterati in modo arbitrario dai membri delle comunità, dimostra ancora una volta che l'umanità non sia composta da robot acritici e privi di creatività, ma da individui pensanti e dotati di libero arbitrio che possono rimettere in discussione la realtà delle cose per ideare e costruire realtà sociali differenti da quella in cui si trovano.
Alla luce di queste riflessioni, dunque, l'essere umano è buono o cattivo per natura? È egoista o altruista? Protende alla collaborazione o alla competizione?
Nessuno di questi dualismi risponde in modo adeguato alle precedenti domande: l'essere umano è per cultura e volontà.
- La cultura è ciò inizialmente che gli trasmette i modelli comportamentali basati su una certa scala di valori relativa all'ambiente sociale in cui egli è nato e vive;
- la volontà è ciò che può consentirgli di andare oltre le illusioni del suo tempo.
Che cos'è il destino?
Ora che abbiamo le idee un po' più chiare rispetto al libero arbitrio, per procedere con la nostra riflessione, bisogna cercare di comprendere che cosa sia il destino...
Perché noi oggi siamo qua, e non siamo da un'altra parte? Come ci siamo arrivati fin qui Perché siamo diventati ciò che siamo ora, e non siamo diversi?
Se ripensiamo al nostro passato, alla nostra linea di universo esistenziale, ci accorgiamo che, istante per istante, si sono inanellate tutta una serie di situazioni e circostanze che ci hanno portato fin qui, ad essere ciò che siamo...
Quello che vediamo oggi, dunque, è la risultante di tutti gli accadimenti interiori ed esteriori che abbiamo vissuto nel passato, che ci hanno in qualche modo riguardato, coinvolto...
Tutto ciò ha determinato la nostra condizione esistenziale, il nostro “destino”.
Di questi fattori influenzanti alcuni ci erano noti, ne avevamo consapevolezza, o addirittura siamo stati noi stessi a generarli con un atto di volontà...
Altri invece, ci erano oscuri: essi hanno agito su di noi, ma noi non ce ne siamo accorti, non ne eravamo consapevoli...
In merito a ciò, disse Carl Jung: «Rendi cosciente l'inconscio, altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino».
Mi permetto di aggiungere che, a mio avviso, questa tesi non sussiste soltanto in senso psicologico (cioè rispetto a quella componente della nostra psiche da cui siamo agiti ma di cui non siamo consapevoli), ma anche in senso sociologico (vale a dire rispetto a quella dimensione sociale da cui siamo agiti ma di cui non siamo consapevoli)
Del resto, già il buon Socrate, ancor prima del Cristo, insegnò all'umanità che la conoscenza rende liberi, mentre l'ignoranza è il preludio della schiavitù.
Se queste tesi sono corrette, si ha una conseguenza decisamente importante: più si è in grado di esercitare il libero arbitrio e meno si subisce il destino.
In altre parole, più si diviene consapevoli, più si agisce secondo la propria volontà, e più aumenta il nostro potere di manifestazione, vale a dire la nostra capacità di creare realtà sociali.
Passiamo così da essere dei soggetti passivi, agiti dall'esterno, ad essere dei soggetti attivi, dei protagonisti della storia.
Ma qual è il limite di questo potere di manifestazione?
Secondo alcuni, tutto ciò che esiste all'esterno sarebbe il riflesso della interiorità del singolo individuo; dunque ciascuno di noi sarebbe il creatore della realtà.
Di conseguenza, tutta la colpa dei mali del mondo sarebbe nostra e l'unica cosa da fare, per porre rimedio ai problemi, consisterebbe nel migliorarsi interiormente.
Se ciò fosse vero, dovremmo dedurre logicamente di essere gli unici ad esistere e a determinare gli accadimenti della nostra vita;
dovremmo anche ammettere che la colpa della povertà sia sempre dei poveri e non di un sistema economico che per sua costituzione accentra ricchezza a discapito dei molti;
che se vi rubano la macchina la colpa è vostra e non dei ladri perché siete stati voi con il vostro stato interiore a causare il fattaccio... e via dicendo, di assurdità in assurdità.
Qual è il problema? Questa visione taglia alla radice ogni analisi rispetto a ciò che è esterno a noi, che invece, come insegna la sociologia, è un aspetto di fondamentale importanza per comprendere e risolvere le problematiche degli individui e della società.
Nessuno di noi è Dio, ammesso che un dio esista. E di certo non siamo gli unici attori della società. Noi non siamo i creatori di tutta la realtà, siamo i co-creatori della realtà sociale.
Di conseguenza la causa dei fallimenti esistenziali non è sempre e solo nostra, ma dipende anche dall'ambiente sociale, soprattutto dalle dinamiche indotte e determinate dal paradigma socio-economico-culturale in cui viviamo.
Se il seme è buono ma il terreno non è fertile, che senso ha continuare a lavorare esclusivamente per migliorare il seme?
Siamo tutti d'accordo che la società sia il prodotto delle coscienze degli individui e che senza una trasformazione spirituale non possa esserci alcun miglioramento nel mondo.
Ma se vogliamo raccogliere i frutti, ad un certo punto bisognerà concentrare gli sforzi per rendere fertile il terreno, per cambiare le condizioni esterne, per ideare ed attuare un nuovo paradigma, con regole, logiche e dinamiche sostanzialmente differenti rispetto a quelle attuali.
Inganni spirituali
Tutto ciò, in realtà, è figlio di una falsa spiritualità che blocca l'azione (immobilismo), porta all'accettazione della società (assenza di critica al paradigma) e per giunta legittima le condizioni di sfruttamento, miseria e dolore delle persone (giustificazione delle storture presenti nel mondo).
Non so se anche a voi sia capitato di sentire le seguenti frasi pronunciate da sedicenti guru spirituali:
«questo è il migliore, o l'unico, dei mondi possibili: “è tutto perfetto!”»... io non so dove viva questa gente, ma a me pare che sia tutto imperfetto e quindi perfettibile.
«non c'è bisogno di agire nel mondo per essere spirituali»... basta dire “ohm, ohm...” recitando un mantra, fare yoga e soprattutto andare a prendere un po' di metadone spirituale frequentando corsi ed eventi olistici (rigorosamente a pagamento, s'intenda!), per poi tornare il lunedì mattina a svolgere la medesima routine della settimana precedente... che assurdità!
Non solo c'è bisogno di agire nel mondo, ma c'è bisogno di farlo in un modo differente, sposando altre logiche, perseguendo altri fini... altrimenti non faremo nient'altro che riprodurre l'attuale società, uguale a se stessa, con tutte le sue storture.
Albert Einstein disse «Non è possibile risolvere un problema con lo stesso livello di pensiero che sta creando il problema», un pensiero che può essere generalizzato in senso sociologico affermando che «Non è possibile migliorare la società con lo stesso livello di coscienza che sta generando l'odierna società».
E ancora:
«ti sei scelto tu la tua vita prima di incarnarti»... quindi nel mondo ci sarebbero miliardi di cretini che hanno scelto di esperire una vita infelice?
«la condizione degli uomini è il frutto del karma»... e allora dovremmo forse sostenere che se una persona soffre, vive in povertà o viene bombardata, non dovrebbe essere aiutata perché sta scontando le sue colpe? Che è giusto che viva così perché in tal modo si riequilibrerà il suo karma?
Potrei andare avanti per ore, ma quanto avete letto è già sufficiente per i fini che mi sono prefissato.
Capite bene che c'è qualcosa che non va: a me, con tutta sincerità, tutto ciò non sembra una visione spirituale utile e benefica per l'umanità, sembra un modo di vedere le cose utile all'élite che sfrutta e opprime gli esseri umani.
La dimostrazione che la spiritualità di stampo orientale abbia qualche problemino ce l'abbiamo sotto gli occhi: qual è il paese più spirituale al mondo?
L'india, direte... esattamente: guardate in che condizioni socio-economiche versa questa nazione e domandatevi: come può un'autentica spiritualità produrre morte, miseria, malattia, inquinamento, suddivisioni in caste, sfruttamento indiscriminato di esseri umani, animali e natura?
Vi è un altro punto sul quale vale la pena di riflettere per cogliere un ulteriore tassello del grande inganno legato all'odierna falsa spiritualità: negli ambienti spirituali si tende a screditare completamente il materialismo... ma da un punto di vista storico la visione materialista ha prodotto la scienza (non sto pensando alla falsa scienza al servizio del potere, ma alla vera scienza al servizio dell'umanità).
Negli anni 70, inoltre, in Italia, quando si rivendicavano e ottenevano diritti e conquiste sociali, la visione dominante non era la spiritualità indiana ma quella materialista atea (con tutti i difetti del caso che sono evidenti e su cui possiamo sorvolare).
In particolare, le persone avevano un'attitudine figlia del materialismo storico di stampo marxista che predisponeva il popolo all'azione e c'era anche una coscienza di classe (persone unite per un obiettivo, che sapevano di poter contare su altre persone, come se fossero un unico corpo).
In altre parole, in quel periodo storico era in atto una fase di risveglio spirituale in un popolo che sapeva agire nella materia.
Per questo motivo il potere ha detto tra sé e sé: «come cavolo li fermiamo questi?» Capite che si stava creando un grande pericolo per l'élite dominante... Ed ecco il piano:
- strategia del terrore, droghe, new age (oggi divenuta falsa spiritualità);
- strategia dell'emergenza continua (terrorismo, crisi economica, pandemie, guerre, cambiamenti climatici...).
Una questione spirituale
Non sto sostenendo che tutta la spiritualità sia un inganno... tutt'altro: esiste un'autentica via spirituale ed è nostro compito recuperarla. Essa non può che essere figlia della verità e del bene, ovvero dell'amore universale.
Se ci pensiamo per un po' ci accorgiamo che oggi, anche grazie ai frutti del materialismo, noi non abbiamo un problema di ordine materiale, abbiamo un grande problema di ordine spirituale.
Viviamo in un paradosso: non c'è mai stata tanta abbondanza materiale (fino allo spreco e all'opulenza) e al tempo stesso non c'è mai stata tanta miseria e devastazione... c'è qualcosa di macroscopico che stiamo sbagliando...
Non ci mancano le risorse e la tecnologia per costruire un mondo libero, ricco, felice e sostenibile, per tutti, ma semplicemente non stiamo utilizzano gli strumenti della modernità in vista del bene comune...
non siamo in grado di coesistere pacificamente, di aiutarci gli uni con gli altri, di operare senza logica del profitto e di evitare che una élite di criminali ci domini rubandoci la nostra energia...
I nostri cuori si sono induriti e la nostra mente è stata condizionata, per questo non riusciamo a cogliere la verità in modo immediato e non riusciamo a sentire la sofferenza che c'è nel mondo.
Ecco perché ci siamo smarriti... siamo sconnessi e insensibili... non usiamo la ragione per i giusti fini... non sappiamo neppure quali siano tali fini...
Ma queste sono tutte questioni di ordine spirituale, non di ordine materiale...
Qual è il punto dunque: non bisognerebbe essere né materialisti, né spiritualisti... le due polarità andrebbero armonizzate!
Osho Rajneesh disse, in un suo celebre discorso: «L’Oriente è introverso, l’Occidente è estroverso. L’uomo è scisso, la mente è schizofrenica.
L’Occidente ha sviluppato la scienza e ha dimenticato completamente l’anima: è interessato alla materia, ma ha lasciato cadere nell’oblio la soggettività interiore. È focalizzato completamente sull’oggetto.
L’Oriente ha maturato troppo interesse per l’anima, ma ha dimenticato l’oggetto, la materia, il mondo.
Ecco perché tutti i grandi Maestri provengono dall’Oriente e tutti i grandi scienziati provengono dall’Occidente.
Ma questa non è una situazione ottimale: non dovrebbe essere così. L’uomo dovrebbe diventare un’unità».
In estrema sintesi, bisognerebbe far venire alla luce un'umanità che sappia agire nella materia ed abbia conseguito un'autentica realizzazione spirituale.
Qual è il destino dell'umanità?
Abbiamo così posto le condizione teoriche per andare a modificare il nostro destino e quello dell'umanità... che cosa accadrà nei prossimi decenni?
Voglio presentarvi brevemente due scenari situati uno all'estremo opposto dell'altro nell'infinito campo delle possibilità:
- il destino ideato e programmato dai dominatori, vale a dire una sorta di neo-capitalismo basato su di una società del controllo (il cosiddetto capitalismo della sorveglianza);
- il destino che può essere realizzato da un'umanità consapevole che, nei miei saggi, ho definito Utopia Razionale.
Nel primo scenario, verrà introdotta una identità digitale per far funzionare un sistema di sorveglianza molto sofisticato che si avvarrà di telecamere a riconoscimento facciale, analisi degli smartphone e così via, al fine di implementare un meccanismo di credito sociale come quello che è già in vigore in alcune parti della Cina.
Successivamente verrà abolito il contante e in questo modo l'intera umanità sarà schiavizzata ancor più di quanto non lo sia già oggi, a suon di divieti, ordini e ricatti.
Nel secondo scenario, una nuova umanità realizzerà un mondo senza denaro, banchieri, politici, religioni, confini, razze e altre idiozie varie... come?
Creando una rete di comunità locali in un'ottica di sinergia, collaborazione e condivisione, in cui ciascun membro della società porrà il proprio talento al servizio del bene comune, bilanciando doveri sociali e tempo libero ed agendo nel rispetto della natura e degli animali.
Conclusione
Quale di questi due scenari si realizzerà? Io non lo so, perché il futuro è aperto... tutto dipenderà da noi, da ciò che farà l'umanità, da quante persone riusciranno ad acquisire un'autentica consapevolezza e avranno il coraggio e la forza di agire nel mondo, per cambiarlo.
So però, con assoluta certezza, che ogni società ingiusta ha già posto in essere la causa del suo declino.
So che se una comunità di esseri umani svegli, consapevoli, volenterosi e coraggiosi condivide la medesima visione, allora può realizzare qualunque forma di società desideri, anche quella che in molti liquiderebbero superficialmente come una bellissima utopia.
So che se gli esseri umani cooperassero in vista del bene comune, il bene si diffonderebbe sulla terra.
So che la verità vince sulla menzogna... che l'amore ha il potere di guarire l'intera umanità... e che la luce allontana e sconfigge l'oscurità.
So anche che noi abbiamo un imperativo morale: quello di unirci con tutti quelli che hanno compreso i grandi inganni della nostra epoca, per costruire una nuova società.
Mirco Mariucci
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