Tratto dal saggio L'illusione della libertà, bestseller di Amazon nella categoria sociologia. Disponibile anche in download gratuito al seguente indirizzo.
L'attuale modello di sviluppo è sostenibile? Direi proprio di no.
I principali indicatori di sostenibilità ambientale ci mostrano che stiamo vivendo al di sopra del limite fisico tollerato dalla Terra, quello entro il quale l'ecosistema potrebbe rigenerarsi, compensando l'impatto antropico.
La Terra già da tempo sta lanciando dei segnali importanti; lo scioglimento dei ghiacciai, le manifestazioni meteorologiche sempre più violente e la moria di alcune specie di insetti, rappresentano solamente alcuni dei marcatori fondamentali del mutamento dell'ecosistema che stiamo follemente ignorando.
Eppure non si tratta della salute della Terra, no! La Terra non è in pericolo, come affermano i più distratti.
La Terra ha resistito per miliardi di anni a potenti collisioni con meteoriti, a devastanti eruzioni vulcaniche e a violentissimi terremoti; ha superato incolume catastrofiche inondazioni, lunghe glaciazioni e l'impatto ambientale dei dinosauri.
La Terra se la caverà benissimo anche questa volta. Siamo noi invece a essere in grave pericolo a causa delle nostre azioni!
E siamo ancora noi, che continuando su questa strada, probabilmente non riusciremo a sopravvivere alle conseguenze della nostra stupidità.
Ora, in questo drammatico quadro generale, pur senza entrare in merito ai seppur innegabili e doverosi discorsi inerenti l'inquinamento o il surriscaldamento globale, che cosa consigliano i lungimiranti economisti di fama mondiale?
Di puntare ancor più sulla crescita. Una crescita del 2% su scala globale è quello che i capi di Stato hanno proclamato all'ultimo G20.
E c'è anche chi vorrebbe riprodurre il medesimo modello del "miracolo" economico nei paesi del Secondo e Terzo Mondo!
Forse stanno cercando di trovare il miglior modo di provocare il primo e ultimo suicidio collettivo della storia dell'umanità?
La possibilità di lauti profitti è troppo allettante per le menti dei capitalisti - di cui i politici non sono altro che dei tirapiedi - ma di questo passo il loro sogno egoistico e parassitario, fatto di sfruttamento indiscriminato di esseri umani e di risorse ambientali, non durerà ancora per molto. Perché?
Viviamo in un mondo dove 1/4 della popolazione mondiale attinge alle risorse dei 3/4 del pianeta per mantenere in essere i propri consumi. Ne consegue che per estendere il medesimo modello a tutta la popolazione mondiale servirebbero 3 pianeti.
Avete forse idea di dove trovarli?
Un tasso di crescita costante maggiore di zero si traduce inevitabilmente in una crescita esponenziale, che è descritta da una nota funzione matematica che ha il vizio di correre velocemente verso l'infinito.
Questo tipo di crescita, se applicata alla parte di produzione relativa ai beni materiali, si scontra inevitabilmente con i limiti del pianeta nel quale viviamo; se applicata ai servizi, si scontra con la limitatezza del tempo della vita.
Viviamo in un mondo finito dalle risorse finite, e in quanto esseri umani disponiamo di un tempo finito, per questo l'economia non può crescere all'infinito, per quanto alcuni desiderino ardentemente che ciò avvenga, a meno che la crescita non si riduca a un artificio matematico che faccia in modo che il PIL aumenti, nonostante beni e servizi non crescano quantitativamente.
Ma non è di certo ciò a cui si oppongono i decrescitisti, bensì a un aumento materiale, obbligato e forzoso, del numero di beni e servizi e dei relativi ritmi di consumo, scientemente indotto con apposite strategie, che si traduce in un aumento del PIL, ma anche in un maggior inquinamento ambientale, che significa insostenibilità ecologica; in un maggior lavoro umano, che implica un minor tempo per vivere la vita; ovvero in un complessivo decremento della felicità.
La crescita materiale dei beni richiede via via sempre più materie prime per produrre un numero di beni crescente, una richiesta che a un certo punto non potremmo più fisicamente soddisfare, a prescindere dalla brama di profitto dei capitalisti.
La crescita è certamente sostenibile nel breve termine, ma a lungo andare supererà necessariamente i limiti imposti dalla finitezza del pianeta, dalla disponibilità delle risorse e dai limiti che sanciscono la sostenibilità ambientale.
Un incremento della produzione di beni e servizi può avvenire, anzi, in molti casi è addirittura auspicabile che avvenga, ma bisogna capire che non può correre all'infinito, e che prima o poi dovrà approssimarsi asintoticamente verso il limite di sostenibilità globale.
Una volta raggiunto, tale limite non può essere superato troppo a lungo se non si vuole stravolgere l'ecosistema, rischiando così di mettere in dubbio la sopravvivenza della nostra specie.
A quel punto si dovrà agire in termini di aumento dell'efficienza, non d'incrementi di produzione quantitativa ma qualitativa.
Non un maggior numero di beni da consumare sempre più rapidamente, ma meno beni che durino più a lungo; non necessariamente uno o più beni per ogni essere umano ma, quando possibile e ragionevole, beni in comune come lavatrici e trasporti pubblici. E così via...
Lo sviluppo non può essere dettato dalle esigenze di profitto del libero mercato.
Perché dovremmo crescere forzosamente se quella crescita è dovuta alle guerre, a un aumento del consumo di combustibili fossili e quindi dell'inquinamento ambientale?
Che senso ha la crescita se per crescere uccidiamo altri esseri umani o peggioriamo la nostra salute?
La crescita non può essere "libera", ma deve essere indirizzata razionalmente verso il fine del benessere collettivo.
Ma soprattutto, come ci ricorda l'ex presidente dell'Uruguay José Mujica: «Lo sviluppo non può essere contrario alla felicità».
Per questo è necessario che l'economia non venga lasciata in balìa della brama di profitto dei capitalisti che agiscono in regime di libero mercato, ma come minimo dovrebbe essere regolamentata, se non totalmente pianificata.
Nel tempo dell'economia neoliberista, visti i disastri da essa generati, è ora di ricominciare a esprimere questo concetto fondamentale, che consiste nella regolamentazione e/o nella pianificazione dell'economia per il fine del benessere collettivo.
Perché rinunciare alla pianificazione e all'intervento in ambito economico, se poi queste condizioni di presunta libertà millantate dai neoliberisti, vanno a esclusivo vantaggio del capitale, portano a un aumento del divario sociale, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo o a un incremento dell'inquinamento e dell'insostenibilità ambientale?
Altro che libero mercato, è ora di dire basta al "laissez-faire", li abbiamo lasciati fare anche troppo, e ora l'intervento in economia si è dimostrato essere fortemente necessario.
Così come la crescita non può essere lasciata libera da vincoli che indirizzino le attività economiche verso il benessere collettivo, in modo duale anche la decrescita non può avvenire in condizioni di libero mercato.
Decrescere, oggi, nell'economia capitalistica, indurrebbe un fallimento eclatante di tutto il sistema, che significherebbe far morire di fame miliardi di persone. Per carità!
Ma questo non implica che non si possa decrescere senza peggiorare le condizioni di vita, o che non si debba decrescere.
Contrariamente a quello che il sistema ci induce a pensare, possiamo decrescere migliorando la qualità della vita degli esseri umani, ma è possibile farlo solo ripudiando l'ideologia del libero mercato e l'obiettivo del profitto, ricominciando a regolamentare e/o pianificare l'economia in modo opportuno.
Decrescere sostituendo gli oggetti scadenti con altri durevoli, diminuendo le ore di lavoro necessarie per produrli, pur riuscendo a garantire l'accesso a beni e servizi qualitativamente elevati a tutti, non significa stare peggio, significa migliorare la qualità della vita dell'intera umanità.
Ma tutto ciò non è possibile all'interno dell'odierna economia neoliberista, mentre sarebbe un'operazione banale in un'economia pianificata, o in una appositamente regolamentata.
Magari sarebbe il caso di riprendersi la sovranità monetaria data alle banche private così da implementare una politica monetaria decorosa.
E forse è giunta anche l'ora d'iniziare a rimettere in discussione l'uso del denaro e della sua utilità, chiedendoci: il denaro è veramente utile al raggiungimento del benessere degli esseri umani?
Se immaginiamo che la risposta sia positiva, come può essere impiegato a tal fine? Se invece riteniamo che la risposta sia negativa, come possiamo ripensare il nostro sistema economico eliminando l'utilizzo del denaro?
Bisogna capire che non ci può essere che decrescita infelice all'interno del capitalismo ma che, al tempo stesso, la decrescita può essere più che felice, regolamentando e/o pianificando l'economia in modo opportuno.
Questo concetto assurdo di crescere per crescere a lungo andare sfocia in un aumento della produzione e della velocità di consumo, e così ingabbia gli esseri umani in un sistema che li fa correre sempre più velocemente e non concede più neanche il tempo necessario per vivere appieno la vita.
A causa delle attuali dinamiche economiche, se lavori non vivi, perché il lavoro è totalizzante, mentre se non lavori non vivi lo stesso, perché sei afflitto dal pensiero di trovare un lavoro, o peggio, di finire a dormire per strada soffrendo il freddo e la fame.
Non alla pace, né alla libertà, non alla sostenibilità, né alla felicità, ma al profitto; ecco a cos'è finalizzato oggi l'inseguimento della crescita.
Ma in questo modo l'essere umano viene ridotto a un semplice ingranaggio intercambiabile da impiegare al servizio del sistema, che deve lavorare e consumare sempre più velocemente, o mettersi in disparte, qualora non fosse più utile o necessario.
E così l'umanità finisce con lo smarrire se stessa e il senso della vita, compromettendo perfino l'ambiente che gli consente di vivere.
Iper-producendo stiamo inducendo una falsa necessità di lavoro perché altrimenti il sistema economico attuale salterebbe in aria, quando tutto ciò è chiaramente inutile, dannoso ed evitabile.
Paradossalmente oggi la crescita è direttamente correlata con l'aumento dell'infelicità, dell'inquinamento ambientale, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della privazione di libertà.
Ma allora che senso ha far crescere l'economia se poi questa crescita non si traduce in un maggior tempo libero, in un minor inquinamento ambientale o in un qualche incremento di felicità?
Cresciamo per salvare l'economia.
Siamo in balìa di un'inaudita follia suicida: pur di salvare l'economia stiamo distruggendo il pianeta e siamo persino disposti a sacrificare salute, libertà e felicità, oltre alle condizioni di vita delle generazioni che verranno.
Eppure per risolvere il problema basterebbe intervenire sull'economia effettuando un cambio di paradigma, iniziando a produrre ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno con la massima efficienza guardando al fine del benessere collettivo e non più ciò di cui necessita un sistema folle, guidato da individui egoisti, miopi e parassitari, assetati di profitto.
Chissà quando diverremo sufficientemente evoluti da anteporre il benessere di tutti gli esseri viventi al profitto di alcuni;
ma soprattutto, chi avrà il coraggio di spiegare alle future generazioni che ciò che è stato fatto in passato è avvenuto per il bene dell'economia e non per quello degli esseri umani?
Mirco Mariucci
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Qualcosa, anche se non proprio tutto, ci unisce...
RispondiEliminahttp://doppiovubi.blogspot.it/2016/10/gradisce-unaltra-fettina-di-torta.html
e post precedenti e successivi, anche se non sono così logico-deduttivo.
Complimenti. Un caro saluto.