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sabato 17 febbraio 2018

Quale futuro per un'umanità dormiente che rischia l'estinzione?


A volte sono persuaso dall'idea che politici ed economisti stiano spendendo tutte le loro energie per inscenare il primo, e forse ultimo, tentativo di suicidio collettivo dell'umanità. 

Ma forse c'è un'altra spiegazione per la scelleratezza delle odierne politiche economiche.

Gli esseri umani popolano un pianeta di dimensioni finite, con una disponibilità di risorse limitata. 

L'impatto antropico dovuto alle loro attività è così elevato da spingere oltre 15.000 scienziati a firmare un accorato appello nel quale s'invita l'umanità ad invertire la rotta, prima che sia troppo tardi. Ma come se niente fosse, gli “esperti” esultano perché per il 2018 si prevede una crescita del PIL mondiale pari al 4%. 

Io sinceramente mi chiedo che cosa ci sia da festeggiare. 

La temperatura globale aumenta, gli animali si stanno estinguendo, l’inquinamento peggiora e con esso aumenta l’incidenza delle malattie, nel mentre, gli economisti celebrano la crescita dell’economia, pur sapendo che ciò comporterà un maggior inquinamento, un ulteriore incremento delle malattie ed una minore sostenibilità. 

Che si continui pure a correre sempre più veloci proseguendo su questa strada, ma prima o poi ci si scontrerà con le conseguenze della propria stupidità. E l'impatto sarà violento, perché si dovranno pagare gli effetti cumulati in anni ed anni di abusi ecologici.

Affinché questo scenario non si verifichi, ho deciso di dare un piccolo contributo, cercando di guardare al futuro di un'umanità di dormienti che sembrerebbe preferire l'estinzione al risveglio. 

A tal fine, analizzerò in modo qualitativo cosa potrebbe accadere qualora gli Stati continuassero testardamente a far crescere le loro economie, ignorando la finitezza della Terra.

La necessità di un cambio di paradigma

Nel 2017 l'Earth Overshoot Day, vale a dire il giorno nel quale l'umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell'anno corrente, è caduto il 2 agosto.

Il trend storico è in peggioramento sin dal 1970, ultima data in cui le attività umane impiegavano un minor quantitativo di risorse rispetto a quelle prodotte dalla Terra nell’anno di riferimento.

Attualmente, l'umanità consuma risorse che richiedono 1,7 volte la capacità rigenerativa annuale della Terra ma, ad oggi, dispone di un solo pianeta abitabile. L'ecosistema mostra i primi segnali premonitori di un probabile collasso. 

Ciò nonostante, le nazioni del primo mondo inseguono la crescita per non far fallire le rispettive economie, mentre i Paesi emergenti fanno registrare tassi di crescita da record, perché i capitalisti si sono messi in testa di voler replicare anche i quei luoghi i medesimi modelli di sviluppo dei Paesi "avanzati", così da realizzare dei lauti profitti.

Ciò è letteralmente impossibile che avvenga, perché un simile scenario richiederebbe le risorse di 4 o 5 pianeti per essere messo in atto. S'intuisce che la finitezza delle risorse, combinata alla volontà di far crescere le economie, condurrà a delle eclatanti criticità.

Può darsi che in futuro verrà ingaggiata una grande guerra per accaparrarsi le risorse necessarie ad alimentare la crescita di una certa nazione a discapito delle altre o magari i cosiddetti potenti troveranno un modo per sterminare una larga fetta di popolazione, così da diminuire l'impatto antropico e continuare a sostenere il modello capitalistico, senza però compromettere definitivamente l'ecosistema.

Si aprono così numerosi scenari, alcuni dei quali sono dettati dalla consapevolezza, dall'intelligenza, dall'amore e dalla volontà, altri invece dall'incoscienza, dall'ignoranza, dalla violenza e dall'obbligo.

Quale tra essi si presenterà, è difficile a dirsi. E non è da escludersi il verificarsi di una loro commistione. 

A mio avviso, la miglior soluzione per i problemi socio-economici ed ecologici dell'umanità, la più sensata, ragionevole e razionale, ma anche quella che quasi certamente non sarà applicata, è basata su di una volontaria decrescita delle economie "sovrasviluppate" e sull'adozione da parte dei Paesi "sottosviluppati" di un nuovo modello economico che sia orientato all'efficienza ed alla sostenibilità.

Mi spiego meglio. Chiunque riesce a comprendere che se i limiti che sanciscono la sostenibilità ambientale sono stati superati, la prima cosa da fare sia di ridurre l'impatto delle attività antropiche, ripristinando così una situazione di equilibrio. 

È infatti del tutto evidente l’importanza e l’urgenza di questo obiettivo, eppure non c’è neanche un partito politico che abbia inserito nei suoi programmi una seria strategia per la decrescita economica, proponendo di passare, ad esempio, da una visione consumistica che massimizza le quantità ad una produzione qualitativa incentrata sulla condivisione.

Al contrario, tutti promettono più crescita e più lavoro, anche se la crescita non solo non è fisicamente sostenibile ma è addirittura dannosa e un ulteriore incremento di lavoro umano non serve a migliorare le condizioni di vita dell'umanità.

L'importante è che la produzione ed il lavoro aumentino, l'aspetto qualitativo di queste scelte viene del tutto ignorato.

Non so in quanti se ne siano resi conto, ma a me sembra che la principale occupazione degli esseri umani consista nel lavorare per rovinare la propria esistenza, sprecare risorse e distruggere il pianeta che gli consente di vivere.

Di questo genere di “lavoro” una specie di esseri intelligenti farebbe volentieri a meno. E invece no: i politici ne promettono addirittura di più, fino a raggiungere la piena occupazione, perché in questo modo “salveranno l'economia”.

Ma quale sarà il costo sociale di una simile miopia?

L’umanità non ha bisogno di un maggior quantitativo di lavoro ma soltanto di quel lavoro non dannoso che serva effettivamente a perseguire l’obiettivo del benessere collettivo. Tutto il resto andrebbe immediatamente eliminato.

La stessa cosa può essere detta per la crescita economica: l'economia deve crescere se, e soltanto se, quella crescita è subordinata all'effettivo miglioramento delle condizioni di vita degli esseri viventi, altrimenti è doveroso che la crescita non abbia luogo.

La crescita non può, e non deve, essere un obbligo, per rispettare il quale si deve addirittura esser disposti a sacrificare l'ecosistema e a schiavizzare se stessi mediante un lavoro artificioso, tanto inutile quanto dannoso.

Invece di abbandonare gli imperativi metafisici ed arbitrati di un modello economico pessimo, concependone ed adottandone un altro ad esso superiore, ci si prodiga per rispettare il presunto volere di un’entità astratta ed immaginaria concepita da alcuni individui ed imposta all’umanità, come se tutto ciò rappresentasse un vincolo reale ineludibile: questo è un classico esempio di ciò che può essere chiamato cretinismo economico.

Vi vogliono far credere che siccome l'odierna economia deve crescere per non fallire, allora non si può decrescere, nonostante si possa decrescere migliorando addirittura le condizioni di vita dell'umanità, e si debba decrescere, viste le eclatanti condizioni di inefficienza, inquinamento e iper-consumo dell'odierna società.

Basterebbe soltanto cambiare il modello economico, svincolando le attività dalle logiche del profitto. Ma chiaramente un simile passo non viene mai preso in considerazione da chi ha tutto l'interesse a mantenere immutato l'attuale ordine delle cose.

Eppure, una decrescita delle attività economiche pianificata in modo razionale è l'unica via per salvare l'umanità da tragedie ben più grandi, che quando si presenteranno faranno rimpiangere amaramente di non aver diminuito con intelligenza il livello di consumo e l'impatto ambientale quando ancora si era in tempo per farlo.

Già, perché i livelli di consumo diminuiranno, in un modo o nell'altro, potete starne certi, perché i comportamenti attuali non sono fisicamente sostenibili e i limiti fisici possono essere elusi soltanto nel mondo dell'immaginazione ma non in quello della realtà. 

Si possono concepire tutti i modelli economici metafisici che ci piacciono, anche quelli che per funzionare prevedono una crescita infinita, ma se tali modelli non tengono conto delle limitazioni fisiche del pianeta sul quale vengono applicati, prima o poi saranno condannati al fallimento.

È ancora lontano il tempo in cui gli scienziati riusciranno a comprendere più a fondo le leggi della fisica e potranno trasformare, a loro completo piacimento, la materia in energia e l’energia in materia, risolvendo così ogni genere di problematica relativa alla finitezza delle risorse ed all’impatto ambientale. E non è detto che una simile conquista avverrà.

Pertanto, c'è ben poco da fare i capricci: si tratta di scegliere con consapevolezza se diminuire in modo intelligente i consumi per consentire a tutti di vivere in modo dignitoso o se continuare con grande incoscienza sulla strada della crescita infinita e del consumismo. 

Una via, quest'ultima, che dopo aver compromesso l'ambiente e le condizioni di vita di tutti i viventi, condurrà le nuove generazioni verso scenari ancor più tetri.

Consapevolezza o incoscienza?

In questa fase storica, l'umanità è giunta a quello che si potrebbe definire come un bivio esistenziale di tipo spirituale. 

Ci sono due vie da intraprendere e conducono a futuri sostanzialmente diversi: la via della consapevolezza e la via dell'incoscienza.

La via della consapevolezza è quella che scaturisce in modo naturale da ogni mente sveglia e cosciente che ha compreso in modo profondo che l'essere umano è un tutt'uno, sia con la natura che lo circonda che con gli “altri” esseri viventi. 

L'essere risvegliato pensa: se tutti sono me e io sono gli altri, e noi tutti siamo anche la natura, e pure la natura è noi, fare del male agli “altri” significa fare del male anche a se stessi. 

Di conseguenza, il vero bene consiste nell'assicurare le migliori condizioni di vita possibili a tutti gli esseri viventi, nel rispetto della natura. Tutto è vivo e partecipa dell'esistenza, perfino la Terra. 

Il sentimento che dirige l'azione dei consapevoli è un sentimento d'amore. L'armonia con il Tutto è la vera felicità.

La Terra è grande e può assicurare un livello di vita dignitoso a tutti i suoi abitanti, ma tale livello non può crescere in modo indefinito perché è vincolato al mantenimento di un equilibrio fisico.  

Superare i limiti imposti dalla natura, significa fare del "male" alla Terra e di conseguenza, siccome tutto è Uno, significa anche danneggiare se stessi, ovvero l'umanità. 

Lo scopo delle attività economiche è il raggiungimento del benessere collettivo e l'unico modo per conseguire questo obiettivo consiste nella cooperazione sinergica in vista di un fine comune.

Agli antipodi di quanto appena esposto, si trova la via dell'incoscienza.

Disgraziatamente in troppi conoscono bene questa via, se non altro perché l'hanno sperimentata, direttamente o indirettamente, ed in molti la stanno ancora percorrendo, in particolar modo chi detiene il potere e dispone dei mezzi per condizionare l'esistenza dell'intera umanità.

Si tratta della via indicata dalla separazione, secondo la quale ogni cosa è un oggetto a sé stante indipendente da ciò che lo circonda.

Il sentimento che muove gli incoscienti è l'egoismo e la modalità d'azione che essi prediligono è la competizione.

L'incosciente pensa: siccome io sono io, e gli altri sono altro da me, io non ho legami con gli altri e non ne sono responsabile.

L'altro è visto come una cosa da sfruttare per migliorare le proprie condizioni di vita. 

Il medesimo trattamento è riservato agli animali ed alla Terra, che vengono considerati, non come degli esseri viventi, ma rispettivamente come degli oggetti ed un ammasso di risorse da sfruttare in modo indiscriminato.

Non c'è una meta comune per l'umanità, ma degli obiettivi individuali distorti da falsi valori e da un illusorio senso d'illimitatezza. 

Lo scopo dell'agire è il successo personale, che va di pari passo con: la notorietà, il possesso di oggetti e persone, il profitto, il potere, l'esercizio del controllo sociale.

L'incosciente crede che la felicità dipenda dal livello di ricchezza che è in grado di raggiungere: più si è ricchi e più si è felici, perché si possono avere più cose. In questo modo egli avrà, ma non sarà.

La sua esistenza si riduce a sacrificare se stesso per guadagnare denaro ed esercitare il potere nei confronti degli altri.

Dal suo punto di vista, ognuno deve lottare per accaparrarsi la fetta più grande della torta, perché il "successo" va conquistato e soltanto i meritevoli hanno diritto a vivere nel lusso.

Gli altri non esistono, a meno che non siano funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi economici. 

I livelli empatici sono bassi, se non assenti. Il dolore e la sofferenza altrui non sono un problema di cui preoccuparsi, neanche quando sono direttamente causati dalle proprie azioni.

L'incosciente pensa che se gli altri sono poveri e soffrono è perché, a sua differenza, se lo sono meritato; evidentemente non erano capaci o non si sono impegnati a fondo. 

Ma l'incosciente si sbaglia e nonostante il suo apparente successo paga direttamente le conseguenze della propria ignoranza sperimentando una tragedia esistenziale.

Egli ignora la negatività delle proprie azioni, perché sperimenta un sonno della mente così profondo da non essere neanche in grado di rendersene conto.

Ma il male che causa agli altri gli ritorna con gli interessi e rende la sua esistenza miserabile.

Più soffre e causa sofferenza agli altri, e più continua a credere di essersi impegnato troppo poco e continua testardamente a proseguire con tenacia sulla via dell'inconsapevolezza. 

È disposto a tutto, pur di evitare di risvegliarsi. E così s'adopera incessantemente per accresce il suo malessere e quello dell'umanità. 

Non a caso, la via dell'incoscienza è la via della separazione, della sofferenza, della distruzione, della guerra e della morte, mentre la via della consapevolezza è la via dell'unione, della gioia, della creazione, della pace e della vita.

Non puoi essere felice fintantoché ci sono altri esseri viventi che soffrono, non puoi vivere in salute se hai compromesso l'ambiente in cui vivi, non puoi essere sereno se con il tuo agire generi ostilità, perché le condizioni di ognuno si riflettono in quelle degli altri e quelle degli altri si riflettono in ciascuno di essi. 

L'infelicità altrui è anche la tua infelicità, la malattia della Terra è anche la tua malattia, il conflitto degli altri Paesi è anche il conflitto del tuo Paese, perché tutto è Uno.  

Se ne deduce che per imboccare il giusto sentiero, uno dei passi fondamentali da compiere consista nel ricominciare a rispettare la natura.

Chi, come e perché dovrebbe decrescere?

Se il sistema economico è divenuto troppo “grande” per essere compatibile con l’ecosistema, è necessario ridimensionarlo per raggiungere un equilibrio che assicuri la complessiva sostenibilità.

Una volta che si è compreso ciò, le domande fondamentali da porsi sono le seguenti: chi dovrebbe decrescere e soprattutto come? 

Non si può di certo pretendere di far attuare una decrescita ai Paesi in via di sviluppo. Sarebbe come voler togliere del cibo ad un affamato. 

Al contrario, in quei luoghi è doveroso che vi sia una crescita economica, ma non così come è stata intesa fino ad oggi: l'umanità ha bisogno di un nuovo tipo di sviluppo, se non vuole replicare gli errori commessi nel passato.

Si apre così un'ulteriore riflessione di fondamentale importanza. 

La prescrizione principale da rispettare è di evitare nella maniera più assoluta di riprodurre gli scellerati modelli di crescita e consumo dei Paesi del primo mondo, perché se così fosse, lo stesso sviluppo, invece di migliorare le generali condizioni di vita degli esseri umani, contribuirebbe ad accelerare gli scenari di declino della civiltà.

Si deve incominciare ad ammettere in modo chiaro, forte e limpido che la messa in atto di un sistema economico basato sulla produzione e sul consumo di beni superflui e di merci appositamente concepite per durare poco, utilizzando fonti energetiche inquinanti e non rinnovabili, danneggiando l'ambiente e sprecando lavoro, energia e risorse, è stato, ed è ancora, uno dei peggiori crimini compiuti dall'umanità contro l'umanità.

Guardate a cosa ha portato il falso benessere delle società basate sui consumi, e comprenderete la mia sentenza. Un simile scenario non può più essere tollerato e dev'essere in ogni modo scongiurato, perché altrimenti l'umanità sarà condannata.

Si devono abbandonare i vecchi schemi mentali che hanno condotto gli esseri umani fin qui, per procedere verso il futuro adottando una nuova concezione dell'economia.

Gli Stati che intendono svilupparsi dovrebbero farlo contenendo l'impatto ambientale, localizzando la produzione, favorendo fonti energetiche pulite e rinnovabili, minimizzando la produzione di oggetti, rifiuti e scorie, puntando sulla qualità, la durevolezza e l'utilizzo condiviso di beni e di servizi, impiegando ove possibile materiali riciclabili e bio-compatibili.

È però evidente che anche il miglior sviluppo porterebbe con sé un certo impatto ambientale, che purtroppo, data l'attuale impronta ecologica, l'ecosistema della Terra non sarebbe in grado di sopportare.

Ed è proprio a questo punto che dovrebbero intervenire i Paesi più sviluppati con delle sane politiche di decrescita, “sgonfiando” le loro economie ipertrofiche quel tanto che basta per ristabilire la sostenibilità ambientale e per creare le condizioni affinché la crescita possa aver luogo anche nei Paesi in via di sviluppo.

Questa soluzione avrebbe anche il grande pregio di risolvere i problemi sociali dovuti agli odierni flussi migratori, i quali, continuando con le attuali politiche economiche, in futuro, non potranno far altro che peggiorare.

Consumismo e migrazioni

Esistono diversi motivi che spingono gli individui ad emigrare, ma sono tutti sostanzialmente legati ad una qualche condizione di malessere esistenziale. Nessuno fuggirebbe dal proprio paese se ci fossero le condizioni per vivere in pace e prosperità.

Si emigra a causa della guerra, dei cambiamenti climatici e della povertà, ed ovviamente ci si dirige verso le nazioni più ricche, dove si spera di riuscire a costruire una vita migliore.

Ciò che i membri dei Paesi del primo mondo non riescono proprio a comprendere è che sono loro stessi la causa dei fenomeni migratori dei quali si vanno tanto lamentando. 

In realtà, quando si compra un oggetto tecnologico o si va in giro con le auto mosse da derivati del petrolio, si stanno alimentando il colonialismo, le guerre, l'inquinamento e la miseria, e quindi le migrazioni.

Anche se per molti è dura da ammettere, e ancor più da “digerire”, sono gli stili di vita dei Paesi del primo mondo che causano le guerre, le disgrazie altrui e i fenomeni migratori.

Il rimpatrio e la chiusura delle frontiere, tanto sbandierati da talune forze politiche, potranno tenere alla larga dalla vista dei ricchi le tragedie umane dovute al loro tenore di vita, ma non risolveranno il problema, da nessun punto di vista.

Se il consumismo non cesserà e si seguiterà ad utilizzare petrolio e derivati, nel mondo continueranno anche ad aver luogo delle guerre per impadronirsi con la forza delle risorse da impiegare per alimentare il sistema economico.

Anche chi promette di “aiutare i migranti a casa loro”, senza però proporre di ritirare gli eserciti e di evitare di consumare la quota di risorse che spetterebbe a quei Paesi per lasciarli sviluppare e prosperare in libertà, si sta limitando soltanto a fare della propaganda.

La vera soluzione per risolvere i problemi legati al fenomeno delle migrazioni, consiste nel cessare immediatamente ogni conflitto armato, nel redistribuire le risorse in modo tale che ogni Paese del mondo possa assicurare un'esistenza dignitosa ai propri abitanti e nel fare in modo che l'impronta ecologica complessiva si attesti su livelli di sostenibilità. 

E per farlo, le nazioni del primo mondo dovrebbero far decrescere le proprie economie, così che anche gli altri Paesi possano svilupparsi.

La decrescita felice

Fin dal suo concepimento, si è fatto un gran terrorismo a livello mediatico affinché la decrescita felice non fosse compresa dalle masse. E non è neanche difficile realizzare il come ed il perché ciò sia accaduto.

L'attuale sistema economico basato sul profitto, per sua natura, rifugge anche la più infima decrescita economica. 

Se il PIL decresce anche di un solo punto percentuale tutto il sistema entra in crisi, le aziende falliscono, manca il lavoro, le persone si impoveriscono e alcuni finiscono a dormire per strada. 

Pertanto, le persone quando sentono parlare di decrescita pensano solo ed esclusivamente a quel genere di scenario, ovvero alla recessione.

Ecco perché a livello mediatico la decrescita felice non funziona: da un punto di vista psicologico proporre alla massa di decrescere significa evocare i temibili scenari di una crisi economica. 

Ma non esiste un solo modo per decrescere. E di certo la decrescita felice non coincide con la recessione.

Un conto è decrescere perché l'economia entra in crisi e le aziende falliscono, un conto è decrescere in modo razionale, perché ad esempio s'incrementa l'efficienza del sistema e al contempo si redistribuisce la ricchezza, con il risultato (solo all'apparenza paradossale) che le persone dispongono degli stessi beni lavorando ed inquinando di meno. 

Ciò può essere fatto e comporta una diminuzione del PIL, pur aumentando la qualità della vita degli esseri umani, esattamente all’opposto rispetto a quanto vorrebbero farvi credere i sacerdoti della crescita infinita, secondo i quali decrescita significa sempre e solo peggiorare le condizioni di vita dell’umanità.

Così come c'è una crescita buona ed una cattiva, c'è anche una decrescita buona ed una cattiva. Si tratta d'implementare un nuovo sistema economico che escluda dal dominio delle possibilità i casi negativi e renda possibili quelli positivi, sia che si tratti di crescita che di decrescita. 

Non come accade oggi, dove, a causa dei vincoli economici, non si può decrescere perché si è costretti a crescere, e ogni genere di crescita è sempre ben vista, anche quando in realtà peggiora le condizioni di vita dell'umanità.  

Con le odierne logiche, se una politica incisiva, basata su di una sana e sostanziale decrescita, venisse messa realmente in atto, il sistema sarebbe condotto verso un totale fallimento. 

Questo però non significa che la decrescita debba essere necessariamente un male, significa che il sistema ha esibito in modo esplicito i suoi limiti e che se si vuole decrescere migliorando le condizioni di vita di tutti bisogna cambiare modello economico, perché le logiche che si stanno attualmente utilizzando sono inadeguate, in quanto non consentono di mettere in atto ciò che invece sarebbe auspicabile per l'umanità.

Decrescere in modo intelligente, infatti, non significa impoverire le persone, come si vorrebbe far intendere alle masse, significa ad esempio non sprecare le risorse e salvaguardare l'ambiente. 

Oggi invece lo spreco e l'inquinamento sono leciti, ben ammessi, se non addirittura scientemente ricercati, ogni qual volta consentono di generare un profitto: questo rappresenta un secondo eclatante esempio di cretinismo economico, tipico del capitalismo.

L'unico “problema” della decrescita risiede nella sua incompatibilità con il modello economico attuale, perché decrescere in modo razionale significa spezzare le logiche del profitto e ciò, a sua volta, significa porre fine a quel meccanismo che ha reso ricca e potente un'élite di parassiti e di criminali, che si è avvalsa dello sfruttamento indiscriminato di esseri umani, animali e risorse.

Alcuni pensatori hanno sostenuto che si possa decrescere pur agendo entro le regole dell'odierno sistema economico. Io invece ritengo che questa tesi non sia del tutto corretta. 

Perché se da un lato è vero che, nel breve periodo, sarebbe certamente possibile attuare qualche iniziativa volta alla decrescita, creando addirittura lavoro ed incrementando il PIL, dall'altro, nel medio-lungo termine, quelle medesime iniziative causerebbero disoccupazione e diminuzione del PIL, generando una crisi economica. 

Inoltre, voler decrescere all'interno dei vincoli dell'odierno sistema economico, significherebbe tagliar fuori dal dominio delle possibilità tutta un'ampia gamma d'iniziative utili all'umanità che sarebbero giudicate come "economicamente insostenibili", pur essendo fisicamente possibili. 

Per questo, in estrema sintesi, io ritengo che il capitalismo, e le sue logiche economiche basate sul profitto e sul mercato, siano fondamentalmente incompatibili con la decrescita felice, e che una seria politica decrescitista, per essere effettivamente implementata, abbia bisogno di un nuovo tipo di economia che infranga i limiti metafisici imposti dal mercato e consenta di mettere in atto tutto ciò che è effettivamente utile e necessario per soddisfare i bisogni dell'umanità e non più soltanto ciò che è ritenuto economicamente ammissibile all'interno di un sistema limitato dal vincolo del profitto.

Nel corso delle mie riflessioni, ho compreso con grande chiarezza che per portare a termine gli obiettivi della decrescita felice, la migliore strategia a disposizione dell’umanità consista in una totale pianificazione dell’economia, che abbia luogo mediante un nuovo sistema economico che sia intrinsecamente fondato sulla fisica delle risorse e non sulla metafisica del denaro.   

Ma come chiunque avrà già intuito, una simile visione del mondo è completamente incompatibile con l'odierna organizzazione sociale. 

Per questo chi detiene il potere cerca in ogni modo di far credere al maggior numero di persone che la decrescita sia dannosa e che lo scopo dei decrescitisti sia quello di far impoverire l'umanità. 

Niente di più falso: nella giusta ottica, decrescere significa rendere gli esseri umani più liberi e ricchi, ma di una forma superiore di ricchezza, che potremmo definire come la vera ricchezza umana. 

Non più la falsa ricchezza basata su di uno scellerato consumo di beni materiali, ma quella ricchezza che può scaturire soltanto da relazioni umane autentiche e sincere, non più subordinate alle logiche economiche, e da una gran quantità di tempo libero vissuto al riparo da costrizioni e povertà, da impiegare per ricercare ed esprimere il proprio vero essere.

Lo scopo dei decrescitisti non è togliere cose ai membri dei Paesi sviluppati, ma è fare in modo che i beni durino a lungo, così da non dover stupidamente produrre e riprodurre di continuo le medesime cose, danneggiando l'ambiente e lavorando inutilmente in eccesso. 

I decrescitisti sostengono che sia più efficiente ed intelligente utilizzare i beni in comune, quando possibile e ragionevole, perché in questo modo si possono soddisfare i medesimi bisogni con un minor numero di oggetti, riducendo, di conseguenza, sia il lavoro superfluo che l'impatto ambientale.

Tutto all'opposto delle ricette proposte dai crescitisti, secondo i quali bisognerebbe dare a tutti la possibilità di consumare il maggior quantitativo di beni possibili, massimizzando così lavoro, spreco di risorse ed inquinamento. 

E tutto ciò andrebbe fatto perché "ce lo chiede l'economia", nonostante un simile obiettivo sia dannoso, inefficiente ed inessenziale e, per giunta, sottragga tempo prezioso alla vita di ciascuno, oltre a danneggiare l'ambiente: ecco a voi un altro eclatante esempio di cretinismo economico.

Spero che ora abbiate capito che la decrescita non è un male ma è una questione d'impiego intelligente delle risorse, dell'energia e del tempo di vita degli esseri umani.

La decrescita dei Paesi "ricchi" è una strategia per fare in modo che tutti abbiano l'essenziale per vivere in modo libero, felice e pacifico. Non toglie nulla di indispensabile a nessuno, ma dona a tutti la possibilità di esistere.  

Una condizione, quest'ultima, che è resa impossibile proprio dalla ricerca ad ogni costo di una crescita infinita, in forza della quale vengono sottratte risorse a chi invece ne avrebbe bisogno. Il capitalismo realizza profitto per pochi e danni per molti, invece che benessere per tutti. 

Pertanto, il terrorismo mediatico andrebbe giustamente propagandato contro le follie delle logiche capitalistiche, le quali per prime non consentono all’umanità d’impiegare in modo sensato e razionale le risorse ed il lavoro per conseguire l’obiettivo del benessere collettivo. 

Che cos'è preferibile: un mondo con un ambiente sano, in cui si vive in pace, salute ed armonia, perché tutti hanno il giusto e condividono il resto con gli altri, o un mondo con un ambiente fortemente compromesso, in cui si vive in guerra e con una salute precaria, perché si è voluto assicurare con la forza ad una minoranza d'individui la possibilità di consumare cose perlopiù inutili in modo illimitato, mentre la maggior parte delle persone sperimenta lo sfruttamento, la povertà e la fame?

È di questo che stiamo parlando: decrescere per consentire un diffuso benessere o continuare ad essere sordi alla sofferenza e alle necessità degli altri, pur di alimentare la megamacchina capitalistica messa in piedi ad esclusivo vantaggio di una esigua minoranza?

Il consumare in modo illimitato e scriteriato in vista del profitto, così come avviene nei Paesi del primo mondo, ha prodotto felicità? 

No, esattamente all'opposto, ha creato una diffusa infelicità per primi proprio tra i consumatori, senza dimenticare anche gli altri esseri umani, sfruttati e oppressi da un lato e costretti ad un sottosviluppo dall'altro, e tutto ciò per consentire ad una minoranza di uomini senza coscienza di poter iper-consumare per cercare di colmare invano i loro vuoti esistenziali causati proprio dai loro stili di vita e dai falsi valori capitalistici.

L'umanità ha da tempo oltrepassato ogni limite dettato dal buon senso: l'ipertrofia delle economie del primo mondo non è un fatto fortuito, è resa possibile dall'asservimento coatto di una parte dell'umanità nei confronti della volontà dei più forti. 

Prima si prenderà consapevolezza di questo fatto e meglio sarà per l'umanità. Basta osservare come vengono ripartire le risorse disponibili per comprendere l'enorme iniquità a cui ha dato luogo il capitalismo.

Come credete che sia possibile che il 20% della popolazione possa sfruttare l'80% delle risorse mondiali? 

Con l'utilizzo della forza e della violenza, che può essere esplicita, come nel caso della guerra fatta con le armi, o implicita, come nel caso delle "guerre" condotte con strumenti economici. 

In un mondo ragionevole, il 20% della popolazione sfrutterebbe il 20% delle risorse, e invece oggi non è affatto così.

Il motivo non è difficile da comprendere: pur ignorando le questioni ecologiche relative alla sostenibilità, non ci sarebbero comunque le risorse per soddisfare le pretese di un'economia consumistica, se questa venisse adottata da tutti gli abitanti del pianeta.

Ecco a cosa servono le guerre: a rubare agli altri la materia da impiegare per consumare iniquamente ciò che invece sarebbe spettato di diritto pro-quota anche al resto dell'umanità.

E allora, se il consumismo e la crescita dei Paesi del primo mondo non sono sostenibili, e laddove sono stati implementati non hanno prodotto felicità, se impediscono alle economie dei Paesi emergenti di svilupparsi, perché si dovrebbe continuare a riprodurre questo genere di modello economico?

Non è vero che non si può assicurare un livello di vita dignitoso a tutti gli esseri umani. Non si può fare in modo che tutti iper-consumino, così come hanno fatto gli abitanti dei Paesi del primo mondo, questo sì.

Ma se invece di sprecare risorse e lavoro si fosse realizzata una produzione qualitativa e si fossero condivisi i beni utilizzandoli in comune, con ciò che è già stato fabbricato, a quest'ora, si sarebbero potuti fornire beni e servizi essenziali a tutta l'umanità.

Il lavoro sarebbe diminuito drasticamente e le persone avrebbero potuto vivere la propria vita in libertà disponendo del necessario.

E invece i “geni” laureati in economia hanno preferito che i ricchi comprassero, gettassero e ricomprassero le stesse cose più e più volte, lasciando nella miseria la maggior parte della popolazione. 

Ed ora che tutte quelle merci, insieme alle emissioni e agli scarti dovuti alle loro lavorazioni, si trovano nella terra ad avvelenare il cibo, negli oceani ad inquinare l'acqua e nel cielo a rende l'aria irrespirabile, si comprendono gli strepitosi successi del capitalismo: l'umanità ha barattato la distruzione dell'ambiente, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e la povertà degli oppressi, con la possibilità di far arricchire qualche criminale e di far iper-consumare inutilmente ad una minoranza della popolazione mondiale merci concepite per finire in discarica il prima possibile, affinché la ruota del criceto continuasse a girare.

Ma ciò nonostante, le ricette di politica economica sono rimaste sostanzialmente invariate, perché la ruota del criceto deve continuare a girare, anche a costo di distruggere l'ecosistema e di sterminare tutti gli animali e la stessa umanità.

Ecco spiegato perché la decrescita dei Paesi del primo mondo, accompagnata dall'adozione di un nuovo modello di sviluppo maggiormente sostenibile, rappresenta la miglior strategia per salvare l'umanità da scenari futuri ben più temibili.

Io sono convinto che le nuove generazioni, costrette a sopravvivere miseramente in un mondo reso ostile dagli odierni modi di consumo, malediranno l'eclatante stupidità dei loro predecessori.

Capite bene che ai loro occhi cose come l'eliminare il consumo superfluo e il condividere alcuni oggetti, sembreranno questioni di poco conto, rispetto al veder morire milioni d'individui a causa del collasso dell'ecosistema, delle malattie o delle guerre effettuate per accaparrarsi le risorse disponibili. 

Perché se ancora non dovesse esser chiaro, è di questo che si sta parlando, quando si guarda ai danni che si stanno causando, oggi, compiendo delle scelte economiche scellerate, i cui effetti ricadranno sulle generazioni che verranno.

Ma a quel punto sarà troppo tardi, perché il momento di agire per cambiare il futuro è ora, non quando l'ambiente sarà oltremodo compromesso o quando una nuova grande guerra sarà combattuta.

Scenari alternativi

Ho già affermato che, a mio avviso, la strategia basata sulla decrescita e su una nuova forma di sviluppo non sarà attuata, pur rappresentando la migliore soluzione per risolvere i problemi della società.

Le motivazioni a supporto di questa mia convinzione sono diverse, ed alcune di esse sono già state anticipate. In sostanza, l'attuale livello di coscienza dell'umanità non è ancora sufficientemente elevato per compiere un simile passo.

Il sistema educativo e quello informativo concorrono a mantenere i popoli nel sonno della mente, mentre i membri delle élites intendono fare tutto il necessario per conservare il potere e la ricchezza acquisiti grazie all’attuale ordine delle cose.

Ecco perché ritengo che il sistema continuerà ancora a crescere per un po', contro ogni ragionamento logico-razionale, contro ogni evidenza empirica, contro natura e contro il buon senso, anche se tutto ciò condurrà l'umanità alla rovina.

In questa seconda parte della trattazione, assumerò che il modello economico non verrà modificato e cercherò di prevedere che cosa accadrà a questa disgraziata umanità.

Se l'intento è di continuare a crescere, ma si sono superati i limiti fisici dovuti alla finitezza del pianeta a tal punto da minacciare la propria sopravvivenza, è evidente che, prima o poi, anche i potenti cercheranno d'implementare una strategia per mettere una toppa a questa criticità.

Siccome abbiamo ipotizzato che il paradigma economico non verrà rimesso in discussione, bisognerà volgere lo sguardo altrove...

Riduzione della popolazione

Una prima soluzione che può venirci in mente, consiste in una riduzione della popolazione mondiale: meno individui, significa meno consumi e quindi una maggiore sostenibilità.

Data la situazione in cui versa l'ambiente, e visti i tempi che stringono, stiamo parlando di una rapida e drastica riduzione della popolazione, e non di una diminuzione lenta e controllata.

Questa semplice idea, però, spalanca le porte ad alcuni scenari a dir poco drammatici: non riesco a quantificare quanti individui bisognerebbe “eliminare” per rendere il sistema nuovamente sostenibile, ma certamente stiamo parlando di almeno 1, 2 o 3 miliardi di persone, o forse più.

Capite bene che un simile piano comporterebbe l'attuazione di un vero e proprio sterminio di massa, per forza di cose applicato con metodi illeciti, violenti ed assolutamente immorali, che causerebbero dolore, sofferenza ed ingiustizie indicibili.

Assai diverso sarebbe il caso di un controllo demografico della popolazione attuato su base volontaria. 

Ad esempio, le donne potrebbero accettare, per un certo lasso di tempo, di mettere al mondo un numero di figli inferiore al tasso di sostituzione della loro specie (stimato in circa 2,1 figli per donna) così da far diminuire la popolazione mondiale.

Questo metodo potrebbe essere attuato nel rispetto dell’etica, in particolare senza uccidere nessuno e senza causare sofferenza, ma avrebbe il “difetto” di essere “troppo” lento per risolvere di per sé il problema della sostenibilità, vista la situazione emergenziale in cui si trova l’umanità.

Una tale politica di controllo demografico, applicata in concomitanza ad una decrescita dell'economia, contribuirebbe senz'altro a rendere più rapida e semplice la risoluzione delle criticità che l'umanità si troverà ad affrontare in ambito socio-economico-ambientale. 

Ad esempio, l'adozione di un criterio razionale delle nascite potrebbe essere ragionevolmente utilizzato per stabilizzare la popolazione mondiale, perlomeno fin quando il conseguimento di un nuovo livello scientifico-tecnologico non rendesse possibile un incremento di efficienza tale da assicurare in modo sostenibile un'esistenza dignitosa ad un maggior numero d'individui.

Quello che è assolutamente certo, è che non si può pensare di continuare a far crescere sia l'economia che il numero degli abitati della Terra, perché in un mondo finito anche il miglior sistema economico concepibile, anche se fosse totalmente dedito all'efficienza ed alla minimizzazione dell'impatto ambientale, sarebbe per forza di cose messo in ginocchio da una continua crescita della popolazione.

Da qui segue la necessità di una complessiva pianificazione del numero delle nascite, in modo da assicurare la sostenibilità.

In un ipotetico sistema in perfetto equilibrio, si tratterebbe di aumentare la popolazione solo quando possibile, magari in seguito a nuove scoperte scientifico-tecnologiche, e di mantenerla stazionaria nelle altre situazioni.

Nulla di traumatico, come qualcuno potrebbe pensare, perché per quanto detto in precedenza, la condizione di stazionarietà della popolazione mondiale si ottiene richiedendo a tutte le donne di avere 2,1 figli in media.

La situazione attuale però è diversa: l'umanità ha già oltrepassato i limiti della sostenibilità ed inoltre abbiamo assunto che le logiche del sistema economico non verranno rimesse in discussione. 

Quindi, per ripristinare rapidamente la sostenibilità, agendo soltanto sull'aspetto demografico, si dovrebbe per forza di cose ridurre drasticamente la popolazione mondiale! 

Ora, qualunque individuo sano di mente scarterebbe immediatamente e senza neanche rifletterci su per più di un istante l'idea dello sterminio di massa, e cercherebbe d'implementare una politica di contenimento demografico condotta con metodi etici, democratici e volontari, pur sapendo già in partenza che di per sé essa non sarebbe totalmente efficace.

Ma invece i gruppi di potere hanno più e più volte dimostrato nel corso della Storia di essere incuranti delle condizioni delle masse e dell'altrui sofferenza, mettendo in atto genocidi di ogni genere, con la complicità d'individui totalmente privi di coscienza. E purtroppo, anche oggi esistono sia delle élites dominanti composte da psicopatici privi di empatia, che una massa d'individui senza coscienza al loro servizio. 

Per scongiurare il peggiore degli scenari, quello basato su di una sorta di soluzione finale, basterebbe che il livello di pensiero degli esseri umani si elevasse fino ad abbracciare la nonviolenza, ma purtroppo temo che ciò non avverrà.

Inoltre, la moderna tecnologia sta fornendo alle élites una nuova possibilità: quella di disporre di mezzi da guerra automatici, come droni e soldati robot, dotati d'intelligenza artificiale programmati da individui, anch'essi privi di coscienza, per obbedire ciecamente alla volontà di qualche pazzo criminale. 

Tutto ciò non è affatto rassicurante. Siccome la via dello sterminio della popolazione potrebbe risolvere rapidamente il problema della sostenibilità ambientale consentendo di mantenere in essere per un altro po' di tempo quel sistema che avvantaggia le élites, chi vi assicura che quando la situazione sarà prossima ad un punto di rottura queste ultime non sceglieranno di eliminare, ad esempio, qualche miliardo di poveri?

Nessuno. Anzi, dal punto di vista folle, scellerato e criminoso di chi oggi governa il mondo, questo genere di soluzione sarebbe certamente preferibile alla decrescita economica a parità di popolazione mondiale, perché così facendo la loro posizione sociale non solo non sarebbe alterata ma ne uscirebbe addirittura rafforzata.

Vorrei che fosse chiaro a tutti che da un eventuale sterminio di massa i potenti avrebbero soltanto da guadagnare, considerando anche il fatto che, grazie all'avvento delle automazioni, gli schiavi umani da utilizzare per produrre e fornire beni e servizi già non servono più come in passato ed in futuro serviranno ancor meno. 

Chi terrà a bada le nuove masse di disoccupati tecnologici socialmente “inutili” al modello economico capitalistico? 

Se gli schiavi non servono più, le élites li vedranno soltanto come un grande problema da gestire e quindi tanto meglio procedere con la loro eliminazione.

Con la strategia dello sterminio, le élites risolverebbero in un sol colpo sia il problema della sostenibilità ambientale che quello dovuto ad una massa di esseri umani disoccupati che, per forza di cose, pretenderebbe (giustamente) di veder migliorare la loro condizione di vita redistribuendo la ricchezza dovuta all'accrescimento della produttività legata all'avvento delle automazioni.

E magari proprio quelle masse riuscirebbero a comprendere che se i mezzi di produzione fossero pubblici, invece che privati, potrebbero essere impiegati per il vantaggio di tutti, invece che per quello di un piccolo gruppo di parassiti. 

Non sia mai: un simile scenario è assolutamente da evitare, dal punto di vista del Potere. Meglio sterminare i poveri, le persone economicamente inutili”, i rivoltosi, chi comprende l'ordine delle cose... e così via.

Capite quindi che, da un certo punto di vista, ovvero quello delle élites, questo genere di argomentazioni sono del tutto razionali, pur nella loro insana follia, e sarebbe oltremodo ingenuo non prenderle in seria considerazione.

Conflitti mondiali

La scienza oggi mette a disposizione delle élites tante modalità per ridurre la popolazione. Ad esempio, si può creare appositamente una pandemia, oppure si possono sterilizzare a loro insaputa i soggetti che non s'intende far riprodurre, ma da un punto di vista storico uno dei mezzi più utilizzati per uccidere esseri umani è senz'altro la guerra. 

Morte, distruzione e redistribuzione dei rapporti di forze, e quindi della disponibilità delle risorse, sono le tipiche conseguenze dei conflitti armati. Per quanto possa sembrare assurdo, ancora una volta tutte queste conseguenze sono positive dal punto di vista del Potere. 

I “vantaggi” derivanti dalla diminuzione della popolazione sono già stati discussi. 

La distruzione, invece, può essere vista come un'ottima strategia per azzerare e rimettere in moto il sistema economico, aprendo così enormi opportunità di profitto, perché una volta terminato il conflitto, le popolazioni devono ricostruire e ricomprare praticamente tutto quello che avevano già.

Inoltre, i vincitori dei conflitti acquisiscono il controllo del territorio conquistato e, di conseguenza, possono scegliere come impiegare le nuove risorse resesi disponibili.

Quest'ultima evenienza ci fa comprendere il perché, qualora nessuna nazione fosse disposta a rinunciare di far crescere la propria economia, lo scenario di una grande guerra sarebbe altamente probabile.

È infatti oltremodo evidente che, in un mondo finito nel quale sono già stati ampiamente superati i limiti della sostenibilità, l'unico modo che si ha per continuare a far crescere la propria economia consista nel sottrarre agli altri la possibilità di fare altrettanto. 

Del resto, per alimentare la crescita in modo indefinito servono risorse in quantità illimitate, ma le risorse sono finite e quindi, prima o poi, non saranno più sufficienti per assecondare la volontà di tutti. 

Immaginiamo, per un istante, di vivere in un mondo ideale dove le risorse disponibili sono state equamente suddivise tra i vari Paesi del mondo in ragione della loro popolosità.   

Se un Paese volesse continuare ad accrescere la sua economia, oltre i limiti consentiti da un’equa distribuzione delle risorse, dovrebbe fare in modo che altri Paesi non sfruttassero una parte della loro quota di risorse, appropriandosene.

Ma sottrarre ad altri parte delle loro risorse, significherebbe condannare il loro sistema economico ad un sottosviluppo, con conseguenze negative per le popolazioni di quei territori. 

È quindi ragionevole supporre che le popolazioni di quei luoghi si opporrebbero duramente ad un simile scenario.

Se i governanti del primo Paese intendono perseguire la crescita della propria economia ad ogni costo, pur non disponendo delle risorse per farlo, ecco che la guerra diviene il miglior strumento per conseguire i propri fini, ovvero per imporre agli altri con la forza la propria volontà.

Dinamiche del tutto simili sono valide anche per il discorso relativo alla sostenibilità ambientale.

Infatti, partendo da un mondo ideale dedito all'efficienza il cui sistema socio-economico è in perfetto equilibrio con l'ecosistema perché ogni Paese ha un'impronta ecologica esattamente pari all'unità, l'unico modo che si avrebbe per evitare di superare il complessivo livello di sostenibilità volendo consentire ad un Paese d'incrementare il proprio impatto ambientale, consisterebbe nel far sì che altri Stati fossero così virtuosi da ridurre la propria impronta ecologica portandola sotto l'unità, in modo da compensare gli eccessi di quel Paese.

Ma per quale motivo i popoli di alcuni Stati dovrebbero sacrificarsi per compensare le inefficienze ed il sovraconsumo degli altri Paesi?

Anche in tal caso, è evidente che se il Paese indisciplinato volesse comunque sforare i parametri troverebbe l'opposizione degli altri Stati e, per perseguire il suo obiettivo, dovrebbe imporre la propria volontà agli altri con l'uso della forza.

Si comprende quindi la stretta analogia tra gli scenari della gestione delle risorse e quelli relativi al controllo dell'impronta ecologica dei vai Paesi del mondo. 

Ciò significa che anche la questione ecologica potrebbe essere utilizzata come un pretesto per imporre il proprio dominio sugli altri, scatenando e giustificando una guerra.

Ovviamente, l'odierna situazione reale è assai più complicata ma le dinamiche di base possono essere ricondotte a quanto è stato esposto. 

Ci sono Paesi sovrasviluppati che hanno potuto diventare tali sottraendo risorse ad altri, e ci sono Paesi in via di sviluppo che vorrebbero crescere ma per farlo avrebbero bisogno di appropriarsi di maggiori risorse di cui però non dispongono.

Alcuni Stati hanno indici d'impronta ecologica a dir poco scandalosi, e non si pongono neanche il problema di ridurre il loro impatto ambientale continuando invece a parlare di crescita, mentre altri hanno un impatto ambientale bassissimo, ma non perché siano rispettosi dell'ambiente o perché non intendano crescere, piuttosto a causa del loro sottosviluppo economico forzoso.

Nel complesso, chi per un motivo, chi per un altro, chi a ragione, chi a torto, tutti gli Stati vorrebbero far sviluppare le proprie economie, dimenticando che, così come è concepita oggi, la crescita economica porta con sé un incremento dell'impatto ambientale e del quantitativo di risorse da utilizzare; il tutto in un ecosistema sempre più compromesso ed in un mondo dalle risorse finite.

Ed ecco che le volontà delle nazioni entrano in contrasto tra loro. E non appena i potenti si renderanno conto che per salvare la loro pelle dovranno iniziare a salvaguardare seriamente l'ambiente, ai loro occhi la guerra apparirà come un'ottima soluzione.

Infatti, la guerra non consentirebbe solo all'una o all'altra fazione di accaparrarsi le risorse utili per i propri obiettivi di crescita economica, ma imporrebbe anche agli altri una brutale decrescita, sia della popolazione che dell'economia, a tutto vantaggio della sostenibilità ambientale.

In questo modo, non solo la guerra rappresenterebbe un'eclatante fonte di profitto, ma consentirebbe anche alle élites di mantenere in essere l'odierno sistema socio-economico, e con esso il loro status sociale.

Collasso ecologico

Veniamo quindi all'ultimo punto della nostra analisi, quello relativo al collasso dell'ecosistema. 

Quando si parla di “collasso” alcuni pensano che un giorno avverrà una sorta di crollo improvviso, come in una slavina.  

In verità, la dinamica dell'ecosistema è così complessa che nessuno è in grado di prevedere con esattezza se, come e quando il collasso avverrà.

I teorici del crollo sostengono che, siccome l'ecosistema è regolato da fenomeni non-lineari, una volta che si sia raggiunta e superata una certa soglia di criticità, le dinamiche potrebbero cambiare in modo drastico, concretizzando in tempi rapidi degli effetti devastanti per la sopravvivenza dell'umanità. 

In realtà, non è detto che ci sarà un “crollo”. Può darsi che gli effetti siano progressivi e graduali, ma questo non significa che le conseguenze non sarebbero altrettanto letali. 

Non so se conoscete il principio della rana bollita...

Una rana nuota tranquilla in un pentolone colmo d'acqua fredda. Qualcuno accende un fuoco al di sotto di essa, ma la fiamma brucia lentamente. 

Dopo un po' l'acqua è tiepida e la rana continua a nuotare in tutta tranquillità, provando addirittura piacere. 

Piano piano, l'acqua continua a scaldarsi e ad evaporare. Ora, la temperatura è di poco superiore a quanto la rana avrebbe desiderato. Tuttavia l'animaletto continua a nuotare. Si stanca un po', ma non s'allarma. 

Ora l'acqua è davvero troppo calda, tanto che la rana inizia ad agitarsi per uscire: il bordo della pentola, però, è troppo in alto per consentirle di fuggire, perché nel frattempo, a causa dell'evaporazione, il livello dell'acqua è diminuito. 

La rana finisce le energie e la temperatura continua a salire, fin quando l'animaletto muore bollito. 

Questa storia chiarisce in modo intuitivo la pericolosità di una successione di piccoli cambiamenti (ambientali) lenti ed inesorabili. 

Se la rana fosse caduta in un pentolone contenente acqua a 50 gradi centigradi, avrebbe reagito immediatamente e si sarebbe salvata con un gran balzo, invece, la gradualità ed il progressivo adattamento l'hanno condotta alla morte. 

La morale che si può evincere da questa storia, è che bolliti o meno, a causa dell'inquinamento e del riscaldamento globale, se gli esseri umani non daranno una drastica sterzata alla direzione che hanno intrapreso, rischieranno di causare la loro stessa estinzione, perché magari, quando si renderanno veramente conto della gravità della situazione, le soluzioni a loro disposizione non saranno sufficienti per risolvere in modo efficace i problemi esistenti. 

Probabilmente qualcuno sopravviverà alla catastrofe e dalle ceneri di questa (in)civiltà rinascerà una Nuova Umanità, ma onestamente preferirei di gran lunga che gli esseri umani si risvegliassero in tempo per scongiurare un simile scenario.

Tralasciando i discorsi legati all'inquinamento, per colpa del quale muoiono già oggi, ogni anno, diversi milioni d'individui, i soli effetti del riscaldamento globale, se non opportunamente contrastati, saranno di per sé sufficienti a mettere in ginocchio l'umanità.

Ci sarà o no un motivo se il WWF arriva ad annunciare testualmente che «L’uomo sta distruggendo la vita sul pianeta»

Io non riesco a comprendere come sia possibile che dopo simili dichiarazioni, invece di fermarsi, acquisire consapevolezza e cambiare i propri comportamenti, la specie umana continui imperterrita, come se niente fosse, a fare esattamente quello che l'ha condotta a questa situazione, quando addirittura non s'impegni per incrementare le attività nocive!

Sono ben noti i disastrosi effetti legati al consumo di fonti fossili, eppure stando a quanto dichiarato dalla banca d’affari americana Morgan Stanley, la domanda mondiale di petrolio nei prossimi anni è destinata a crescere con tassi ben maggiori rispetto ai trend storici. 

E come ciliegina sulla torta dell'insostenibilità, nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà la quota di 9-10 miliardi d'individui, a seconda delle stime.

Questo, a mio avviso, significa essere completamente privi d'intelligenza: gli esseri umani sono una forma di vita, e se è vero che l'umanità sta distruggendo la vita, significa che essa rischia di distruggere perfino se stessa.

Alcuni ritengono che gli umani saranno gli ultimi tra i grandi animali a perire, perché essi hanno dimostrato di avere delle elevate capacità di adattamento, grazie alla peculiare capacità di sviluppare tecnologia. 

Ma non bisogna dimenticare che, per ironia della sorte, è stato proprio un impiego scriteriato della tecnologia che ha contribuito a causare i problemi dell'umanità. 

In verità, non c'è da stupirsi: per utilizzare in modo saggio le potenzialità della tecnologia, servirebbe un livello di coscienza estremamente elevato, una caratteristica che gli esseri umani hanno inequivocabilmente dimostrato di non possedere.  

Ciò nonostante, in molti ripongono la loro fiducia rispetto alla “salvezza” dell'umanità dai disastri da essa stessa causati, proprio nelle soluzioni che arriveranno dalla scienza.

Il punto cruciale da chiarire è cosa s'intende per “soluzioni”: un conto è vivere in un pianeta verde ed incontaminato ed un altro è sopravvivere, grazie alla tecnologia, in un mondo reso ostile ed inospitale.

Si ritorna sempre alla solita questione fondamentale ampiamente ignorata: le soluzioni proposte affrontano le cause del problema, oppure si limitano soltanto ad alleviare i sintomi?

I rimedi tecnologici che non agiscono sulle cause, mascherano gli effetti ma non risolvono il problema, alimentando così la pericolosa convinzione che si possa andare avanti esattamente come è stato fatto finora, perché tanto anche in futuro ci sarà sempre una qualche soluzione tecnologica che salverà l'umanità, quando in realtà non è affatto detto che sia così.

Ed ecco che l'umanità ignora gli effetti del riscaldamento globale perché è intimamente convinta che, prima o poi, arriverà qualche salvatore che rimetterà tutto a posto, senza che nessuno modifichi il proprio stile di vita, neanche di una virgola.

Io credo che non ci sia un atteggiamento più infantile ed irresponsabile: agendo in questo modo, l'umanità correrà il serio rischio di fare la fine della rana bollita. 

Eppure, questo genere di false soluzioni, sono proprio quelle preferite dal Potere. 

Il motivo è evidente: incidentalmente, le vere soluzioni cozzano con gli obiettivi delle élites, mentre il limitarsi a trattare i sintomi consente all'odierno sistema socio-economico di mantenersi in essere esattamente uguale a se stesso nelle sue dinamiche di base ancora per un po' di tempo. 

Non stupisce affatto che il direttore della CIA John O. Brennan abbia dichiarato ufficialmente che la geoingegneria potrebbe aiutare ad invertire il riscaldamento globale. Cito testualmente, ma rimando alle fonti riportate nelle note per verificare di persona quanto dichiarato: 

«Un’idea che mi ha personalmente attratto è l’iniezione di aerosol nella stratosfera, la cosiddetta SAI (Stratospheric Aerosol Injection, ndr). Si tratta d'inseminare la stratosfera di particelle che possono aiutare a riflettere il calore del Sole, così come fanno, più o meno, le eruzioni vulcaniche. Un progetto SAI potrebbe limitare l’aumento della temperatura globale, riducendo alcuni rischi connessi con le temperature più elevate, e fornendo all'economia mondiale ulteriore tempo per la transizione dai combustibili fossili. Questo processo è anche relativamente poco costoso. Il National Research Council stima che un programma SAI pienamente operativo costerebbe circa 10 miliardi di dollari all’anno».

In parole povere, invece di risolvere il problema causato dalle fonti fossili accelerando il passaggio alle fonti pulite e rinnovabili, minimizzando i consumi e cambiando alimentazione, secondo la CIA bisognerebbe implementare un programma di geoingegneria del tutto simile a quello denunciato dai teorici del complotto delle scie chimiche, rischiando così d'inquinare l'aria con delle non ben precisate “particelle” riflettenti e di squilibrare le naturali e assai complesse dinamiche dell'ecosistema. 

Questo è un ottimo esempio di come avvalendosi delle “geniali” trovate della (falsa) scienza, si finge di risolvere un problema causandone addirittura degli altri, pur di difendere gli interessi di alcuni gruppi di potere. 

Capite quindi che i potenti sono disposti a tutto pur di continuare a mantenere in essere l'attuale sistema, perfino irrorare i cieli di tutto il mondo con delle sostanze chimiche potenzialmente dannose.

Bisogna tenere sempre in considerazione che il Potere non favorirà mai l’attuazione di quelle soluzioni che, per qual si voglia ragione, non siano compatibili con i loro interessi. E per quanto fin qui sostenuto, purtroppo, ciò esclude dal dominio delle possibilità anche le vere soluzioni ai problemi della società.

Conclusioni

È assai arduo trarre delle conclusioni dopo una simile analisi, pur con tutte le sue inevitabili semplificazioni. 

In questo periodo della mia esistenza, a causa di quanto ho potuto direttamente osservare, sono assai sfiduciato rispetto all'eventualità di un generale risveglio delle coscienze.

Il tempo in cui i popoli della terra intraprenderanno la via della consapevolezza illuminando il mondo intero con un radioso sentimento d'amore, è ancora di là da venire. 

Pertanto, mi sento di escludere una soluzione collettiva che muova volontariamente dal basso, nonostante io sia intimamente convinto che questo scenario rappresenti il migliore tra quelli possibili. 

Temo che le dinamiche sociali saranno ancora una volta gestite dall'alto e che i comportamenti delle folle saranno eterodiretti a suon di ricatti economici, condizionamenti mentali e con l'ausilio della forza, quando necessario.

Di certo, l'attuazione delle vere soluzioni sarà rimandata, causando un generale peggioramento sia delle complessive condizioni socio-economiche che di quelle ambientali. 

Probabilmente, si verificherà una mescolanza degli scenari fin qui illustrati. 

Le nazioni vorranno far crescere le rispettive economie ed i loro interessi entreranno in forte contrasto. La popolazione aumenterà. Nel mentre, l'impronta ecologica peggiorerà e alcune risorse cominceranno a scarseggiare.

Anche l'inquinamento peggiorerà, di pari passo con le condizioni di salute psico-fisica della popolazione. I ghiacciai si scioglieranno, i livelli dei mari si innalzeranno, gli oceani si acidificheranno.

L'aria, l'acqua e la terra si contamineranno ancor più di quanto non lo siano già, avvelenando il nutrimento di tutti i viventi. Molte specie di animali si estingueranno. 

La scarsità idrica sarà un serio problema da risolvere. Ci saranno grandi migrazioni, a causa delle guerre, della povertà e degli effetti dovuti ai cambiamenti climatici. 

Il lavoro sarà sempre più automatizzato e la ricchezza si concentrerà, perché la tecnologia non sarà impiegata nell'interesse generale.

In molti rimarranno disoccupati e un'ampia fetta di popolazione sperimenterà la miseria più nera lavorando in modo saltuario e precario. 

La criminalità aumenterà, di pari passo con il peggioramento delle condizioni sociali.

Per mantenere l'ordine sociale, in tutta la sua distopica follia, il Potere metterà in atto un meccanismo di controllo totale nei confronti della popolazione, che sarà ottenuto instaurando una tecnodittatura.

La perdita della libertà individuale di azione e di pensiero sarà imposta in nome della giustizia e della sicurezza. Tutti i comportamenti saranno monitorati, analizzati e giudicati. Il controllo sull'informazione sarà totale e verrà istituita la censura. 

I soggetti che devieranno dalla “normalità” definita dal Potere verranno prontamente individuati, reindirizzati, puniti, arrestati o uccisi, a seconda dei casi.

Molti esseri umani moriranno, per fame e malattie, sotto le bombe dei conflitti armati o a causa dei programmi di sterminio emanati dalle élites. 

L'odio, la violenza e la follia cresceranno inseme all'incoscienza, causando dolore e sofferenza. L'ecosistema sarà compromesso a tal punto da mettere in dubbio la sopravvivenza dell'umanità.

Questo è quanto potrebbe accadere se gli esseri umani non abbandoneranno la via dell'incoscienza per intraprendere la via della consapevolezza.

Alcuni individui, però, si sono già risvegliati. E molti altri ancora si stanno risvegliando: l'umanità è ancora in tempo per scegliere il proprio futuro.

Mirco Mariucci

Fonti:

3 commenti:

  1. Caro Mirco tutto vero e condivisibile, ma per completezza di questa lunga e profonda analisi ti consiglio di visualizzare il video che ti sottopongo dal quale si evince che la causa principale della devastazione ambientale è dovuta agli allevamenti intensivi, guardati il video e completa questa analisi con queste informazioni...https://www.youtube.com/watch?v=69FqnWnCpt0

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    1. Ne sono consapevole, ho scritto qualcosa in merito qui: http://utopiarazionale.blogspot.it/2017/12/perche-il-potere-ce-lha-morte-con-i.html

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  2. Salve, Sig. Mariucci; innanzitutto desidero felicitarLa per la Sua coraggiosa intelligenza che dimostra nei Suoi articoli. Ho "scoperto" soltanto oggi, 22/03/2018, il Suo sito "Utopia Razionale" e son rimasto colpito dal Suo articolo "Quale futuro per un'umanità dormiente che rischia l'estinzione?" che analizza la spietata volontà senza scrupoli messa in atto dall'attuale "élite" che mi ricorda il famigerato "Piano Kalergi"...La drammatica realtà planetaria dimostra inequivocabilmente che "l'homo sapiens" si avvia verso un'estinzione senza precedenti della sua stessa razza, a causa della colpevole superficialità del "non pensiero" ormai divenuta endemica (la maggioranza delle persone è "tecnologicamente rimbambita") e soprattutto per la mancanza di principi etici copiata dal comportamento privo di morale della cosiddetta "élite". La mia opinione è che - purtroppo - questa umanità abbia già oltrepassato da un pezzo il classico "punto di non ritorno" dirigendosi verso un amaro futuro senza speranza. Sono spiacente per le prossime generazioni che dovranno confrontarsi con una quantità elevata di dolorosi quanto insormontabili problemi creati proprio dai loro ignavi predecessori (io ho già vissuto 71 primavere, ergo posso ritenermi soddisfatto) che, scientemente o no, hanno precluso quello che avrebbe potuto essere un normale futuro di vita sul nostro pianeta. Io mi considero un cittadino e non un "suddito", dato che ho sempre cercato (e continuo a farlo) di combattere "l'arroganza del potere", ma mi son reso conto che le mie sono state le (poche) "vittorie di Pirro"...La saluto con i migliori auguri di riuscire a sensibilizzare quelle che il semiologo Umberto Eco ha catalogato come le "Legioni degli Imbecilli"...ad maiora!

    Valter G. Bernini

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