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sabato 27 febbraio 2016

Anassagora di Clazomene, l'Intelletto ordinatore, la Luna e i suoi abitanti.



Tratto dal saggio Il Sapere degli Antichi Greci, disponibile in formato cartaceo e digitale al seguente indirizzo, anche in download gratuito.


Anassagora di Clazomene (-499; - 428) era il figlio di un uomo ricco e nobile. Crescendo, maturò un interesse così forte per lo studio della natura e la filosofia che cedette l'eredità paterna ai familiari, in modo da potersi dedicare interamente alla ricerca.

La tradizione lo descrive come un pensatore assorto nelle sue speculazioni ed estraneo ad ogni attività pratica. Egli sosteneva con orgoglio che lo scopo della sua vita consistesse nel «Contemplare il Sole, la Luna e il cielo». 

Si guardò bene dal prendere parte alle attività politiche. Per questa scelta gli rinfacciarono di non avere a cuore la sua patria, al che egli rispose: «Della mia patria m'importa moltissimo» indicando con una mano il cielo.

Verso il -462 partì alla volta di Atene, dove rimase per circa 30 anni e vi introdusse per primo la filosofia.  

È probabile che sia stato invitato da Pericle, fortemente impegnato nel rinnovamento politico della città e nell'acculturamento dei suoi cittadini. 

È noto che negli anni della permanenza ad Atene, Anassagora strinse un legame d'amicizia con Pericle e ne divenne perfino il maestro.

Ma quando il noto statista invecchiò, i suoi oppositori politici iniziarono ad accusare quanti gli erano vicino per fare terra bruciata intorno a lui e delegittimarlo.

Tra questi Fidia, grande scultore e architetto dell'epoca che sovraintendeva il cantiere del Partenone (voluto da Pericle), fu accusato d'impossessarsi di parte dell'oro destinato alla costruzione delle statue.

Il pretesto per infamare Anassagora fu individuato nella sua filosofia. Egli sosteneva che la Luna fosse un corpo terroso e il Sole una pietra incandescente.

Riteneva, inoltre, che la Luna splendesse di luce riflessa, avesse delle montagne come quelle presenti sulla Terra e perfino degli abitanti. 

Spiegava che la Luna si trova al disotto del Sole, e grazie a questa ipotesi diede anche una corretta interpretazione del fenomeno dell'eclissi.

Così come il Sole anche le stelle sono delle pietre incandescenti, e se noi non riusciamo a sentirne il calore è solo a causa della distanza.

L'indovino e interprete dei sogni - o truffatore se preferite - Diopite sfruttò l'occasione facendo approvare un decreto che consentiva di processare chi non praticava la religione ufficiale e insegnava delle teorie empie intorno alle cose celesti.

Come spesso accade nei giochi di potere, il pretesto religioso serviva a coprire il vero movente che era politico. Neanche a dirlo, Anassagora fu accusato di empietà.

Che cosa avvenne da quel momento non è chiaro, perché le fonti sono discordanti; di certo dovette lasciare Atene per evitare dei grossi guai. Probabilmente Pericle si adoperò per farlo fuggire di prigione.

La tradizione più accreditata attesta che Anassagora si ritirò nella Ionia, a Lampsaco, dove morì, non prima di aver fondato una scuola.

Nelle sue indagini non si occupò né di etica né di religione, ed è probabile che fosse davvero ateo, come sostenevano i suoi accusatori; ciò che Anassagora fece, è di continuare la tradizione naturalistica degli Ioni unendola a quella razionalistica degli eleati, interrogandosi sui costituenti ultimi della realtà.

Anassagora pose una considerazione biologica a fondamento della fisica. Egli osservò che nel processo di crescita degli esseri viventi il nutrimento si trasforma in sostanze diverse da quelle ingerite.

Ad esempio, un animale erbivoro sviluppa carne, ossa, sangue e peli, nonostante si nutra con acqua e verdure. Ma «Come potrebbe generarsi il capello dal non-capello e la carne dalla non-carne?», si chiese.

La risposta fu che quegli alimenti dovevano contenere anche gli elementi di cui sono formati i corpi. 

A questo punto generalizzò ulteriormente il concetto, ed affermò che ogni cosa è una mescolanza di ogni tipo di sostanza: «In ogni cosa c'è una particella di ogni cosa».

Carne, sangue, ossa... erano tutti contenuti nel nutrimento insieme a tutte le altre sostanze, ecco perché gli esseri viventi riuscivano a procurarsele mangiando. 

Sebbene i costituenti ultimi sfuggissero alla vista, la mente era in grado di coglierne l'esistenza: Anassagora li chiamò Semi. 

I semi differiscono l'uno dall'altro in modo qualitativo. Ciò che determina l'aspetto delle cose è la qualità del seme che esse contengono in maggior misura, ma tutti i semi sono sempre presenti in ciascuna cosa.

L'oro appare oro perché prevalgono i semi di oro, nonostante esso contenga anche i semi degli altri metalli, oltre che di tutte le altre sostanze.

Si sarebbe potuta suddividere la materia anche all'infinito, ciò nonostante avrebbe continuato a inglobare le qualità di tutte le cose; anche la più piccola quantità di materia non sarebbe sfuggita a questa legge ed avrebbe racchiuso in sé ogni altro elemento.

Con il processo di suddivisione non si giunge mai a particelle non ulteriormente divisibili e questo fatto è reso possibile dalla struttura ultima della realtà concepita come una mescolanza di semi.

Per questa caratteristica Aristotele chiamerà i semi di Anassagora «Omeomerie», ovvero entità che hanno la proprietà di avere tutte le loro parti simili al tutto, un po' come accade negli oggetti frattali della geometria di Mandelbrot.

Ciò che Zenone aveva usato per negare la realtà, con Anassagora ne diviene il fondamento. Ma i semi non sono solo infinitamente suddivisibili, ma anche infinitamente aggregabili.

«Del piccolo infatti non c'è il minimo ma sempre un più piccolo, ma anche del grande c'è sempre un più grande. E per quantità è uguale al piccolo e in relazione a se stessa ogni cosa è grande e piccola». 

Ciò significa che nell'universo il grande e il piccolo non sono concetti assoluti ma relativi.

Con gli eleati prende posizione contro il vuoto, dicendo che le clessidre e i sacchi vuoti ma gonfi sono una prova a supporto che vi è sempre dell’aria dove sembra che non ci sia nulla.

Come l'Essere di Parmenide i semi non nascono né periscono ma differiscono per qualità e possibilità di movimento: essi sono infiniti e possono mescolarsi. In altre parole, ciò che esiste è semplicemente un aggregato di semi. 

«I Greci non hanno una giusta visione del nascere e del morire, poiché niente nasce né perisce, ma da ciò che esiste si riunisce e si separa. E così dovrebbero rettamente chiamare il nascere una riunione, il morire una separazione». 

La condizione originaria dell'universo consisteva in una moltitudine infinita di semi immobili e mescolati in modo caotico. Ma ecco che intervenne una forza ordinatrice a separare i semi: l'intelletto (Nous).

«Dopo che l'Intelletto dette l'avvio al movimento, dal tutto che era mosso le cose iniziavano a formarsi per separazione, e quel che l'Intelletto aveva messo in movimento, tutto si separò».

L'intelletto cosmico di Anassagora è separato dai semi; esso fa parte del mondo ma non è formato dai costituenti delle cose, si tratta di una sostanza dotata di forza propria. 

L'intelletto è l'agente responsabile dell'impulso originario del movimento che ha causato la separazione e l'ordine nei semi, ma data la loro caratteristica di infinita divisibilità, l'azione dell'intelletto non è stata in grado di comprometterne la mescolanza.

L'ordine, quindi, consiste nella prevalenza relativa di una certa specie di semi sulle altre, che è la caratteristica che determina le cose del mondo.

Anassagora riteneva che l'azione dell'intelletto agendo sulla mescolanza caotica originaria di semi avesse prodotto anche altri mondi popolati da altre forme di vita. In questo modo l'uomo e la Terra perdevano i primati di unicità e centralità nell'universo.

Il motivo per il quale Anassagora chiamò questa forza ordinatrice “intelletto” non ci è noto, ma pur avendo questo nome non bisogna identificarlo con la divinità.

Nei frammenti in nostro possesso la qualifica di "divino" non viene mai assegnata al Nous ordinatore, ed inoltre l'azione ordinatrice non agisce in vista di un fine, del bene o del meglio.

Non è da escludere l'ipotesi che alla base di questa idea vi fosse un'analogia con le caratteristiche umane: così come l'uomo muove e modella le cose grazie all'intelletto, anche l'universo stesso deve esserne intrinsecamente dotato per spostare e creare le cose che lo compongono.

E ancora una volta non si può escludere il ragionamento duale, e cioè che gli esseri viventi partecipano dell'intelletto cosmico: «Ci sono [cose] in cui v'è anche l'Intelletto».  

Di certo, l'innovazione di Anassagora consiste nell'aver introdotto una qualche forma di principio “intelligente” come causa dell'ordine del mondo, anche se oggi nessuno sa precisamente cosa intendesse.

Platone lo loderà per questo, così come Aristotele che per il medesimo motivo sostenne: «[Anassagora] sembrò il solo filosofo assennato, e, a suo paragone, i predecessori sembrarono gente che parla alla ventura».

Al tempo stesso, però, lo rimproverarono di non aver usato questa concezione fino in fondo.

Aristotele gli rinfaccia di ricorrere all'intelletto solo quando si trova in difficoltà a spiegare qualcosa per mezzo di cause naturali. Anassagora infatti, da buon naturalista, solitamente a tutto ricorre tranne che all'intelletto.

Introdurre ad hoc un essere o un ente metafisico e credere che ciò possa spiegare ciò che (attualmente) nessuno è in grado di spiegare, è il tipico modus operandi delle religioni che, oltre a non fornire una spiegazione soddisfacente, è davvero utile se si vuole precipitare l'umanità nell'oscurantismo (historia docet). 

In certi casi sarebbe di gran lunga preferibile che l'umanità fosse così matura e onesta da ammettere socraticamente la propria ignoranza; la moderna scienza non ha la pretesa di saper spiegare tutto. Le teorie scientifiche non sono certe ma probabili, e si assumono come valide fino a prova contraria.

Le religioni invece si dicono certe di possedere la Verità perché un essere immaginario di loro invenzione si è scomodato di rivelargliela all'interno di alcuni scritti sacri chiaramente redatti da uomini. 

Anassagora non sarebbe stato d'accordo con i vicari di Dio: egli aveva maturato una teoria sulla conoscenza che non contemplava la rivelazione. Il processo inizia con l'esperienza che non può prescindere dai sensi.

All'opposto di Empedocle, che cercò di spiegare la conoscenza sensibile col principio della similitudine, Anassagora ritiene che essa derivi dagli opposti; il freddo può essere sentito tramite il caldo, il dolce con l'amaro e così via.

Sensazioni e osservazioni ripetute si sedimentano dando origine alla memoria. L'accumulazione e la rielaborazione del contenuto della memoria genera la sapienza (sophia). 

Il sapere quindi non si acquisisce in modo istantaneo, ma con un processo graduale.  

Egli sosteneva che «Le cose che appaiono sono visione delle cose invisibili». Ciò significa che per giungere alla comprensione ultima delle cose bisogna inferire ciò che non è visibile partendo da ciò che lo è, ovvero dall'esperienza.

L'ultima fase consisteva nella tecnica (techne), cioè la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite in modo pratico. Ed è grazie alla tecnica che gli uomini riescono a sottomettere gli altri animali.

Celebre è anche la tesi di Anassagora secondo la quale l'uomo sarebbe il più "intelligente" proprio perché dotato di mani prensili. 

Ci sarebbe davvero molto da discutere sulla presunta intelligenza dell'uomo, viste le odierne condizioni socio-economiche e ambientali create dall'umanità. 

Se fossimo davvero "intelligenti", non sfrutteremmo i nostri simili, faremmo lavorare le macchine al posto nostro, non uccideremmo altri esseri viventi per nutrirci di carne nonostante non sia necessario per mantenerci in salute, e di certo non avremmo inquinato a tal punto l'ecosistema da causarci malattie e gettare le basi per un collasso sistemico.

Eppure, se impiegassimo ragione e tecnica per raggiungere il nobile fine del benessere collettivo, la costruzione di una società sostenibile a misura di essere vivente sarebbe senza dubbio alla nostra portata.

Ciò che non è certo, invece, è se l'uso delle mani ci abbiano consentito di sviluppare un'intelligenza sufficientemente elevata per fare in modo che tutto ciò diventi realtà.

Mirco Mariucci

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