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domenica 23 settembre 2018

Fin quando non abbandoneremo la logica del profitto l'umanità non riuscirà a liberarsi dalle malattie


Incidenza delle malattie


Quando si ha a che fare con la malattia, le domande più importanti da porsi sono quelle che guardano alle cause, e non agli effetti.

Ad esempio, in ambito sociologico, bisognerebbe chiedersi: come mai gli esseri umani sono così profondamente malati, sia nel corpo che nello spirito? 

Per quale motivo al progredire della conoscenza scientifica e dello sviluppo tecnologico le società più “avanzate” producono un maggior numero di malati?

Se qualcuno per caso non fosse convinto del fatto che la salute degli esseri umani stia peggiorando, potrà cambiare parere leggendo qualche dato. Cominciamo con i tumori. 

Ogni giorno in Italia si scoprono circa 1.000 nuovi casi di cancro. Si totalizzano così, nel corso dell'intero anno, più di 365.000 nuove diagnosi, escludendo i tumori della pelle (che tra l'altro sono i più diffusi e risultano anch'essi in aumento). 

Nel 2010, il numero di nuovi casi di tumore scoperti in Italia era di 270mila unità, un dato a sua volta frutto di una crescita di circa il 10% avvenuta nei 10 anni precedenti.

L'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (AIRC) minimizza, dicendo che l'incidenza dei tumori è stabile fra gli uomini e le donne, e che l'incremento del numero di nuove diagnosi in Italia sia da attribuire al contemporaneo invecchiamento della popolazione.

L'ISTAT certifica che l'età media al primo gennaio 2011 era di 43,5 anni e che, al primo gennaio 2017, fosse cresciuta soltanto di 1,4 anni, giungendo così a 44,9 anni, mentre la popolazione era leggermente diminuita, passando da 60.626.442 del 31 dicembre 2010 a 60.483.973 del 31 dicembre 2017; inoltre, è noto che nel censimento del 1971 i bambini da 0 a 14 anni rappresentavano il 25,4% della popolazione italiana mentre, ad oggi, raggiungono all'incirca il 13,5% del totale.

Ma se è vero che l'incremento del numero di tumori è dovuto all'invecchiamento della popolazione, come mai i tumori infantili, contratti nel primo anno di vita, sono aumentati in modo consistente negli ultimi tempi, tanto che la loro incidenza nell'Unione Europea è cresciuta del 20% in 20 anni?

Ora, siccome il numero di bambini in Italia è addirittura in diminuzione, tenuto conto dei dati a nostra disposizione, le rassicurazioni dell'AIRC non sembrano più così convincenti.

Per completezza, segnalo che i tumori infantili sono in aumento anche a livello globale, con un'incidenza che si è accresciuta del 12,9% nel corso di 30 anni, dal 1980 al 2010. 

Se si allarga lo sguardo alla corte di bambini di età compresa tra 0 e 14 anni, si nota che nel decennio 2001-2010 i casi di tumore sono stati il 13% in più rispetto agli anni ‘80. Purtroppo non sono riuscito a trovare dati più recenti, ma sono pronto a scommettere che la situazione sia ulteriormente peggiorata.

Le statistiche mostrano che l’area del mondo in cui si registra la maggiore incidenza di cancro fra 0 e 19 anni è proprio il Sud Europa, con l'Italia che detiene il triste record dei tassi d'incidenza più elevati a livello europeo (anch'essi in aumento). 

Ma gli interrogativi in merito ai tumori potrebbero andare avanti a lungo: ad esempio, perché, a livello mondiale, chi è nato nel 1990 ha il doppio del rischio di contrarre il cancro al colon e quattro volte la probabilità di ammalarsi di tumore al retto rispetto a chi è nato nel 1950? 

E come si spiega che, in Italia, nella la corte dei soggetti con età inferiore ai 24 anni che vivono in zone con maggiori presenze di inquinanti, si verifica un eccesso d'incidenza di tumori rispetto ai loro coetanei che vivono in zone considerate “non a rischio” rispettivamente del: 66% per le leucemie mieloidi acute; 62% per i sarcomi dei tessuti molli; 50% per i linfomi non-Hodgkin e del 36% per i tumori al testicolo?

E come mai, negli Stati Uniti, il sovrappeso e l'obesità sono stati associati ad un aumento del rischio di contrarre 13 tipi di cancro, che sommati insieme rappresentano circa il 40% di tutti i tumori diagnosticati?

E chissà perché gli epidemiologi concordano sul fatto che assumere alcol causi diverse tipologie di cancro, tanto che a livello mondiale almeno il 5-6% dei nuovi casi di tumore possono essere imputati all'uso di questa sostanza?

E perché fra i 65enni, il cancro del polmone (o l’infarto del miocardio) è 20 volte più frequente fra coloro che hanno fumato 20 sigarette al giorno nei decenni precedenti, rispetto a chi non ha mai fumato?

Come singolo fattore, il cancro rappresenta la seconda causa di mortalità nel mondo. Dal 2010 al 2014, l’incidenza globale dei tumori è cresciuta dell’11%. Se invece si considera il decennio che va dal 2005 al 2015, la crescita dell'incidenza di questa malattia è pari al 33%.

Nel 2012, a livello mondiale, si segnalavano oltre 14 milioni di nuovi casi di tumore, nel 2016 si era arrivati a ben 17,5 milioni. Per i prossimi anni, si stima un aumento del 75% di casi di cancro, fino a raggiungere, nel 2034, 25 milioni di nuove diagnosi all'anno.

Nel corso della vita circa un uomo su 2 e una donna su 3 si ammaleranno di tumore. In particolare, chi è nato dopo il 1960 ha il 50% di probabilità di ammalarsi di cancro.

Altro che rassicurazioni, con questi numeri si ha quasi la certezza che il cancro sarà la più temibile malattia dell'imminente futuro. 

Che cosa possiamo dedurne? 

Di certo, i giovani non sono vecchi, e se anche tra essi l'incidenza dei tumori è in aumento la spiegazione non può essere dovuta all'età: saranno forse il crescente inquinamento ambientale, combinato con abitudini alimentari e stili di vita malsani, insieme all'azione di fumo, alcol e sedentarietà, le vere cause dell'accrescersi dei tumori, e non l'allungamento della vita?

È curioso che sia la stessa AIRC a ricordarci che nel mondo 3,3 milioni di morti di cancro sono correlate a fattori di rischio legati al comportamento degli individui, e che oltre il 40% delle morti per cancro potrebbero essere facilmente prevenibili modificando gli stili di vita. 

Tra le principali cause di malattia riconducibili alle scelte degli individui troviamo: il fumo, l'obesità, l'eccesso di sale, l'alcol, un basso consumo di alimenti di origine vegetale e la scarsa attività fisica. 

Chissà poi per quanto inciderà l'inquinamento?

Si tenga presente che, sempre per ammissione dell'AIRC, è stato scientificamente provato che per ogni incremento di 5 μg/m^3 di PM 2,5 il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone aumenta del 18%, mentre a ogni aumento di 10 μg/m^3 di PM 10 il rischio cresce del 22%. 

È altresì noto che «non esistono limiti al di sotto dei quali l'effetto nocivo svanisce» [Sic!]. Infatti, i casi di cancro al polmone sono aumentati anche nei gruppi esposti a un livello di inquinamento inferiore ai limiti massimi consentiti secondo l'attuale legislazione europea (40 μg/m^3 di PM 10 e 25 μg/m^3 di PM 2,5).

E questo è ciò che emerge dallo studio del solo particolato che ciascuno individuo respira ogni singolo minuto di ogni giorno, sia che viva in campagna sia che viva in città, in relazione ad una sola tipologia di tumore (quello al polmone).

Che cosa potrebbero scoprire gli scienziati se effettuassero uno studio serio e completo, prendendo in considerazione tutti i veleni presenti nel cibo, nell'aria e nell'acqua, in relazione al manifestarsi di tutte le tipologie di tumore? 

Un campione rappresentativo di soggetti rinchiusi per tutta la vita in una bolla di terra isolata dal resto del mondo, con acqua, aria e cibo non contaminati, che conducono una vita serena, svolgendo attività fisica e mangiando in modo sano, quanti e quali tipologie di tumori svilupperebbe?

E che dire del fatto che la Comunità Europea fissi dei limiti per l'inquinamento da polveri sottili il cui rispetto comporti un consistente aumento dell'incidenza dei tumori scientificamente comprovato?

Continuiamo l'analisi in merito al peggioramento della salute dell'umanità dicendo che, nel mondo, anche le malattie croniche e invalidanti sono in aumento e hanno causato un incremento del 42,3% degli anni vissuti con disabilità.

Un analogo andamento si è verificato anche in Italia, dove le persone attualmente affette da malattie croniche sono 4 su 10, corrispondenti a circa 23,6 milioni di abitanti. 

Il dato è in aumento, se si pensa che nel 2011 il 21,9% dei pazienti adulti in carico alla medicina generale presentava contemporaneamente 2 o più condizioni croniche, mentre nel 2015 la medesima percentuale era salita al 23,7%.

In questa tipologia di malattie rientrano i disturbi cardiovascolari, che attualmente a livello mondiale sono responsabili di 17,5 milioni di morti premature all'anno; un numero in forte aumento, che si prevede raggiungerà i 23 milioni nel 2030.

Nella sola Europa si stima che le malattie cardiovascolari interessino 85 milioni di persone, con un costo sanitario di 210 miliardi di euro all'anno; da sole provocano il 45% del totale dei decessi.

Le principali cause di morte

Assieme agli ictus ischemici, le cardiopatie sono ormai da 15 anni le principali cause di morte nel mondo: nel 2016 hanno causato 15,2 milioni di morti.

Seguono, la malattia polmonare ostruttiva cronica, che nel 2016 ha provocato 3,0 milioni di morti, e le infezioni respiratorie inferiori, che hanno causato poco meno di 3,0 milioni di morti a livello mondiale.

Il cancro ai polmoni, insieme a quello alla trachea e ai bronchi, ha provocato 1,7 milioni di decessi; il diabete ha ucciso 1,6 milioni di persone, a fronte di 1 milione di decessi del 2000.

Tra il 2000 e il 2016, le morti dovute a demenze sono più che raddoppiate, diventando la 5a causa principale di morte globale, rispetto al 14° posto del 2000.

Nello stesso periodo, il numero di morti per malattie diarroiche è diminuito di quasi 1 milione, ma nel 2016 ha comunque causato 1,4 milioni di morti.

Anche il numero di decessi per tubercolosi è diminuito, ma è ancora presente nell'elenco delle principali 10 cause di morte, con un bilancio di vittime di 1,3 milioni.

L'AIDS, invece, non è più presente nella classifica, pur avendo ucciso 1 milione di persone nel 2016, rispetto agli 1,5 milioni dell'anno 2000. 

Se però si sommano tutte le tipologie di tumore, si scopre che questo genere di malattie uccide circa 8,7 milioni di persone all'anno, attestandosi stabilmente in seconda posizione, dopo le malattie cardiovascolari.

È assai curioso scoprire che, se le cure mediche fossero una malattia, negli Stati Uniti occuperebbero il terzo posto nella classifica delle principali cause di morte, ovviamente subito dopo i problemi cardiovascolari e i tumori.

Infine, citiamo il dato relativo alle lesioni stradali, che nel 2016 hanno messo fine all'esistenza di ben 1,4 milioni di persone, di cui circa il 74% erano uomini.

In Italia la situazione differisce rispetto alle statistiche globali. Nell'anno 2014, infatti, si segnalava la seguente classifica delle 25 cause di morte più frequenti: 

malattie ischemiche del cuore (69.653 decessi, 11,6% del totale), malattie cerebrovascolari (57.230, 9,6%), altre malattie del cuore (49.554, 8,3%). 

Tumori di trachea, bronchi e polmoni (quarta posizione, 33.386 decessi, 5,6% del totale), malattie ipertensive (30.690 decessi), con un aumento rispetto al 2003 dal 3,8% al 5,1% del totale.

Demenza e malattia di Alzheimer hanno causato 26.600 decessi, quasi il doppio rispetto a quelli del 2003 (14.685), passando così dalla nona alla sesta posizione; malattie croniche delle basse vie respiratorie (20.234 morti), due posizioni più in basso rispetto al 2003.

Seguono: diabete mellito con 20.183 morti; tumore del colon, retto e ano (nono posto, 18.671 decessi, 3,1%); tumore del seno (decimo posto con 12.330 decessi, 2,1%); tumore del pancreas (11.186 decessi), salito di quattro posizioni fino all'undicesima posizione.

E ancora, malattie del rene e dell'uretere (10.043 decessi pari all'1,7%); tumore del fegato (9.915 morti); tumore dello stomaco (9.557 decessi); influenza e polmonite (9.413 morti, 1,6%); tumori non maligni (8.204 decessi, 1,4%). 

La setticemia triplica i decessi rispetto al 2003, passando dal trentunesimo al diciassettesimo posto e facendo registrare l'incremento più elevato (+131%).

E ancora: tumore della prostata (7.174 decessi); leucemia (6.049 decessi, ovvero l'1% del totale); cirrosi, fibrosi ed epatite cronica (6.035 decessi), che fanno registrare la maggiore riduzione negli 11 anni considerati, passando dalla tredicesima alla ventesima posizione (-48,7%). 

Ed infine, tumore della vescica (5.610 decessi); morbo di Parkinson (5.110 decessi); morbo di Hodgkin e linfomi (5.175 morti); tumore del cervello e del sistema nervoso centrale (4.237 decessi) e suicidio (4.147 morti, 0,7% del totale dei decessi).

Nel mondo, invece, sono più di 800.000 le persone che si suicidano ogni anno. Per i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni anni, il suicidio è la seconda causa di morte, subito dopo gli incidenti stradali: pensate che razza di società dev'essere quella che spinge persino i giovani a togliersi la vita.

Secondo l'OMS, in Italia il tasso di suicidi è compreso nella fascia tra 5 e 9,9 casi su 100.000 abitanti; nel Nord America l'incidenza è stimata tra 10 e 14,9 persone su 100.000 abitanti. 

Per un confronto, si prenda in considerazione il tasso del Paese con la maggiore casistica di suicidi, ovvero la Groenlandia, con una media di 83 casi su 100.000 abitanti.

È interessante osservare che nell'elenco dei primi venti Paesi con il tasso di suicidi più elevato figurino anche alcune nazioni menzionate nelle classifiche dei Paesi più felici al mondo, dando luogo ad un vero e proprio paradosso. Ciò si verifica, ad esempio, nei Paesi del nord Europa.

Com'è facile intuire, il verificarsi delle crisi economiche fa aumentare la quantità di persone che si tolgono la vita, ma queste cose non possono esser dette in Italia, tanto che c'è chi si avventura ad asserire esattamente l'opposto: con l'avvento della più grande crisi economica dell'ultimo secolo il numero dei suicidi è addirittura diminuito (come no!).

Con quali dati si arrivi a questa conclusione non è noto, ed è un vero peccato che le serie storiche relative ai suicidi dell'Istituto Nazionale di Statistica s'interrompano misteriosamente nel 2009, vale a dire proprio quando la crisi ha iniziato a mordere.

Il suicidio è collegato ad un'altra problematica, anch'essa in aumento: la depressione.

Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel mondo ne soffrirebbero ben 322 milioni di persone, pari al 4,4% della popolazione totale, con un'incidenza maggiore tra le donne (5,1%) rispetto agli uomini (3,6%).

I dati relativi all'Italia sono ancora peggiori: secondo la Società italiana di psichiatria (Sip), la depressione colpisce il 12,5% degli italiani. E chissà se, anche in questo caso, c'è qualche altro coraggioso disposto a scagionare la crisi economica dall'accusa di essere uno dei principali fattori scatenanti.  

Ad ogni modo, dal 2005 al 2015, a livello mondiale, i casi di depressione sono cresciuti del 18,4%. Ciò ha fatto si che la depressione diventasse la seconda malattia invalidante al mondo. 

Per il futuro, la Società italiana di psichiatria rincara la dose, prevedendo che entro il 2030 la depressione diventerà addirittura la patologia più invalidante al mondo.

A loro avviso, nel corso della vita, una persona su due avrà esperienza di un problema di salute mentale e ciò avrà inevitabilmente delle ripercussioni negative a livello sociale ed economico, anche in termini di maggior costi e minor produttività.

Attualmente, stando alle statistiche OCSE, i costi diretti e indiretti legati alle malattie mentali superano il 4% del PIL; inoltre, è stato stimato che, a livello mondiale, a causa dei problemi mentali, tra il 2011 e il 2030, avrà luogo una mancata produzione quantificabile in oltre 16.000 miliardi di dollari.

A riprova di quanto asserito, nel periodo che va dal 2000 al 2011, in ogni singolo Paese dell'OCSE si è registrato un significativo incremento dell'utilizzo di antidepressivi. 

Secondo l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), l’Italia è la quarta nazione in Europa per la spesa relativa all’acquisto di psicofarmaci. Va ancora peggio in economie più “virtuose”, come quella della Germania o degli Stati Uniti.

Tra il 1999 e 2013 le prescrizioni di psicofarmaci sono duplicate negli USA, e si è verificata una tendenza analoga anche in Europa.

Tra il 2005 e 2012, il numero di antidepressivi prescritti ai minorenni è cresciuto del: 54% in Gran Bretagna; 60% in Danimarca; 49% in Germania; 26% negli Stati Uniti e del 17% in Olanda. 

In Europa, nel medesimo periodo di riferimento, l’uso di antidepressivi per bambini e adolescenti è aumentato in media del 40%. 

Tutto ciò significa che la società capitalistica sta riuscendo a compiere un'impresa che ha dell'incredibile: quella di togliere la felicità persino ai bambini, intrinsecamente caratterizzati da una naturale e sovrabbondante condizione di gioia e vitalità.

Nel 2011, le farmacie italiane hanno venduto 34,5 milioni di confezioni di psicofarmaci; rispetto al 2001 le dosi assunte in media ogni giorno sono più che raddoppiate.

Ad oggi, se si sommano gli utilizzatori di ansiolitici, sonniferi e antidepressivi, soltanto in Italia si arriva alla mostruosa cifra di 12 milioni di consumatori, anche se nel Bel paese, dopo svariati anni di forte crescita, il consumo di psicofarmaci sembrerebbe essersi stabilizzato.

Tra i problemi legati alla mente che hanno registrato il più forte aumento, non si può evitare di segnalare l'autismo.

Negli anni Settanta, negli USA si verificava soltanto un caso di autismo ogni 10.000 bambini ma dal quel momento, con un preoccupante andamento esponenziale, l'incidenza è aumentata fino a colpire più di 1 bambino ogni 68. 

Se una simile crescita continuerà ad aver luogo, e non si stabilizzerà raggiungendo un plateau, nel giro di qualche anno negli Stati Uniti un bambino su 2 alla nascita sarà condannato ad essere autistico.

Negli ultimi 40 anni il numero dei casi di autismo è aumentato ovunque, tanto che, attualmente, in Italia le persone affette da questo disturbo sono 300.000-500.000; negli USA il numero è prossimo ai 3,5 milioni, mentre nel mondo si stima che vi siano 60 milioni di autistici. 

Purtroppo, ad oggi, la causa dell'autismo non è ancora nota (almeno non a livello ufficiale) e, non di rado, chi tenta di avanzare qualche ipotesi sul tema viene tacciato di “complottismo”, anche se si tratta di un Nobel per la medicina (come nel caso di Luc Montagnier). 

Ridicolizzare e tagliare fondi a chi cerca di studiare il fenomeno dell'autismo, non è un comportamento né intelligente, né proficuo, per risalire alle cause di un problema che si sta manifestando con un andamento di tipo esponenziale. Ma tant'è.

Non oso neanche immaginare che indicibili tragedie umane avranno luogo quando questi milioni d'individui, incapaci di provvedere a se stessi, diverranno adulti e non avranno più nessuno al loro fianco che sia disposto a sacrificarsi e a prendersene cura con amore.

Un altro fenomeno sul quale bisognerebbe riflettere riguarda l'incremento del numero di studenti con disabilità e/o disturbi specifici d'apprendimento (DSA): nel giro di 10 anni, in Italia, si è passati dai 167.804 allievi conteggiati nell’a.s. 2004/05 ai 234.788 dell’a.s. 2014/15. Attualmente, ne sono ufficialmente colpiti 254.366 studenti, vale a dire il 2,9% degli iscritti totali (pari a 8,7 milioni circa), con un preoccupante incremento del 64,7% rispetto a 12 anni fa. 

Tra gli studenti con qualche tipologia di disabilità le problematiche di tipo intellettivo interessano il 65,3% del totale, un 27% è portatore di altro handicap mentale, come problemi psichiatrici precoci, disturbi specifici di apprendimento e sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd); soltanto il 3,05% presenta un problema motorio, il 2,7% ha deficit uditivi e l'1,6% ha limitazioni alla vista. 

E mentre il numero delle malattie e delle disabilità che colpiscono i bambini aumenta, per le coppie diviene sempre più difficile procreare. 

Attualmente, in Italia, una coppia su 5, vale a dire il 20% delle coppie, non riesce ad avere figli in modo naturale; 20 anni fa la percentuale d'infertilità era circa la metà rispetto ad oggi. E pur di riuscire ad avere un bambino, 100.000 coppie fanno già ricorso alla fecondazione in vitro, triplicando la domanda di questo servizio rispetto a 20 anni fa.

Alle origini delle malattie

Ma com'è possibile che al verificarsi del cosiddetto “progresso” s'incrementi anche l'incidenza delle malattie? Che razza di società è quella che produce individui malati sia nel corpo che nella mente, spingendo al suicidio quasi un milione di persone all'anno?

Chi vuole, può argomentare dicendo che le “migliori” condizioni di vita inducono una crescita demografica, con un conseguente aumento dell'aspettativa di vita e quindi del numero di persone in età avanzata che necessitano di cure. Tanto più una società è ricca e tanto più i suoi cittadini spendono per curarsi: ciò alimenta l'impressione che i numeri stiano aumentando.

In realtà, come abbiamo già sottolineato, ciò può spiegare l'aumento del numero di malati in valore assoluto, ma non l'incremento dell'incidenza delle malattie, in particolar modo quando esso si verifica in età giovanile.

Perché i tumori e i deficit cognitivi sono in aumento anche tra i più giovani? Perché gli esseri umani sono più depressi rispetto al passato? Perché sempre più coppie non riescono a riprodursi? Perché la disabilità è in aumento?


È del tutto evidente che debba esserci dell'altro, oltre alla crescita demografica ed all'invecchiamento della popolazione. 

Io ritengo che l'approccio classico non sia soddisfacente per fornire una valida risposta, perché non affronta il problema della salute alla radice, ma si limita ad osservarne e misurarne gli effetti, quasi a volerli giustificare.

C'è qualcosa che non quadra. A livello intuitivo ci si aspetterebbe esattamente il contrario: più una società progredisce e meno i suoi individui hanno bisogno di cure mediche, perché le condizioni esistenziali migliorano (o almeno dovrebbero migliorare). 

Ma ciò che si è abituati a chiamare “progresso” è realmente tale? Se per spostarsi più velocemente si causano guerre, morte, distruzione e malattia, come si può sostenere di aver contribuito al progresso dell'umanità? 

Di certo, si consegue un reale progresso quando si risolve un problema senza causarne degli altri, ma quando ciò non avviene, non è affatto detto che i vantaggi ottenuti in un settore compensino gli svantaggi generati in altri ambiti: in tal caso, si può ancora parlare di “progresso”?

L'odierno sviluppo scientifico-tecnologico ha consentito sia di accrescere i livelli di produzione e di consumo a ritmi e quantità inimmaginabili, sia d'individuare e curare in modo sempre più efficace le malattie, gran parte delle quali però sono imputabili proprio ai modi di produzione, consumo e vita caratteristici dell'odierna organizzazione sociale, che è tutto fuorché concepita per essere compatibile con il benessere psico-fisico degli esseri umani, finendo così per divenire essa stessa la causa della malattia che la scienza promette di voler curare.

L'opinione che la natura, dopo miliardi di anni di evoluzione, abbia creato degli esseri deboli e malaticci che senza i medicinali delle industrie farmaceutiche non riuscirebbero a sopravvivere, è quanto di più ridicolo si possa pensare: ci dev'essere dell'altro, e questo “altro” non può che essere individuato nella struttura e nella sovrastruttura della società.

Ad esempio, se invece di vivere in una società consumistica che ha distrutto e inquinato l'ambiente oltre ogni limite della decenza, dopo aver ucciso, sfruttato, oppresso e condizionato gli individui, deteriorato i rapporti umani causando dolore, sofferenza, infelicità e povertà a non finire, fosse esistita una società più spirituale che materiale, senza consumismo, rispettosa dell'ambiente e di ogni forma di vita, caratterizzata da relazioni sane ed individui felici che condividono in modo equo ciò che producono e ciò di cui dispongono, di certo, non ci sarebbe stato tutto questo gran bisogno di ospedali e cure mediche, perché una società sana non genera individui malati.   

In modo duale a come una società sana produce individui sani, si può sostenere che una società malsana generi individui malati, sia nel corpo che nello spirito.

E a giudicare dalle pessime condizioni di salute psico-fisica dell'umanità, mi sento autorizzato ad affermare con forza che quella odierna sia una società profondamente malsana, in quanto la sua organizzazione è essenzialmente incompatibile con la vera natura dell'essere umano.

L'armonia genera salute, la disarmonia produce malattia. E la società di oggi è completamente disarmonica, in ogni suo aspetto relazionale: è questo il punto fondamentale su cui riflettere.

Si può ipotizzare, con cognizione di causa, che in realtà la maggior parte dei mali con cui gli esseri umani hanno a che fare non siano dovuti a fattori naturali ineluttabili, bensì alle storture di una società che non si preoccupa di realizzare condizioni di vita compatibili con la natura, la salute e la felicità degli esseri viventi.

Le distorsioni sono così elevate che può persino capitare che le condizioni di malessere di una certa classe della popolazione siano tollerate, se non addirittura volutamente ricercate, in quanto strettamente funzionali al raggiungimento degli obiettivi di altre classi di attori sociali!

Parte di questa folle e perversa dinamica antisociale è chiaramente imputabile all'aver anteposto ad ogni cosa il raggiungimento del profitto, anche rispetto alla salute umana, tanto che oggi perfino nell'ambito medico regna la volontà del dio Denaro.

Chiunque è in grado di comprendere che subordinare la salute al profitto sia una completa follia logico-razionale: come si può affidare la salute dell'umanità ad individui ed aziende che traggono un guadagno economico dal fatto che le persone si ammalino?

Ciò che tiene in vita una casa farmaceutica è il fatto che ci sia una fetta di popolazione ammalata, assieme ad un altro gruppo d'individui che, mosso dalla paura della malattia, corra ad acquistare medicinali. 

Così facendo si forma un cortocircuito logico, dovuto ad un eclatante conflitto d'interessi. Eppure, in caso di necessità, gli esseri umani si affidano a questi soggetti per “curarsi”!

Un ulteriore guaio è che nel mondo non mancano persone così idiote da esser disposte a fare di tutto pur di generare profitto, perfino cose inutili e dannose. Ed ecco che, così facendo, hanno origine i peggiori disastri dell'umanità, non solo in ambito medico.

Il profitto è compatibile con la salute?

Che cosa accade quando s'introducono le logiche del profitto nell'ambito della medicina?

Una delle principali conseguenze è che queste logiche tagliano immediatamente fuori la strategia più efficace contro la maggior parte delle malattie: la prevenzione.

Non serve un sociologo per spiegare che la prevenzione è inconciliabile con gli interessi di Big Pharma. 

Il motivo è ovvio: prevenire produce minor profitto rispetto al far ammalare e curare le persone. Inoltre, la prevenzione risulta incompatibile con un sistema economico di tipo consumistico, come quello attuale, per tutta una serie di motivazioni.

Se è vero che l'inquinamento è una delle principali cause dei tumori, e guarda caso l'inquinamento è prodotto dalle industrie, fare prevenzione rispetto ai tumori significa abbandonare il consumismo, ovvero de-industrializzare, in qualche misura, la società, adottando al contempo tecnologie costose per ridurre il più possibile l'inquinamento, ma ciò non è affatto conciliabile con gli obiettivi di profitto in essere nell'attuale sistema economico: non a caso le aziende si trasferiscono dove le normative ambientali sono più permissive, mentre l'obiettivo di ogni produttore è di vendere sempre di più, esattamente all'opposto di ciò che si dovrebbe fare per prevenire i tumori.

Se lo scopo è ottenere profitto, la strategia ottimale non consiste nel fare in modo che le persone facciano prevenzione, è molto meglio incentivare stili di vita malsani, così che la salute si comprometta e si debba spendere il più possibile per curarsi per il resto della vita con dei rimedi che non guariscono agendo sulle cause, ma che creano dipendenza.

In altre parole, se volete guadagnare dalle malattie, il mondo è già perfetto così com'è, con tutto il suo inquinamento e la sua infelicità, che anzi, se possibile, andrebbero ulteriormente incrementati.

Ma è mai possibile che sia così difficile prevenire l'insorgenza delle malattie?

Guardiamo alle prime due cause di morte a livello europeo: le malattie del sistema circolatorio ed i tumori.

Nel suo sito web, l'AIRC sostiene che «un consumo modesto di carni rosse [...] è comunque associato a un maggior rischio di sviluppare diabete e malattie cardiovascolari» e che «gli epidemiologi concordano sul fatto che gli individui che seguono diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro».

A fronte di queste dichiarazioni provenienti non dal sito www.vegani-complottisti.it, ma dalla più autorevole fonte mainstream italiana nell'ambito della ricerca sui tumori, come minimo si dovrebbe adottare una politica pubblica sanitaria basata su di una drastica riduzione del consumo di carne.

Invece, in un mondo basato sul profitto, è decisamente meglio continuare a promuovere il consumo di carne attraverso campagne pubblicitarie e trasmissioni di disinformazione che esaltano la qualità delle carni, minimizzano i rischi dovuti alla sua assunzione, deridendo e ridicolizzando in modo plateale chi cerca di sostenere la dannosità di quegli “alimenti”, così che il settore zootecnico continui a prosperare, e a inquinare l'ambiente, e le persone non smettano di seguire delle diete dannose per la salute.

Basti sapere che in Italia il settore zootecnico rappresenta il primo comparto dell'agro-alimentare, con un fatturato di 33,9 miliardi di euro all'anno. 

Se si riducesse il consumo di carne, sostituendola con alimenti di origine vegetale, tale importo crollerebbe drasticamente, perché nutrire gli esseri umani allevando animali è molto più inefficiente del nutrirli direttamente con vegetali (la dimostrazione è un banale esercizio di fisica).

Con il crollo del fatturato dell'industria della carne, diminuirebbero anche i profitti in ambito medico, perché sarebbe venuta meno una delle principali cause del verificarsi delle prime due malattie più diffuse in Italia (e nel mondo). 

Pensate: l'attuale sistema economico è talmente mal concepito che se per tutelare la salute dei cittadini venisse promosso questo genere di scelte alimentari, s'indurrebbe una crisi sistemica dovuta ad una diminuzione della “ricchezza” e ad un aumento della disoccupazione collegati ad un generale calo del PIL! 

Ma non c'è di che preoccuparsi: una simile strategia non verrà promossa dall'alto, perché se da un lato si ha informazione e minor profitto, e dall'altro disinformazione e maggior profitto, per tutelare gli interessi dei pochi, puntualmente, il sistema capitalistico sceglierà la seconda via, anche a costo di compromettere la salute dell'umanità.

Dal punto di vista dell'odierna economia, infatti, invece di fare prevenzione cambiando alimentazione, è assai più conveniente che gli italiani continuino ad assumere in media 1,7 dosi di farmaci al giorno a testa, generando così un fatturato annuo prossimo ai 30 miliardi di euro. 

E già che ci siamo, pur d'incrementare ulteriormente i profitti, sarebbe anche il caso di “curare” i sani, facendogli credere di essere malati, o di avere un disperato bisogno di prodotti dai dubbi effetti sulla salute utilizzati a scopo “preventivo”, così come confessato da Henry Gadsen, direttore della casa farmaceutica Merck nel 1976, alla rivista Fortune: «Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque».

Ma le distorsioni in ambito medico dovute alla ricerca del profitto non finiscono di certo qui.

A giudicare dagli investimenti effettuati, per l'industria farmaceutica è più importante vendere che effettuare ricerca. Se così non fosse, non si spiegherebbe come mai le case farmaceutiche spendano per il marketing più del doppio rispetto a quanto riservino alla ricerca scientifica: pensate che idiozia!

Se si vivesse in un mondo dove l'obiettivo non fosse vendere più medicinali possibili, ma fare in modo che le persone siano sane, si avrebbero, di colpo, il triplo delle risorse economiche per fare ricerca rispetto allo stato attuale, perché in una società svincolata dal profitto non ci sarebbe affatto bisogno di destinare risorse alla pubblicità per promuovere il sovra-consumo di farmaci! 

Ed inoltre, chi ci assicura che la ricerca effettuata dalle case farmaceutiche sia effettivamente finalizzata a risolvere i problemi dell'umanità? Che interesse avrebbe chi sopravvive “curando” le malattie ad eliminare la fonte dei suoi guadagni?

Molto meglio trovare dei falsi rimedi che cronicizzino il problema, invece di risolverlo, così da creare artificiosamente degli ottimi clienti, a vita. E perché non diffondere la paura nei confronti di un'imminente epidemia, reale, potenziale o immaginaria che sia, così da vendere dei rimedi?  

Nel mondo circa il 92% delle sperimentazioni cliniche in corso riguarda malattie cronico-degenerative, come il cancro e le patologie cardiocircolatorie. 

Se un simile sforzo venisse destinato all'individuazione delle cause ed alla prevenzione delle malattie, invece che alla sperimentazione di nuovi farmaci, nel giro di poco tempo l'umanità saprebbe esattamente dove e come intervenire per ridurre drasticamente l'incidenza di quelle malattie, e la ricerca medica si potrebbe concentrare su altro. 

Tanto più che è già noto che il cancro e le malattie cardiovascolari sono ampiamente prevenibili anche solo modificando stile di vita e alimentazione.

Se ciò non viene fatto è perché una simile strategia implicherebbe, come minimo, il fallimento dell'industria farmaceutica così come la conosciamo oggi, ed è probabile che richiederebbe di ripensare il sistema economico, fin dalle fondamenta, abbandonando le sue logiche basate sul mercato e sul profitto.

Si consideri che, nel 2017, la spesa mondiale per le sole terapie oncologiche era prossima ai 133 miliardi di dollari, mentre si prevede che il mercato globale delle terapie oncologiche arriverà a circa 200 miliardi di dollari entro il 2022: perché mai un contadino dovrebbe voler uccidere la sua gallina dalle uova d'oro?

Includendo nel conteggio i costi medici, la mancata produttività e le spese sostenute dai familiari, nella sola Europa la cura del cancro ha richiesto una spesa di ben 124 miliardi di euro.

Ogni anno in Italia il numero di malati oncologici cresce di oltre 90.000 unità, con un incremento del 3% circa. E con essi, aumenta il costo delle cure. Vorrete mica rinunciare ad una simile occasione di profitto?

Certo che no! E infatti il costo medio di una terapia complessiva è passato da 3.853 € del periodo 1995-1999, ai 44.900 € del 2010-2014. Al tempo stesso, la spesa per farmaci oncologici è cresciuta da circa 1 miliardo del 2007 ai 2 miliardi e 900 milioni del 2014.

Di recente, il costo medio annuale di un nuovo farmaco oncologico lanciato nel 2017 ha superato i 150.000 dollari, rispetto ai 79.000 dollari di quelli lanciati nel 2013.

Se si adottassero i farmaci di nuova generazione il costo medio per le cure dei malati di cancro passerebbe da 40.000 a più di 100.000 euro l’anno, con un significativo aggravio di spesa per i bilanci delle sanità pubbliche e delle tasche dei privati cittadini. 

Sono lontani i tempi in cui Fleming si rifiutò di brevettare la penicillina, rinunciando così ad un enorme profitto personale per favorire al massimo la diffusione della sua scoperta. Oggi l'umanità vive nel regno del neoliberismo, dove è ritenuto "giusto" e "normale" brevettare perfino i farmaci.

Neanche a dirlo, ciò comporta delle dinamiche dannose per i malati: da un lato, infatti, si ha un incremento del costo dei rimedi, dovuto a una tendenza a modificare in modo insignificante le composizioni dei farmaci al fine di poter continuamente ri-brevettare a prezzi crescenti i prodotti il cui brevetto è ormai giunto in scadenza; dall'altro si decide di cessare la produzione di alcune medicine non più coperte da brevetto, non in quanto inefficaci, ma a causa della loro scarsa remuneratività. 

Eppure quei rimedi sarebbero assai utili, in particolar modo nei Paesi più poveri: ma il dio Mercato non consente che si agisca senza un ritorno economico.

Proprio per queste motivazioni, Roche e Novartis sono state condannate a pagare una multa da oltre 180 milioni di euro per essersi accordate illecitamente con l'obiettivo di favorire la vendita del farmaco Lucentis (900 € a dose) al posto dell'analogo a basso costo Avastin (15-80 € a dose), per la cura di una grave malattia degli occhi, la maculopatia.

Ancora più eclatante è il caso dei farmaci antiretrovirali impiegati su pazienti affetti da Hiv/Aids.

Nel 2000, il costo annuo per il trattamento di un soggetto sieropositivo si aggirava attorno ai 10.000 dollari, un prezzo decisamente troppo elevato se si considera che il 95% circa delle infezioni di Hiv ha luogo in Paesi a basso reddito, con i due terzi dei casi che si concentrano nell’Africa Sub-Sahariana.

Ma dopo che alcuni grandi Paesi produttori, come India, Brasile e Thailandia, si rifiutarono di assoggettare tali rimedi al brevetto, e cominciarono a produrre da sé versioni generiche del medesimo farmaco, come per incanto, il costo per il trattamento scese a soli 150 dollari all'anno!

Che cosa accade quando un governo si rifiuta (giustamente) di concedere un brevetto per fare in modo che una più ampia fetta di popolazione possa permettersi di curarsi? 

Le case farmaceutiche, che notoriamente hanno a cuore la salute degli esseri umani, intentano causa a quei governi per cercare di tutelare il profitto dei loro azionisti!

Ad esempio, nel 2006, Novartis ha fatto causa al governo dell'India perché, dopo che quest'ultimo si era rifiutato di concedere il brevetto per un farmaco per la cura della leucemia, in quella nazione alcune aziende si erano messe a produrlo sotto forma di generico, vendendolo a prezzi più bassi di ben il 90%! 

Successivamente, la sentenza finale della corte suprema indiana, arrivata nel 2013, stabilì che il prodotto della Novartis non presentava le caratteristiche di radicale innovazione previste dalla legge come presupposto per l’attribuzione di un’autorizzazione alla produzione esclusiva. 

E così, mentre chi si curava con il medicinale prodotto in India risparmiava denaro sonante, dall'altra parte del globo, negli Stati Uniti, dove invece la Novartis era riuscita ad ottenere il brevetto, il prezzo per un trattamento annuale triplicava, passando dai 30.000 dollari del 2001, ai 92.000 dollari del 2012, nonostante i costi per la ricerca di quel farmaco fossero già stati ampiamente ammortizzati da anni. 

Un caso analogo si è verificato per un farmaco specifico per la cura dell'epatite C: 84.000 dollari per trattamento nei Paesi del primo mondo, contro i 1.800 dollari per la medesima cura fornita dalle aziende indiane a quei Paesi poveri dove il prezzo riservato ai Paesi ricchi non avrebbe avuto mercato!

Negli USA, invece, un'azienda ha ben pensato di comprare i diritti di una vecchia molecola sintetizzata più di 60 anni fa, il Daraprim, ancora oggi utilizzata per trattare pazienti con malattie infettive come toxoplasmosi, malaria e Aids e patologie che colpiscono chi ha il sistema immunitario compromesso, con il nobile intento di aumentarne il prezzo da 13,5 dollari a 750 dollari a tavoletta, a fronte di un dollaro di costo per la sua produzione!

Le conseguenze negative legate a queste dinamiche per le fasce più povere sono facilmente  intuibili. Un caso su tutti sarà più che sufficiente per comprendere la follia dell'odierna società: quello della malaria.

La questione può porsi al seguente modo: come può il profitto di qualche parassita valere tanto quanto la vita di circa un milione di persone che muoiono ogni anno perché non possono accedere ai farmaci antimalarici di nuova generazione? Chiedetelo ai capitalisti.

E non abbiamo ancora citato i ripetuti scandali per corruzione di cui Big Pharma si è macchiata numerose volte in molti Paesi del mondo. 

A titolo d'esempio, basterà ricordare che in Italia la vaccinazione contro l'epatite B fu resa obbligatoria nel 1991, quando l'allora Ministro della Sanità, il (dis)onorevole De Lorenzo, insieme al responsabile del settore farmaceutico del ministero Duilio Poggiolini, intascarono dall'azienda Glaxo-SmithKline una tangente di ben 600 milioni di lire per imporre l'obbligo su scala nazionale nei confronti del vaccino prodotto da quell'azienda.

Nel 2017, sotto la guida del Ministro della salute Beatrice Lorenzin, l'obbligo vaccinale per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni è stato notevolmente ampliato a ben 10 malattie, a cui se ne aggiungono altre 4 consigliate.

Le vaccinazioni obbligatorie sono le seguenti: anti-poliomielitica; anti-difterica; anti-tetanica; anti-epatite B; anti-pertosse; anti-Haemophilus influenzae tipo b; anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite e anti-varicella.

A cui si aggiungono su base volontaria: anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica e anti-rotavirus.

L'incredibile prassi vaccinale, accompagnata dal ricatto di non poter prender parte alle lezioni scolastiche in caso di mancata vaccinazione, prevede i seguenti adempimenti:

1) Tre mesi di età
Obbligatorie: prima dose per difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo B (esavalente).
Raccomandate: prima dose per meningococco B e pneumococco.

2) Quattro mesi di età
Raccomandate: seconda dose per meningococco B.

3) Cinque mesi di età
Obbligatorie: seconda dose per difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo B (esavalente).
Raccomandate: seconda dose per pneumococco.

4) Sei mesi di età
Raccomandate: terza dose per meningococco B.

5) Tra 3 e 7 mesi di età
Raccomandate: rotavirus (due o tre dosi a seconda del tipo di vaccino).

6) 11 mesi di età
Obbligatorie: terza dose per difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo B (esavalente).
Raccomandate: terza dose per pneumococco.

7) 13 mesi di età
Raccomandate: quarta dose per Meningococco B.

8) Tra 13 e 15 mesi di età
Obbligatorie: prima dose per morbillo, parotite e rosolia (MPR); prima dose per varicella  (oppure prima dose tetravalente MPRV).
Raccomandate: prima dose per Meningococco C.

9) Sei anni di età
Obbligatorie: richiamo difterite, tetano, pertosse, polio (DTP + polio); richiamo morbillo, parotite, rosolia e varicella  (MPR o MPRV).

10) Tra 12 e 18 anni di età
Obbligatorie: richiamo difterite, tetano, pertosse, polio (DTP + polio).
Raccomandate: HPV (due o tre dosi, sia per le femmine sia per i maschi, in funzione di età e vaccino); richiamo meningococco C, nella forma quadrivalente ACWY.

Complessivamente, le vaccinazioni obbligatorie richiedono 34 inoculazioni, che diventano 50 se si seguono le raccomandazioni!

Come ogni farmaco, anche i vaccini non sono affatto esenti da rischi dovuti ad effetti collaterali che possono verificarsi sia nell'immediato che a distanza di anni. 

Quali saranno le conseguenze a medio-lungo termine sulla salute psico-fisica di intere generazioni cresciute a pane e vaccini nessuno lo sa, anche perché l'Italia è uno tra i primi Paesi al mondo ad aver adottato un obbligo vaccinale così ampio, inaugurando quella che, vista l'attuale assenza di evidenze empiriche per trattamenti analoghi, può essere definita senza abuso di terminologia una vera e propria sperimentazione di massa, i cui reali effetti potranno essere osservati per la prima volta soltanto nel corso dei prossimi decenni. 

Al momento, invece, sono ben noti gli effetti a breve termine dovuti ad un'ampia e ravvicinata somministrazione di vaccini praticata sui militari italiani. 

Come denunciato su Repubblica, in un articolo del 24 giugno 2014 scritto da Vittoria Iacovella intitolato: “Vaccini mortali ai militari, due sentenze condannano lo Stato”, una serie di vaccini, troppo numerosi e ravvicinati, ha portato alla morte di ben 2.800 ragazzi (ripeto, alla morte). 

Nell’inchiesta “Vaccinati a morte”, intrapresa sempre da Repubblica, è emerso che i militari ammalatisi a causa delle campagne vaccinali siano addirittura 3.500, ma in realtà la cifra potrebbe essere ancora più alta, perché nel conteggio non si è tenuto conto dei ragazzi che hanno perso la salute dopo aver dismesso la divisa.  

E non stiamo parlando di febbre e raffreddori, ma di cancro, leucemia, linfomi e altre patologie di questa portata causate dai vaccini su persone adulte, sane e in piena forma fisica.

Aggiungiamo qualche ulteriore elemento di riflessione. Ivan Catalano, vicepresidente della commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, ha asserito pubblicamente che i vaccini utilizzati per uso militare sono i medesimi impiegati nell'ambito civile.

Ciò significa che i vaccini che hanno danneggiano migliaia di adulti sani e robusti, vengono somministrati a neonati, bambini e adolescenti, nella generale convinzione che ciò gioverà alla loro salute.

La logica suggerirebbe il contrario, ed il buon senso consiglierebbe perlomeno di sospendere l'obbligo vaccinale e di approfondire con serietà i reali effetti di queste pratiche mediche, prima di imporle a milioni di persone senza alcuna cognizione di causa con la scusa di epidemie inesistenti.

Del resto, se è vero che l'obbligo vaccinale è così fondamentale per la salute pubblica, come mai in 16 Paesi europei non esiste alcuna imposizione nei confronti di questa pratica? 

Conclusione

Quanto fin qui riportato, dovrebbe essere più che sufficiente per comprendere l'incompatibilità di un'azione privata volta al profitto con l'obiettivo di garantire la massima salute all'umanità, assieme al più ampio accesso possibile a cure mediche effettivamente utili e necessarie, di alta qualità e a basso costo, dando la giusta importanza, l'assoluta priorità e la massima precedenza, alla prevenzione, ovvero alla minimizzazione dell'incidenza delle malattie.

In ultima analisi, ritengo che non sia esagerato affermare che le logiche del profitto siano incompatibili con la salute umana. 

Se si vogliono seriamente debellare le malattie, e s'intende fornire un'assistenza medica universale e di alto livello, l'umanità deve smetterla di subordinare le proprie azioni alla realizzazione di un guadagno personale, costruendo una società che adotti un'economia fondata su altre logiche, svincolate dalla deleteria metafisica del denaro, mettendo al centro la realizzazione del benessere collettivo.

Sulla Terra c'è un assoluto bisogno di creare un'armonia 
complessiva, con l'ambiente e con tutti gli esseri viventi. A quel punto, sarebbe la stessa armonia a garantire il benessere dell'umanità. Di conseguenza, le malattie diminuirebbero considerevolmente e forse non ci sarebbe più neanche bisogno di ricorrere ai farmaci. 

Di certo, fintantoché si concederà di realizzare profitto persino con la sanità, l'umanità non conoscerà mai la salute e non avrà alcuna speranza di liberarsi dalle malattie.

Mirco Mariucci

Fonti

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  85. Oncologia, dove vanno la ricerca e la spesa farmaceutica? Ce lo dice il report 2018 di IQVIA. Pharma Star, 26 maggio 2018.
  86. I costi "nascosti" del cancro nell'Ue ogni anno 124 miliardi di euro. Repubblica, Arnaldo D'amico, 29 settembre 2012.
  87. Fra denaro ed etica: 124 miliardi spesi ogni anno in Ue per il cancro. Corriere Della Sera, Vera Martinella, 10 ottobre 2012. 
  88. La spesa per l’oncologia cresce del 15% l’anno. E si avvia a diventare il 20% di quella totale. Quotidiano Sanità, 12 maggio 2016.
  89. Cure Oncologiche: quanto costano in Italia. A1 life.
  90. Lo scandalo Medicine low cost bloccate Big Pharma sotto processo mega-multa dall'Antitrust. Repubblica, Roberto Mania, 6 marzo 2014.
  91. 3 milioni i malati di cancro. AgoraVox, Paolo Borrello, 20 maggio 2016.
  92. L'industria farmaceutica investe in marketing il doppio rispetto alla ricerca. L'Espresso, Gianna Milano, 5 dicembre 2017.
  93. Il marketing della malattia. Scienza e Conoscienza, Valerio Pignatta, 1 gennaio 2016.
  94. Ttip, farmaci e brevetti: i profitti delle multinazionali sulla pelle dei malati. Il Fatto Quotidiano, Damiano Rizzi, 2 giugno 2016.
  95. Ttip, farmaci e brevetti: i profitti delle multinazionali sulla pelle dei malati. Il Fatto Quotidiano, Damiano Rizzi, 2 giugno 2016.
  96. Fondi alla ricerca: perché i farmaci hanno prezzi esorbitanti? Il caso dell’epatite C. Il Fatto Quotidiano,  Alessandro Ferretti, 20 settembre 2014.
  97. Case farmaceutiche, gli scandali delle lobby tra venditori e mazzette. Il Fatto Quotidiano, Chiara Daina, 29 aprile 2014.
  98. Roche-Novartis, lo Stato pagava mille euro il farmaco che ne costava 80. Il Fatto Quotidiano, Antonio Massari e Valeria Pacelli, 18 febbraio 2018.
  99. Aids, lo scandalo del farmaco anti-Hiv: il prezzo aumentato del 5000% in un giorno. Repubblica, 22 settembre 2015.
  100. I farmaci scomparsi. Repubblica, Michele Bocci, 4 marzo 2016.
  101. Farmaci abbandonati perchè non danno guadagni. Corriere Della Sera, 22 giugno 2004.
  102. Vaccino epatite B: obbligatorio dal 1991 a seguito di una tangente si continua a somministrare ai neonati. Tuttosteopatia, Massimo Valente, 4 ottobre 2012.
  103. Vaccino epatite B reso obbligatorio grazie ad una tangente; De Lorenzo e Poggiolini Dovranno pagare 5 milioni a testa allo Stato. Rassegna Stampa 2.0.
  104. La Ministro Lorenzin (governo PD) come il Ministro De Lorenzo & Co. per il vaccino sull’epatite B nel 1991? Nomen omem. Scenari Economici, 23 maggio 2017.
  105. La metà dei tumori evitabili con alimentazione adeguata. La Stampa, Angela Nanni, 4 febbraio 2017.
  106. L'obesità aumenta il rischio di ammalarsi di 13 tipi di cancro. Repubblica, Tina Simoniello, 16 ottobre 2017. 
  107. Obesità: un'epidemia che aumenta l'incidenza di tumori in età giovanile. Repubblica, Simone Valesini, 9 aprile 2018.
  108. Alcol. Anche un consumo moderato aumenta rischio cancro. Soprattutto per le donne e gli orientali. L’allarme degli oncologi americani. Quotidiano Sanità, Maria Rita Montebelli, 9 novembre 2017.
  109. Il consumo di alcol può causare il cancro? International Agency Research on Cancer.
  110. Tumori, “due milioni di morti l’anno nel mondo per sedentarietà e obesità”. Il Fatto Quotidiano, 27 gennaio 2016.
  111. La sedentarietà causa 73mila cause di tumori ogni anno in Italia. Notizie Mediche, 16 marzo 2017.
  112. Tumori, 2 milioni di morti l'anno per colpa sedentarietà e obesità. Repubblica, 30 gennaio 2016. 
  113. Salute: 7 malattie croniche su 10 evitabili con stile vita sano. Regioni, 14 giugno 2018.
  114. Il paradosso dei suicidi nei paesi felici. Le Scienze, 26 aprile 2011.
  115. Sterilità, in Italia quella di coppia è ormai un disagio sociale: arriva il piano nazionale. Il Fatto Quotidiano, Chiara Daina, 28 maggio 2015. 
  116. Sterilità raddoppiata in 20 anni e pene più corto, cosa succede agli uomini? La Stampa, Valentina Arcovivo, 13 aprile 2017.
  117. Femminizzazione del maschio e infertilità maschile, ecco cosa dice la scienza. Wired, Gianluca Dotti, 16 marzo 2017.
  118. Il Decreto vaccini è legge, tutte le novità. Ministero della salute, 28 giungo 2017. 
  119. Vaccinazioni obbligatorie e volontarie. Il calendario. Nostro Figlio, Valentina Murelli, 6 Settembre 2017.
  120. Vaccini obbligatori, Italia unica in Europa. Ma è la strada giusta per rilanciare le coperture. Wired,  Riccardo Saporiti, 24 maggio 2017.
  121. Vaccini mortali ai militari, due sentenze condannano lo Stato. Repubblica, Vittoria Iacovella, 24 giugno 2014.
  122. Vaccinati a morte. Repubblica, Vittoria Iacovella.
  123. Vaccinazioni sbagliate e fatte male dietro i tumori dei soldati italiani. Repubblica, Vittoria Iacovella, 6 ottobre 2012.
  124. Mio marito disobbediente e incriminato solo per aver osato chiedere spiegazioni. Repubblica, Vittoria Iacovella, 6 ottobre 2012.
  125. I nostri figli ipervaccinati e indeboliti mandati in giro a prendersi il cancro. Repubblica, Vittoria Iacovella, 5 ottobre 2012. 
  126. Militari, uranio e vaccini: la verità di Stato censurata dai media. ByoBlu.
  127. Commissione inchiesta sull’uranio, il caso dei vaccini ai militari: “Manca analisi pre vaccinale e le linee guida sono disattese”. Il Fatto Quotidiano, Andrea Tundo, 16 febbraio 2018. 
  128. Vaccini sicuri ai militari. E ai bambini? Il Giornale, Gioia Locati, 6 febbraio 2018. 
  129. In principio era l’uranio impoverito… Analisi Difesa, Alberto Scarpitta, 28 settembre 2017.
  130. Vaccini ai militari: le conclusione della commissione d'inchiesta. Forze Armate, 19 febbraio 2018.
  131. Morbillo, Italia penultima in Europa: oltre 5mila casi e 4 morti. Sky Tg 24, 20 febbraio 2018.

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