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lunedì 17 settembre 2018

La causa delle migrazioni di massa è lo smisurato consumismo dell'Occidente



Approfondimento sul fenomeno delle migrazioni


Il fenomeno delle migrazioni


Com'è ben noto, la guerra non genera soltanto morte, sofferenza, sprechi, inquinamento, distruzione e profitti, ma alimenta anche un altro processo: quello delle migrazioni.

Si stima che, nel 2014, oltre 50 milioni di persone nel mondo risultassero rifugiate e sfollate, un numero equiparabile a quello che venne raggiunto 80 anni fa, durante la seconda guerra mondiale. 

Negli ultimi 5 anni, il dato è andato peggiorando progressivamente, segnando i livelli più alti di sempre: nel 2016, infatti, il numero di persone costrette a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, era pari a 65,6 milioni; nell'anno successivo se ne contavano 68,5 milioni.

Il solo conflitto in Siria ha prodotto 5,6 milioni di rifugiati che hanno lasciato il proprio Paese, a cui, per completezza, andrebbero sommati altri 6,5 milioni di sfollati interni. 

Com'è facile intuire, le migrazioni si verificano quando si presentano delle forti pressioni che spingono gli individui a fuggire: nessuno lascerebbe la propria terra natia se vi fossero condizioni di pace, libertà e prosperità.

Con un po' di riflessione, si arriva a comprendere che le motivazioni che inducono ad emigrare possono essere sostanzialmente ricondotte entro 3 categorie: clima, guerra e povertà. Ma come mostrerò più avanti, ciascuna di queste classi è intimamente legata ad una causa comune: lo smisurato consumismo dell'Occidente.

Immaginate che il vostro Paese sia bombardato, ogni giorno, e che i vostri familiari, amici e connazionali vengano uccisi, stuprati, arrestati e torturati dalle milizie di una certa fazione, ed ecco che vi apparirà chiara la genesi dei profughi di guerra, di cui abbiamo già riportato l'entità numerica.

Immaginate che le terre su cui abitate s'inaridiscano, oppure che la città in cui vivete venga distrutta da un cataclisma, ed ecco che avrete compreso l'origine dei migranti climatici.

Infine, immaginate che l'economia del vostro Stato entri in una profonda crisi, oppure che sia così poco sviluppata da non riuscire a garantire alla maggior parte dei cittadini una vita dignitosa; 

immaginate inoltre che siate disoccupati da mesi o che per sopravvivere siate costretti a lavorare tutto il giorno, e a far lavorare i vostri figli, come degli schiavi, senza alcun diritto e con delle paghe misere, ed ecco che sarete in grado di spiegarvi perché esistono milioni di migranti economici (tra cui vi sono anche molti italiani).

Nel mondo, infatti, non si emigra soltanto a causa della violenza delle guerre, lo si fa anche per sfuggire dalla miseria e dallo sfruttamento, sperando di concretizzare un futuro migliore in un'altra nazione che offre maggiori opportunità.

Si tenga presente che attualmente le migrazioni dovute ai cambiamenti climatici interessano un numero superiore ai 24 milioni d'individui, con una media di 21,8 milioni l’anno per il periodo che va dal 2008 al 2016; si stima, però, che a causa del riscaldamento globale, entro il 2050 il quantitativo di migranti climatici potrebbe accrescersi fino a raggiungere i 125-250 milioni all'anno. 

Se così fosse, nel prossimo futuro, potrebbero esserci più di un miliardo di persone obbligate a trasferirsi per colpa dei fenomeni meteorologici estremi e delle condizioni ambientali divenute invivibili.

Attualmente, ci sono ben 258 milioni di persone che vivono in uno Stato diverso rispetto a quello in cui sono nate, ma se si considerano anche gli spostamenti all'interno di uno stesso Stato, il numero totale dei migranti cresce fino a sfiorare il miliardo.

Ci dev'essere qualcosa di macroscopico che non funziona in una società in cui una persona su 7 deve migrare per tentare di avere una vita decente (ammesso che ci riesca). 

Negli ultimi 30 anni il fenomeno migratorio è andato crescendo: nel 1990 il numero delle persone che abbandonavano il proprio Paese era pari a 153 milioni; nel 2000 se ne contavano 173 milioni, mentre nel 2010 divennero 220 milioni.

Questi dati suggeriscono che le condizioni di vita in molti luoghi del mondo non sono andate migliorando.

Tra le nazioni con il più alto numero di partenze troviamo, in ordine decrescente: India, Messico, Russia e Ucraina, Cina, Bangladesh, Pakistan e Siria.

L'Asia ha visto emigrare più di 100 milioni di persone, l'Europa ha generano oltre 60 milioni di migranti, mentre il numero di italiani che non vive più in Italia è cresciuto in modo considerevole negli ultimi anni, passando dai circa 3,1 milioni del 2006 agli attuali 4,9 milioni.

Di recente, la popolazione di italiani residenti all'estero è aumentata rispettivamente: di 162mila unità (+3,3%) nell'ultimo anno, di oltre 337mila individui (+7,2%) negli ultimi tre anni e di ben 632mila persone (+14,6%) negli ultimi cinque anni.

È curioso osservare che, invertendo una coppia di numeri, si ottenga la quantità d'immigrati arrivati via mare in Italia nel periodo 2014-2017, che è pari a circa 623mila persone.

Com'era lecito aspettarsi, due terzi degli individui che hanno lasciato il proprio Paese di origine, si sono diretti verso nazioni ad alto reddito, la restante parte è migrata verso nazioni a medio reddito.

Le principali mete sono l'Asia, che ospita circa 80 milioni di migranti, seguita dall'Europa, con 78 milioni di immigrati, e dall'America del Nord, con circa 58 milioni di immigrati. In Africa, invece, se ne contano 30 milioni circa. 

Fa riflettere il fatto che, nel 2017, due terzi di tutti gli emigrati internazionali si concentrassero in appena venti Paesi, tra cui: 50 milioni negli USA, 12 milioni in Germania e 11 in Russia, 10 milioni in Arabia Saudita e 9 milioni in Gran Bretagna. 

L'Italia è all'undicesimo posto, dietro a Emirati Arabi, Francia, Canada e Spagna, con 5,9 milioni di migranti che vivono stabilmente sul territorio nazionale, un dato in forte aumento, se si pensa che gli immigrati presenti in Italia erano soltanto 2,1 milioni nel 2000.

Una delle principali rotte seguite dai migranti è quella che va dal Messico agli Stati Uniti; dall'India invece ci si reca nell'Arabia Saudita; chi scappa dalla Siria si dirige principalmente in Turchia.

40 milioni di europei si sono trasferiti in un altro Stato appartenente alla comunità europea, mentre i restanti 20 milioni si sono spostati in Nord America o in Asia.

Circa 60 milioni di asiatici sono emigrati in altri Stati dell'Asia, mentre i restanti 40 milioni hanno scelto principalmente la meta Europea; dei 30 milioni di migranti africani metà ha scelto di rimanere in Africa e metà si è recata principalmente in Europa. 

Oltre la metà dei migranti italiani (2,684 milioni, il 54%) risiede ancora in Europa, mentre poco più di 2 milioni di essi vive in America (il 40,4%), soprattutto in quella centro-meridionale; seguono l’Oceania (147.930 residenti italiani, il 3%), l’Africa (65.696, pari all’1,3%) e l’Asia (65.003, corrispondente all’1,3%).

I primi tre Paesi con le comunità di italiani più numerose sono l’Argentina (804.260), la Germania (723.846) e la Svizzera (606.578), mentre in valore assoluto il Regno Unito ha fatto registrare la variazione più consistente (+27.602 immigrati italiani nell’ultimo anno). 

E mentre i lavoratori italiani, più o meno qualificati, scappano all'estero, gli immigrati giungono in Italia, rimpiazzandoli, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.

C'è qualcosa di distorto in questa logica di sostituzione che costringe gli italiani ad emigrare in cerca di lavoro e al tempo stesso accoglie immigrati in quantità comparabili: se non è possibile dare lavoro ai primi, come si potrà far lavorare i secondi? 

Semplice: sottopagandoli. Non è un mistero che quella attuale sia una sorta di deportazione di massa finalizzata alla completa ristrutturazione del mondo del lavoro, in peggio ovviamente!

In generale, l'arrivo di migranti in Italia, e in Europa, è ben visto dalle élites e mal tollerato dai popoli. Non è affatto difficile comprendere le motivazioni.

Le prime, vedono nelle masse d'immigrati una riserva di manodopera docile, flessibile ed ubbidiente, in molti casi anche qualificata, da sfruttare a loro piacimento per realizzar un maggior profitto; 

i secondi, invece, percepiscono i migranti come dei “nemici” con i quali sono costretti a competere, innescando una dinamica perversa che ha come esito l'innalzamento del livello di sfruttamento dei lavoratori, la diminuzione dei salari e la perdita dei diritti faticosamente acquisiti con anni e anni di durissime lotte di classe.

Le differenze culturali, la crescente povertà e la percezione di una minor sicurezza, stanno facendo montare nella massa un pericoloso sentimento di odio razziale, le cui conseguenze, se portate agli estremi, sono ben note e assolutamente da evitare.

La cosa più incredibile è che il popolo non se la prenda con chi li affama, ma con chi ha fame, e gli individui lottino l'uno contro l'altro in una vera e propria guerra tra poveri, senza rendersi conto che in questo modo stanno prendendo parte al gioco che il Potere ha inscenato per esercitare un maggior controllo sociale. 

Nel frattempo, i membri delle élites se la ridono beffardamente, portando avanti indisturbati i loro diabolici piani con grande facilità. 

Non è un mistero che l'accrescimento dei flussi migratori in una nazione porti con sé un aumento delle tensioni in ambito politico, sociale ed economico, e non è da escludersi che vi siano gruppi di potere che ricerchino appositamente l'accrescimento di tali tensioni per trarne vantaggio.

Non di rado esponenti politici e organismi internazionali hanno sostenuto pubblicamente la necessità di accogliere diversi milioni di migranti, con le argomentazioni più disparate: dal bisogno di lavoratori per quei mestieri che gli italiani non vogliono più fare, al calo demografico, per finire con la sostenibilità del sistema pensionistico. 

Non voglio entrare nel merito di simili argomentazioni chiaramente retoriche, avanzate con palesi finalità propagandistiche, dirò semplicemente che se gli italiani non vogliono fare certi lavori è perché evidentemente sono mal pagati. 

Pertanto, non si capisce perché si debbano sfruttare dei disperati per fargli fare dei mestieri che sono un oltraggio alla dignità non solo degli italiani ma di ogni essere umano.

Ne consegue, che il voler legittimare l'immigrazione con la scusa di far svolgere agli immigrati quei lavori che nessuno vuol fare, corrisponde ad ammettere tacitamente di voler sfruttare una certa categoria di esseri umani al pari degli schiavi, giocando sul fatto che costoro hanno più bisogno di lavorare rispetto agli altri, viste le loro condizioni di povertà.

Non è che sia molto complesso da capire: per far tornare gli italiani a svolgere i lavori che non vogliono più fare, basterebbe aumentare le retribuzioni, portandole ad un livello dignitoso. 

Senza considerare che una generale risoluzione delle problematiche riguardanti il mondo del lavoro dissolverebbe, come per incanto, sia la questione demografica che quella pensionistica.

Infatti, se vi fosse lavoro per tutti, con stipendi sufficientemente elevati da consentire di avere tempo libero per vivere la vita e vi fosse anche una certa stabilità, invece che disoccupazione, sfruttamento e precarietà, di certo gli italiani non avrebbero più bisogno di emigrare all'estero; così facendo, resterebbero in Italia e magari metterebbero anche su famiglia: una cosa praticamente impossibile da fare in una società dove la disoccupazione giovanile è prossima al 40% e si è costretti a vivere alla giornata. 

Ma questo genere di soluzioni neanche sfiora le menti dei "geni" dell'economia al servizio delle élites, che invece preferiscono importare schiavi a buon mercato da sfruttare alla bisogna, con la scusa del calo demografico e dell'insostenibilità del welfare indotti proprio dalle loro scelte politiche, creando al contempo le condizioni affinché gli italiani emigrino a loro volta all'estero, così da essere anch'essi sfruttati da qualche altra parte del mondo.

Già oggi, da un punto di vista sociale, la questione dei migranti sta diventando problematica, e i disperati che tentano di oltrepassare il mediterraneo non sono più di 1 o 2 milioni. 

Figuriamoci che cosa potrebbe accadere tra qualche decennio se si verificassero le previsioni e vi fossero davvero 10 o 20 milioni di migranti pronti a darsi per mare per raggiungere l'Europa. 

Tra il 2015 e il 2050, si prevede che nel mondo 91 milioni di migranti lasceranno i propri Paesi d'origine; nello stesso periodo, metà della crescita della popolazione mondiale avrà luogo in 9 Stati, di cui 5 africani. 

Nell'elenco degli Stati che a livello internazionale riceveranno più 100 mila migranti l’anno figurano: Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia, Germania, Russia e Italia. 

A livello demografico, si prevede che l'impatto dovuto all'arrivo degli immigrati determinerà l’82% della crescita della popolazione nei Paesi ad alto reddito.

Inoltre, è stato stimato che nei prossimi 10 anni l'UE-28 dovrà accogliere non meno di 300 mila migranti all'anno provenienti dalla sola Africa.

Se si verificheranno così come previsti, i flussi migratori verso l'Europa faranno sì che la proporzione tra immigrati ed europei inizierà a sbilanciarsi sempre più verso i nuovi arrivati, fin quando, nel 2050, il 53,7% della popolazione europea sarà composta da nordafricani e mediorientali.

Questo significa che i natii europei diverranno una minoranza. In Italia, si prevede che nel 2050 oltre un terzo della popolazione sarà composta da stranieri.

Il cambiamento demografico implicherà, in una certa misura, anche una modificazione culturale. Ad esempio, entro il 2050, la percentuale di musulmani presenti in Europa aumenterà, toccando una quota compresa tra il 7 ed il 14% del totale dei cittadini. 

Nel frattempo, la popolazione invecchierà. Attualmente, gli over 60 compongono un quarto della popolazione europea, ma entro il 2050 la loro quota toccherà il 35%. 

Se oggi per ogni over 65 ci sono 3,3 persone in età lavorativa, nel 2050 questo rapporto scenderà sotto la soglia di 1 a 2. In Italia si stima che già nel 2035 ci saranno soltanto 1,8 lavoratori per ogni persona con più di 65 anni.

Ed ecco che gli esperti ci ricordano ancora una volta che un minor quantitativo di lavoratori in rapporto ai pensionati renderà insostenibile il sistema previdenziale, ma non è affatto detto che debba essere necessariamente così: non nell'era in cui l'automazione sta facendo il suo avvento.

Si tenga presente che, se le dinamiche demografiche procederanno così come previsto, affinché l’Italia mantenga una popolazione costante vicina ai 60 milioni, da qui al 2050, si dovrebbe fare affidamento su di un saldo migratorio annuo compreso tra le 180 mila e le 300 mila unità, ovvero, considerando il trend di emigrazione degli italiani, si dovrebbero acquisire ogni anno non meno di 300 mila nuovi immigrati: una pretesa al limite del ridicolo.

Qual è, quindi, la causa, e qual è l'effetto? Qual è il problema e qual è la miglior soluzione, non per gli italiani, o per i migranti, o per i capitalisti, ma per tutti gli esseri umani?

Invece di deportare dall'Africa all'Europa tra i 35 e i 119 milioni di migranti, così come suggerito dalle Nazioni Unite per rimpiazzare i lavoratori europei e scongiurare fantomatiche crisi economiche e temibili conseguenze dovute ai crolli demografici, perché non automatizzare il lavoro, facendo in modo che grazie al supporto di robot e software dotati di intelligenza artificiale un minor numero di lavoratori raggiunga una produttività così elevata da super-compensare le problematiche dovute ai cali demografici?

E ancora, perché non abbandonare il consumo dannoso e superfluo, concentrandosi soltanto su ciò che è davvero fondamentale per vivere ed essere felici, così da ridurre ancor più il numero dei lavoratori effettivamente necessari?

E per quale motivo la popolazione di uno Stato dovrebbe crescere necessariamente? 

Non è più ragionevole che, ad un certo punto, il numero d'individui si stabilizzasse, o addirittura diminuisse, qualora non fosse numericamente compatibile con i limiti fisici imposti dalla finitezza del territorio su cui essi vivono? 

Come può una logica demografica basata sulla continua pretesta di una crescita della popolazione (e dei consumi), ritenuta indispensabile per la tenuta del sistema economico, essere compatibile con un mondo finito? 

Se per essere “sostenibile” un sistema economico richiede una continua crescita demografica, significa che quel modello economico è fallimentare e pertanto dev'essere cambiato con un altro modello superiore ad esso, e non che si debba necessariamente trovare un modo per far crescere la popolazione, ancor meno se per farlo si devono deportare masse di schiavi da altri Stati, non prima di aver brutalmente colonizzato le loro terre per sottrargli le risorse.  

Perché invece di escogitare soluzioni per fare in modo che ciascun individuo possa vivere in modo sereno e dignitoso nel proprio Paese natio, in un mondo in cui regna la pace, si continua a trovare ogni sorta di giustificazione al fenomeno migratorio, etichettandolo come inevitabile, utile e necessario? A chi giova un simile atteggiamento? 

Non di certo all'umanità. E allora, non sarebbe forse il caso di smetterla di pensare a come sfruttare il fenomeno delle migrazioni cominciando invece a riflettere sulle sue vere cause, così da eliminarle e fare in modo che il problema dei migranti non si verifichi più?

All'origine delle migrazioni

Se mi chiedessero d'individuare la principale causa materiale dell'odierna migrazione di massa risponderei così: il consumismo.

Per alimentare il consumismo, infatti, servono materie prime ed energia. Attualmente, le principali fonti energetiche sono quelle fossili. Com'è noto, si combattono guerre sia per procurarsi le materie prime che per impossessarsi delle fonti fossili, ma si dà il caso che le guerre causino migrazioni.

Si consideri che il continuo processo di produzione e riproduzione di oggetti concepiti per alimentare la follia consumistica è una grandiosa fonte di spreco di risorse che, per forza di cose, vengono sottratte alle vere necessità di altri esseri umani; 

inoltre, il consumismo comporta una quota addizionale di inquinamento ambientale e d'immissione in atmosfera di enormi quantità di gas serra, che si sarebbe potuta evitare pur disponendo dello stesso numero di beni, se solo si fossero adottati un modo di produzione e di consumo ponderati e razionali, svincolati dalle logiche del profitto. 

Ciò causa povertà ed aumenta la temperatura globale, ma la povertà causa migrazioni così come i cambiamenti climatici, in seguito ai quali i terreni s'inaridiscono, l'acqua potabile scarseggia e la violenza dei fenomeni meteorologici si accresce. 

Per fare in modo che i beni siano funzionali ad un consumo di massa, è necessario produrre a basso costo: ciò spinge i capitalisti a sfruttare i lavoratori al pari degli schiavi, elargendo salari da fame, in particolar modo nei Paesi del terzo mondo. Ed anche questo causa migrazioni.

Com'è noto, i profitti derivanti dal consumismo si concentrano nelle mani di un piccolo gruppo d'individui, incrementando il divario sociale. Inoltre, si vengono a formare nazioni di consumatori invidiate dai membri degli Stati che non hanno modo di consumare, e che invece vorrebbero imitare lo stile di vita (malsano) dell'Occidente. E di certo la disparità di condizioni socio-economiche tra gli individui e tra i vari Paesi non rappresenta un fattore che diminuisce le migrazioni.

Pertanto, in virtù di quanto appena sostenuto, è evidente che abbandonare il consumismo significhi ridurre le guerre, il divario sociale, lo spreco di risorse, l'inquinamento, il riscaldamento globale e quindi le migrazioni. 

Al posto d'invocare la chiusura delle frontiere, bisognerebbe fare in modo che non vi siano persone nel mondo che abbiano bisogno di emigrare per condurre un'esistenza felice. 

A tal fine, è indispensabile che i membri dei Paesi più avanzati siano consapevoli che ogni qual volta accendono un'automobile, o acquistano uno smartphone, in qualche parte del globo, lontano dalla loro vista, stanno alimentando guerre, sfruttamento e povertà, contribuendo all'inquinamento e al riscaldamento globale, e quindi, come diretta conseguenza, stanno causando essi stessi con i loro comportamenti i flussi migratori.

Se non si bloccherà un simile meccanismo, si continueranno a produrre e ri-produrre le condizioni che causano le migrazioni, senza mai risolvere il problema.

Se invece di bombardare i Paesi in via di sviluppo per sottrargli le risorse, sfruttando in modo disumano chi vive in quei luoghi, gli si concedessero i mezzi, le risorse e l'indipendenza necessari per farli sviluppare autonomamente, in breve tempo nel mondo non vi sarebbe più traccia né di povertà, né di migrazioni di massa e non ci sarebbe più alcuna necessità di monitorare i confini per respingere i migranti.

E non mi si venga a dire che non ci sono le risorse per portare a compimento un simile obiettivo: già di per sé, le sole finanze destinate alla guerra sarebbero più che sufficienti a far fiorire ogni Paese in cui oggi vi è miseria, disperazione e sfruttamento.

Se poi si abbandonasse il consumismo, e si destinasse l'eccesso di risorse oggi sprecato dai consumatori delle nazioni più “avanzate” ai Paesi in via di sviluppo, condividendo i beni come fratelli, tutta l'umanità avrebbe materie prime più che a sufficienza per soddisfare i propri reali bisogni. 

C'è ben poco da aggiungere: se gli esseri umani non smetteranno di uccidersi a vicenda con delle futili guerre, i flussi di profughi non cesseranno; se non condivideranno le risorse eliminando sprechi e inefficienze cercando di assicurare a tutti gli abitanti della Terra delle comparabili condizioni di benessere, i flussi migratori di natura economica non si arresteranno. 

Ed anche se si riuscisse a concretizzare questi due grandiosi obiettivi, si dovrebbe ancora affrontare il problema dei flussi migratori dovuti ai cambiamenti climatici.

Viste le cifre e le previsioni sopra riportate, la questione delle migrazioni è da considerarsi di primaria importanza; e nel tentativo di risolverla non bisognerebbe mai dimenticare che dietro a grandi spostamenti d'individui si celano delle tragedie umane.  

Anche per questo sostengo che il problema delle migrazioni non possa più essere ignorato e debba essere affrontato mediante un nuovo modello socio-economico-culturale che risolva simultaneamente tutte le problematiche qui evidenziate.

Chiudere le frontiere non risolverà il problema delle migrazioni, esattamente come il limitarsi a curare i sintomi senza eliminare le cause non può far altro che accrescere la malattia.

Serve un approccio economico innovativo, che includa l'abbandono del consumismo e stabilisca equità sociale in tutto il mondo, e lo faccia in modo compatibile con l'ambiente. 

Mirco Mariucci

Fonti

  1. Negli ultimi 15 anni sono morti nel Mediterraneo oltre 30mila migranti. La maggior parte resta ancora senza un nome. L'Inkiesta, Marco Sarti, 17 marzo 2017.  
  2. Migranti, il dossier Onu: nel mondo sono 258 milioni. Aumento del 49 per cento dal 2000. Repubblica, 19 dicembre 2017
  3. Lo scenario globale dell’immigrazione. Nel mondo ci sono 244 milioni di migranti, 41% in più dal 2000. Il Sole 24 Ore, 14 marzo 2016.
  4. Quanti sono i migranti nel mondo? La Stampa, Paolo Magliocco, 17 maggio 2018.
  5. Quali sono i Paesi con più immigrati? Mondo alla rovescia, Claudio Rossi, 12 gennaio 2018.
  6. Italiani all’estero, nel 2016 emigrati in 124mila: il 39% ha tra i 18 e i 34 anni. Regno Unito meta preferita. Il Fattp Quotidiano, 17 ottobre 2017.
  7. Dove sono andati i 5 milioni di italiani che sono emigrati, e perché. AGI, 18 ottobre 2017.
  8. Fuga dall'Italia, è emorragia di talenti: nel 2016 via 50mila giovani tra i 18 e i 34 anni. Repubblica, Caterina Pasolini, 17 ottobre 2017.
  9. Migranti climatici, rischiamo 143 milioni di profughi interni nel 2050. Life Gate, Andrea Barolini, 26 marzo 2018.
  10. L'Europa spalanca le porte: via libera ai migranti climatici. Il Giornale, Alberto Giannoni, 24 gennaio 2018.
  11. Chi sono i migranti climatici? Oggi Scienza, Giacomo Destro, 30 novembre 2015.
  12. Nel 2050 143 milioni di persone saranno “migranti climatici”. La Stampa, Francesca Santolini, 23 marzo 2018.
  13. Profughi e migranti: in fuga (anche) dai cambiamenti climatici. Focus, Luigi Bignami, 3 gennaio 2018. 
  14. Sono 24 milioni i profughi climatici nel mondo. Ma non hanno alcun riconoscimento. Left.
  15. Un miliardo di rifugiati climatici entro il 2050. La Stampa, Roberto Giovannini, 6 dicembre 2017.
  16. Cervelli in fuga? In Italia si rimpiazzano con i migranti. Vita, Monica Straniero, 1 luglio 2016.
  17. Due milioni di giovani italiani sostituiti dall'arrivo di migranti. Il Giornale, Claudio Cartaldo, 17 dicembre 2017.
  18. Migranti, il capitale deporta i nuovi schiavi per sostituirli al popolo europeo. Il Fatto Quotidiano, Diego Fusaro, 20 settembre 2017.
  19. Il Pd vuole importare 40 milioni di immigrati per pagarci il welfare. Il Giornale, Claudio Cartaldo,  28 agosto 2015.
  20. Perché l’Europa ha bisogno di più migranti. Internazionale, 14 luglio 2017.
  21. Ogni anno da oggi al 2050 dovremo dire “benvenuto” a circa 300mila immigrati. Corriere Della Sera, Donato Speroni, 19 dicembre 2015.
  22. Flussi migratori dall’Africa: scenari per il futuro. Neodemos, Alessio Menonna, Gian Carlo Blangiardo, 2 febbraio 2018.
  23. Drammatiche previsioni delle Nazioni Unite sul flusso di migranti nei prossimi anni. Il Giornale, Mary Tagliazucchi, 12 settembre 2015.
  24. Boom di africani e mediorientali: "Nel 2050 gli europei saranno minoranza". Il Giornale, Sergio Rame, 11 giugno 2017.
  25. Migranti, la vera invasione sarà nei prossimi 30 anni. Wired, Elisa Murgese, 7 settembre 2015.
  26. L’immigrazione in Italia: valutare informati. Fondazione Turati, Luciano Pallini, 30 ottobre 2017.
  27. Allarme immigrati: nel 2050 avremo 26 milioni di stranieri. Libero Quotidiano, 30 giugno 2017.
  28. Immigrazione: "Tra cinquant'anni un terzo della popolazione italiana di origine straniera". Repubblica, Vladimiro Plonchi, 26 ottobre 2017.
  29. "Nel 2050 in Italia 40 milioni di immigrati": la previsione shock dell'Onu. Today, 22 aprile 2015.
  30. L’Onu: "Nel 2050 in l’Italia 40 milioni di immigrati". Il Tempo, 22 aprile 2015.
  31. Islam in Europa, cinque cose da sapere. Nel 2050 musulmani raddoppiati in Italia. Corriere Della Sera, Elena Tebano, 30 novembre 2017.
  32. Così i musulmani continueranno a crescere in Europa. La Stampa, Giorgio Bernardelli, 30 novembre 2017.
  33. Il crollo delle nascite in Europa e in Italia, spiegato bene. Panorama, Anna Maria Angelone, 20 marzo 2018.
  34. Sulla demografia l'Europa è a crescita zero. AGI, 10 luglio 2017. 
  35. Perché l’Europa ha bisogno di più migranti. Internazionale, 14 luglio 2017.
  36. Immigrati, sbarchi in Italia. Termometro Politico.  
  37. Migranti in Italia, i dati e il confronto con l'Europa. Sky Tg 24, 30 giugno 2018.
  38. Migrazioni: una prospettiva globale. Quadrante Futuro, Giovanni Andriolo, 20 febbraio 2017.

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